Scienza

La ricchezza della plastica: se la conosci la ricicli

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Nel 1963, con il premio Nobel al chimico italiano Giulio Natta, il nostro Paese divenne leader della ricerca più innovativa del XX secolo: la plastica.

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Nel 1963, con il premio Nobel al chimico italiano Giulio Natta, il nostro Paese divenne leader della ricerca più innovativa del XX secolo: la plastica.
Di li a poco questo materiale avrebbe invaso tutta la nostra vita quotidiana, aprendo nuove speranze per il futuro, ma gli anni passano e, come tutte le cose, anche per la plastica, quando se ne abusa come produzione e come consumo, diventa un nemico dell’ambiente.
L’accusa più ricorrente rivolta a questo materiale riguarda in particolare i sacchetti e le bottiglie in Pet (polietilene tereftalato) che all’80% sono tra i rifiuti più diffusi al mondo, con il pericolo che, una volta decomposta, frammenti tossici che compromettono la catena alimentare.
Solo negli Usa, per fare un esempio, ogni anno ben 100 milioni di buste di plastica vengono usate una sola volta e poi gettate, peccato che in natura quel sacchetto può durare dei millenni con un danno ecologico a volte irreversibile. La parola d’ordine, dunque è riciclare, anche se le cose non sono semplici come dovrebbero.
Il riciclaggio della plastica è una componente importante per la risoluzione dell’inquinamento – ci dice Enrico Berardi, Presidente della Sipa Management fondata a Milano nel 1974 – essendo un materiale di base del riciclo come la carta, il legno o il vetro, può contribuire a risolvere i danni ambientali provocati dalle immissioni nell’atmosfera di gas CO2 o alla riduzione dell’utilizzo di materie prime come il petrolio”.

Però in questa fase forse occorre, prima del riciclo, una raccolta differenziata dei rifiuti?
Certamente, ma occorre l’impegno di tutti. È importante “educare” il cittadino a non disperdere disordinatamente i rifiuti nell’ambiente. A questo, però, bisogna aggiungere un’incentivazione dei centri di riciclaggio e/o compostaggio affinché, come avviene nella legislazione per la plastica, ci siano normative obbligatorie per il riutilizzo dei materiali rigenerati”.

Come introdurre, però, un progetto così articolato quando in Italia siamo molto in ritardo nella differenziata, nel compostaggio e nel riciclo?
È vero, siamo molto indietro le ultime ricerche indicano che in Germania la raccolta differenziata arriva 75%, da noi ci si attesta intorno dal 17/18%. La creazione di un vero circuito virtuoso del riciclo deve essere parte di un progetto di medio / lungo periodo per le politiche di sviluppo industriale a livello governativo“.

Dunque, riciclare per controbilanciare il consumo sfrenato della plastica, ma non solo
Pensi che negli anni ’50 nelle case degli italiani erano presenti non più di 20 elementi, mentre oggi il solo cellulare ne contiene 60 differenti. È indispensabile, come vede, ridurre l’impatto di consumo delle materie prime di base che la nostra natura ci offre, tutto a vantaggio dello sviluppo e della crescita tecnologica dei consumi“.

La ricerca ha dimostrato che l’aggiunta di percentuali d’additivi oxo degradabili non compostabili possono ridurre in frantumi la plastica in poco meno di 36 mesi senza particolari danni per l’ambiente. È applicabile da noi?
Purtroppo, bisogna subito dire che la frantumazione molecolare della plastica non ha ancora trovato alcun riscontro scientifico a livello internazionale. Il problema non è tanto la “scomparsa della plastica”, ma la sua polverizzazione in natura: dal terreno agli animali in genere, in maniera però da non alterare il nostro habitat. Come sappiamo, oggi, se non adeguatamente controllati, i composti chimici dei metalli pesanti, per fare un esempio, direttamente e/o indirettamente ritornerebbero nel ciclo alimentare umano ed animale con effetti collaterali oggi ancora imprevedibili“.

Il riciclo va bene per l’ambiente, ma qual è il suo valore economico quando la plastica recuperata ha un costo quasi uguale a quello dei materiali vergini?
Il discorso è molto ampio. Intanto bisogna stabilire alcuni punti fondamentali: tra la materia prima vergine e quella riciclata esiste un gap di prezzo a favore di quest’ultima di circa 15/20%, inoltre la materia prima vergine è soggetta ad oscillazioni di prezzo dovuti al petrolio, la sua materia base, mentre la materia prima rigenerata non subisce queste variazioni. Infine, la qualità, in termine di performance industriali, tra i due materiali è pressoché inesistente. In ogni caso il vantaggio per il consumatore non può essere solo attribuito al costo della materia prima ma, anche, e sopratutto, a tutte le altre componenti che il prodotto finito comprende: tecnologia, costo del lavoro e distribuzione“.

Quale potrebbe essere in conclusione un primo passo per una virtuosa politica del riciclo?
“Tanti, ma le faccio un esempio concreto di come anche il consumatore finale potrebbe contribuire ad abbattere i costi. Il Conai, il consorzio nazionale imballaggi, rappresenta il contributo che il consumatore pagaall’interno del prezzo del manufatto ai fini del suo smaltimento: qualora il circuito del riciclo fosse efficiente ed efficace questo contributo potrebbe essere annullato ad immediato riflesso sui prezzi proposti al consumatore finale. Basta solo un po’ di buona volontà da parte di tutti i soggetti interessati e anche problemi come questo si potrebbero quasi certamente risolvere”.

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::autore_::di Antonello Cannarozzo::/autore_:: ::cck::157::/cck::

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