La parola

Trasformismo

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E’ un termine dall’alone decisamente negativo e dispregiativo quello che abbiamo scelto questa volta. Soprattutto in Italia dove esso è per così dire consueto nella storia politica e sociale del Paese. 

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E’ un termine dall’alone decisamente negativo e dispregiativo quello che abbiamo scelto questa volta. Soprattutto in Italia dove esso è per così dire consueto nella storia politica e sociale del Paese. Con tale parola, infatti, nella pubblicistica italiana si definì la prassi politica, inaugurata da Agostino  Depretis, consistente nel formare di volta in volta maggioranze parlamentari intorno a singole personalità e su programmi contingenti, superando le tradizionali distinzioni tra destra e sinistra. Di tipo trasformistico fu considerata anche la concessione di favori alle consorterie locali in cambio del sostegno parlamentare praticata da Crispi e Giolitti.
Con riferimento alla politica contemporanea, il termine è stato assunto poi a significare, con tono spregiativo o comunque polemico e negativo, sia ogni azione spregiudicatamente intesa ad assicurarsi una maggioranza parlamentare o a rafforzare la propria parte, sia la prassi di ricorrere, invece che al corretto confronto parlamentare, a manovre di corridoio, a compromessi, a clientelismi, senza più alcuna coerenza ideologica con la linea del partito.
Negli ultimi difficili decenni trasformismo ha poi delineato l’attitudine decisamente deprecabile di cambiare casacca ad ogni cambiamento politico. Tale mobilità è arrivata al punto da rendere superflua anche la connotazione politica e partitica dei soggetti interessati. Attitudine che ha poi avuto anche altre declinazioni sino ad arrivare a caratterizzare comportamenti difformi anche all’interno delle stesse forze politiche.
Va sottolineato anche che lo sviluppo esponenziale di comportamenti trasformistici è legato indubbiamente alla grave crisi di identità e rappresentatività che ha investito la vita politica italiana. Il crollo e l’eclisse di grandi idealità, propria del secolo passato, ha indubbiamente favorito e creato le condizioni di questa deriva che, tuttavia, ha potuto contare su una volatilità imbarazzante delle posizioni personali.
In sostanza, dinanzi ad una crisi di sistema si è assistito ad una vera e propria debacle etica della politica e dei soggetti in essa agenti, spesso relegati sino ad allora a ruoli da comprimari o decisamente secondari. Decapitata la prima Repubblica e il suo personale politico si è creata una realtà fatta da potentati economici e/o finanziari, gruppi di pressione di varia natura ed origine che ha prodotto quello che è stato il disastro della seconda.
Oggi ci troviamo in una sorta di deserto nel quale vaghiamo alla ricerca di punti di riferimento che trovino la più ampia condivisione, ma senza alcuna idea forte capace di convincere e trascinare. Con molti arruffapopoli, guru e prestigiatori che tentano con ogni mezzo di far credere al proprio messaggio fatto di insulsa pochezza etica, di miseria verbale e di alcuna prospettiva. Solo parole sempre di critica e di condanna a tutto e a tutti per le quali si chiede adesione incondizionata e acritica ma fondate sula sabbia!

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::autore_::di Roberto Mostarda::/autore_:: ::cck::327::/cck::

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