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Sarà una lunga primavera quella che attende il popolo tunisino. L’assalto al museo del Bardo, costato la vita a 21 turisti e a 2 membri del commando jihadista, rischia di causare danni enormi che vanno ben oltre la conta delle vittime.
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Sarà una lunga primavera quella che attende il popolo tunisino. L’assalto al museo del Bardo, costato la vita a 21 turisti e a 2 membri del commando jihadista, rischia di causare danni enormi che vanno ben oltre la conta delle vittime.
L’obiettivo degli attentatori infatti era di creare un clima di terrore in tutto il paese, con attacchi mirati soprattutto ai danni di turisti, facendo così crollare la fragile economia tunisina che proprio sui flussi dei visitatori dall’estero basa la maggior parte delle sue entrate.
Una strategia che per essere arginata ha bisogno sia di un potenziamento degli apparati di sicurezza, le cui lacune nella prevenzione dell’attentato del Bardo hanno già causato la rimozione dei vertici della polizia di Tunisi, sia dell’aiuto dei governi dei paesi occidentali, da cui partono la maggior parte dei visitatori che ogni anno si recano in Tunisia.
Per questo la decisione delle maggiori compagnie di navigazione di annullare lo scalo sulle coste tunisine ha destato forte malumore all’interno del governo di Tunisi. Il ministro del turismo Salma Elloumi ha dichiarato che “la cancellazione delle crociere sarebbe una vittoria dei terroristi”. Una preoccupazione più che legittima, come sono legittime le ansie di coloro che decidono di cercare svago o cultura in un paese che, dalla strage del Bardo, si trova in prima linea nella guerra al terrore jihadista. D’altronde, il numero dei combattenti islamici provenienti dalla Tunisia impegnati nei vari conflitti mediorientali, è di quelli che fa paura.
È stato lo stesso Presidente Beji Caid Essebsi a parlare di “4mila tunisini arruolati nella jihad in Siria, Libia e altrove, di cui 400 tornati in patria e di altri 5 o 6mila pronti a partire”. Un vero e proprio esercito del terrore, figlio della povertà diffusa e delle diseguaglianze sociali che, dalla caduta del regime di Ben Ali sono se possibile aumentate, consegnando intere generazione di giovani alla propaganda del califfato nero. Alcuni parlano addirittura di uno stipendio di svariate migliaia di dollari, garantito dai vertici dello stato islamico per chi decide di intraprendere la strada del jihad.
Stando così le cose, la battaglia per riportare pace e serenità nel paese dei gelsomini, sarà lunga e difficile e avrà bisogno dell’appoggio di tutto il mondo occidentale per essere vinta. Tra i primi segnali concreti di supporto al popolo tunisino, la decisione della NATO di estendere alla Tunisia lo status di “alleato maggiore”, il che consentirebbe al paese del Maghreb di usufruire di istruttori militari e di forze di intelligence, con lo scopo di coadiuvare le autorità investigative tunisine nel lavoro di prevenzione di ulteriori attacchi.
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::autore_::di Diego Grazioli::/autore_:: ::cck::494::/cck::