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Molti illustri psicoanalisti, a partire dallo stesso Sigmund Freud, si sono cimentati nell’indagine sull’arte teatrale e, in modo diretto o indiretto, il teatro è sempre stato presente, nella storia del pensiero psicoanalitico.
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Molti illustri psicoanalisti, a partire dallo stesso Sigmund Freud, si sono cimentati nell’indagine sull’arte teatrale e, in modo diretto o indiretto, il teatro è sempre stato presente, nella storia del pensiero psicoanalitico.
In questo volume, il fondatore della psicoanalisi indaga, per primo, sui processi psichici profondi dello spettatore e sulle psicodinamiche che, in lui, si verificano, a teatro.
Jacques Lacan utilizza l’Anfitrione di Plauto, per approfondire la sua riflessione sull’Io. Octave Mannoni evidenzia l’importanza del contesto sociale in cui si svolge la rappresentazione teatrale. André Green impiega l’Amleto di Shakespeare come mezzo per far emergere i contenuti profondi interni. Cesare Musatti illustra la prossimità dell’opera di Pirandello con il pensiero psicoanalitico.
Alla figura specifica dell’attore e al suo compito, più di un analista si è appassionato. Dal caso clinico di un impostore, descritto da Karl Abraham, emergono elementi del recitare che sono attributi plausibili, anche, di chi si esibisce sul palcoscenico. Sulla psicologia dell’attore e sulla necessità di collocarla in una dimensione storica si impegna Lev S. Vygotskij, la cui partecipazione al movimento psicoanalitico, in Russia, è poco nota nel mondo occidentale. Otto Fenichel, nella prospettiva di una psicoanalisi classica, ci offre una preziosa e approfondita riflessione sui diversi aspetti del fenomeno della recitazione.
Nel saggio introduttivo vengono illustrati i principali sviluppi contemporanei del pensiero psicoanalitico riguardo al teatro e alla recitazione. Si diversifica la condizione di chi, nel cinema, si emoziona per fantasmi interni evocati da ombre colorate sullo schermo, dalla situazione dello spettatore teatrale che entra, concretamente, in relazione con “la carne e il sangue” dell’attore, sul palcoscenico. Accade, durante la recitazione che, se il pubblico non risponde emotivamente nel modo in cui l’attore, intensamente, desidera, egli soccombe e “muore” di una morte, teatralmente, inutile. All’opposto, l’attore che riesce ad unirsi con il suo pubblico, realizza un sacrificio vittorioso: diviene vincitore e vittima, eroe e capro espiatorio.
Alcuni concetti della psicoanalisi contemporanea e, in particolare, l’identificazione proiettiva offrono nuove possibilità di riflessione su questo fenomeno.
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::autore_::di Angelo Schiano::/autore_:: ::cck::278::/cck::