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L’Europa e i conti interni

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Napolitano e Renzi, in occasione della colazione di lavoro per il prossimo Consiglio Europeo. 22 ott 2014. Foto Presidenza della RepubblicaLe giornate che stiamo vivendo in Italia sono cruciali per il prossimo futuro ma, in prospettiva, anche per le sorti del nostro paese nel medio e lungo termine.

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Le giornate che stiamo vivendo in Italia sono cruciali per il prossimo futuro ma, in prospettiva, anche per le sorti del nostro paese nel medio e lungo termine.
La quotidianità ci mostra, ad ogni passo, due Italie: una che prova a guardare oltre il guado nel quale ci troviamo ancora nel mezzo della crisi strutturale più grave del dopoguerra, e l’altra che pensa ancora alla vecchia maniera, all’intervento comunque e dovunque dello Stato, ad un paese che si sente e vuole essere assistenziale, in un mondo che cambia!
Spesso si parla di crisi sociale, di un’onda montante di malcontento e di rabbia contro la politica, l’economia come sin qui conosciute. Peccato che a mantenere con ferrea e ottusa determinazione questa condizione siano stati decenni di assistenzialismo anche nell’impresa, quando le vacche dello stato erano grasse e non asfittiche come ora! Anni nei quali i sindacati e la classe politica ad essi collegata hanno fatto la voce grossa forti del consenso che derivava dalla capacità di imporre aumenti salariali e benefit superiori alle possibilità delle imprese! Tanto poi, questo l’assunto, interviene lo stato!
Inutile dire che l’evoluzione mondiale, la grave crisi strutturale e sovrana in corso dal 2008 hanno prodotto in Italia un risultato di doppia difficoltà che ci sta condannando a un’inesorabile declino, a meno che non si capisca la necessità di cambiare radicalmente l’approccio ai nostri problemi! Il governo ha annunciato con decisione, e proceduto sinora con timidezza, l’intento di colpire i santuari dell’inefficienza, del malcostume, della corruzione, per liberare risorse intrappolate e riavviare meccanismi virtuosi. Le difficoltà, gli attacchi senza quartiere provenienti soprattutto dalla sinistra del Pd, le minacce di adire la piazza formulate alla maniera dell’autunno caldo dai leader sindacali in primis di Cgil e Fiom, come se al Palazzo Chigi sedesse un leader di centrodestra, dimostrano oltre ogni ragionevole dubbio che siamo di fronte alla totale e colpevole incomprensione di quanto il mondo economico e produttivo, le forze in movimento, siano mutate in questi anni e come le soluzioni che si indicano in alternativa siano non solo datate ma assolutamente inadatte a rovesciare il declino!
Pur di non perdere la primogenitura sindacale ci si incancrenisce sull’art. 18 come diritto di libertà e non si accettano provvedimenti come quelli previsti a sostegno delle classi più disagiate. Pur di contrastare parametri che non si capiscono o che si capiscono benissimo ma sono “critici” e rischiano di far collassare la base di consenso, si cerca di far saltare il banco! Nessuna proposta infatti è stata finora avanzata, al di là di generiche circonlocuzioni, sul lavoro giovanile da rendere agevole, il vero vulnus sul nostro futuro. Basandosi sull’assunto che bisogna salvare i posti di lavoro di chi li ha ancora prima di occuparsi di come dare lavoro a chi lo cerca, si sta ottenendo il mirabile risultato di rischiare di mandare a casa tutti!!
E, proprio in questi giorni, con la legge di stabilità, il governo e tutti noi, ci troviamo dinanzi all’esame dell’Europa, di quell’Europa che tutti aborriscono se chiede il rispetto delle regole e dei parametri e della quale siamo sempre tra i primi finanziatori!
Renzi chiede rispetto per il nostro paese e l’allentamento dell’austerità continentale che sta minando le capacità di tutti i partners, presenta una legge di stabilità nella quale ha cercato di coniugare le due facce dell’Italia di oggi! L’Europa ci guarda e annuncia controlli senza preconcetti, ma è palpabile che il timore resta quello di sempre: una realtà come la nostra, allentando i parametri restrittivi di compatibilità, potrebbe rifluire verso vecchie forme di ripiano di bilancio o far crescere nuovamente a dismisura il disavanzo già imponente che ci rallenta!
E’ difficile non sottolineare che il freno che dall’apparato pubblico e da mille centri di resistenza si avverte ad ogni passo, rischi di dare consistenza a questo dubbio! Di qui la considerazione che solo sciogliendo in modo definitivo molti nodi interni il governo potrà applicare le tante riforme annunciate e avviate. Ci sia consentito dire che la sfida andrebbe affrontata. Il risvolto infatti è un paese che di recente un giovane imprenditore emigrato con la sua start up nella Silicon Valley e ora in grande crescita, ha definito “un morto che cammina” per la “velocità” con la quale ogni cosa avviene!

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::autore_::di Roberto Mostarda::/autore_:: ::cck::184::/cck::

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