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Saranno queste le parole con cui gli ammiratori di Daniela Poggiali, iniziano le loro missive indirizzate alla quarantaduenne di Faenza, dal 9 ottobre scorso trattenuta nel carcere di Forlì.
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Saranno queste le parole con cui gli ammiratori di Daniela Poggiali, iniziano le loro missive indirizzate alla quarantaduenne di Faenza, dal 9 ottobre scorso trattenuta nel carcere di Forlì. La donna, infermiera presso l’ospedale Umberto I di Lugo, è stata raggiunta da un’ordinanza di custodia cautelare per la morte di una paziente di 78 anni, uccisa con una dose letale di potassio somministrato insieme ad un farmaco. Nel frattempo sono iniziati anche degli accertamenti su altri 38 decessi avvenuti nello stesso reparto nei primi tre mesi dell’anno, durante i turni di servizio della bella Daniela. Di questi, almeno 10, presentano motivazioni poco chiare nelle cartelle cliniche.
Bionda, occhi blu, fisico palestrato, sorriso accattivante, la Poggiali ha suscitato l’interesse di molti uomini che si sono precipitati a scriverle con il desiderio di conoscerla. Alcuni, per garantirsi una risposta, hanno persino allegato dei francobolli. Sono decine le lettere che ogni giorno giungono a questa presunta, affascinante “angelo della morte”. In tutte sono contenute dichiarazioni d’amore e di ammirazione con la speranza che questa bella signora bionda prenda in considerazione i “sentimenti, sinceri e profondi” dei suoi ammiratori. Da persona normale mi chiedo (ma non trovo risposta) quale potrebbe essere la molla che fa scattare nella mente di un uomo, un così grande interesse verso un “volto” visto solo sui giornali o alla TV, per giunta di una persona accusata di omicidio volontario aggravato, non di uno, ma di tanti poveri anziani indifesi.
“Quella notte, la badante della signora Oriana suonò il campanello perché il sondino perdeva” – racconta un’infermiera – “La Poggiali si offrì di provvedere e poco dopo la paziente morì”. Stessa sorte è stata riservata al signor Faustino, parente di un responsabile della Direzione con cui la Poggiali non aveva un buon rapporto. Ricoverato in condizioni non certo ottimali, alle 15 di un giorno di fine marzo (un’ora dopo che la Poggiali aveva preso servizio), il signor Faustino morì. “Mi confrontai con una collega che condivideva le mie impressioni” – continua la testimone – ” Eravamo sconcertate e ci chiedevamo perché queste morti così frequenti non destassero alcun interesse”.
Casualità? Sfortuna?
Sta di fatto che, finalmente, la Procura di Ravenna ha deciso vederci chiaro, anche se le indagini si presentano molto difficili poiché dopo un paio di giorni le tracce di cloruro di potassio svaniscono.
E mentre la seducente Daniela resta in carcere in attesa di fare luce sulle morti di Rosa, Faustino, Oriana… nell’ospedale Umberto I i decessi sospetti si sono fermati.
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::autore_::di Luisanna Tuti::/autore_:: ::cck::218::/cck::