::cck::521::/cck::
::introtext::
Il nome di Raffaele Perestrello probabilmente non dirà molto ai lettori, eppure questo ammiraglio, nato nel cuore della bassa Padana fu il primo occidentale a raggiungere la Cina via mare nel 1514.
::/introtext::
::fulltext::
Il nome di Raffaele Perestrello probabilmente non dirà molto ai lettori, eppure questo ammiraglio, nato nel cuore della bassa Padana fu il primo occidentale a raggiungere la Cina via mare nel 1514.
Marco Polo raggiunse l’immenso Paese trecento anni prima, ma per via terra. Pochi anni dopo a Macao, fu un abruzzese originario di Chieti, Alessandro Valignano, a fondare la prima università in Cina.
Dall’arrivo di questi italiani comincia a susseguirsi negli anni una presenza italiana, non certo numerosa, ma sicuramente importante non solo per gli scambi commerciali, ma per la capacità culturale dei nostri primi connazionali ad intuire la ricchezza di questo popolo laborioso a differenza di altre potenze occidentali che videro solo lo sfruttamento e l’emarginazione della Cina.
Rammentiamo anche che l’Italia ebbe nel secolo scorso anche una concessione territoriale, appena più grande del nostro Abruzzo, nella provincia del Tientsin ottenuta nel 1901 grazie all’intervento contro i ribelli nella Rivolta dei Boxer insieme ad altre potenze quali l’Impero Britannico, la Francia, il Giappone, la Russia, l’Impero austro-ungarico e il Belgio, ma nel 1947 con i trattati di pace di Parigi, dopo la seconda guerra mondiale, il nostro Paese dovette rinunciare alla sua concessione.
Attualmente la comunità più importante dei nostri connazionali risiede ad Hong Kong, sono attualmente 2700, con un aumento in pochissimi anni del 60%.
Come sono lontani i tempi in cui il grande inviato Luigi Barzini sul Corriere della Sera, raccontava che agli inizi del ‘900 sull’isola c’erano ben 12 italiani, esclusi suore e sacerdoti che già erano alcune centinaia.
Ancora nel 1941 la nostra comunità, anche se in crescita, risultava ancora di poche decine di persone per lo più occupate nell’artigianato o nella ristorazione.
Quest’ultimo settore ha avuto tre figure importanti: Innocenzo Sasso, Sinibaldo Lazzeri e Giacomo Guerci che riuscirono ad aprire la prima trattoria italiana e fu questo il primo passo per la ristorazione italiana, oggi sicuramente la più estesa e famosa dell’isola.
Nel secondo dopoguerra, la nostra presenza non si può ancora definire certo come una realtà influente, non dimentichiamo che l’Italia fu alleata del Giappone durante l’ultimo conflitto contro la Cina, al contrario dei missionari che invece possedevano una grande autorevolezza per il loro impegno sociale rivolto ai più bisognosi come, solo per citare le congregazioni più importanti, le suore Canossiane e i Salesiani. Furono loro in primo piano nella gestione degli aiuti ai bisognosi alla fine del conflitto, operando anche nell’educazione e nell’assistenza sanitaria.
Le canossiane, inoltre, già agli inizi del 1929 avevano fondato il Matilde Hospital, uno dei principali ospedali dell’isola e fino al 1991 era possibile incontrare personale medico e religioso italiano.
In settant’anni, dalla fine della guerra, la situazione è nettamente cambiata e l’Italia è oggi sicuramente tra i maggiori esportatori nell’Asia’s World City.
Quei primi italiani da veri pionieri hanno avviato la crescita dell’export nostrano di cibo, vino, moda, creatività e tutto quello che contraddistingue positivamente la nostra immagine nel mondo.
Un caso esemplare della capacità tutta italiana di fare impresa è sicuramente il sacerdote torinese Giovanni Romaniello. Quando aveva solo cinque anni, la sua famiglia emigrò negli Stati Uniti e si stabilì vicino a New York. Fu ordinato prete nel 1928 e decise di diventare missionario in Cina.
Fu inizialmente preposto alla provincia di Guiling, dove lavorò dal 1935 e fino al 1951, quando fu costretto a lasciare il Paese dopo essere scampato alla morte durante la presa del potere da parte di Mao Tse Tung.
Tornò nel 1956 ad Hong Kong per coordinare il Catholic Relief Service, occupandosi della distribuzione ai poveri e ai rifugiati specie di farina di mais, riso e latte in polvere. Ma le persone che ricevevano questi aiuti non avevano i mezzi per cuocerli e spesso la farina andava a male.
Studiò allora la possibilità di modificare la farina che veniva offerta ai poveri in qualcosa di ugualmente nutriente, ma che fosse libera dall’ umidità e dal deterioramento.
Dopo pochi anni progettò le prime macchine industriali per produrli in grandi quantità, utilizzando i pezzi di un vecchio motore di aeroplano.
Sono passati tanti anni da allora, ma ancora oggi, la versione moderna di quei macchinari è utilizzata in tutta la Cina dai produttori di questa industria divenuta ormai miliardaria.
Ma l’eccellenza italiana oltre che nella moda, nel design è anche apprezzata per l’impegno generoso e solidaristico che sempre ci contraddistingue, l’ultimo esempio è la presenza inaugurata recentemente di Emergency, guidata da Gino Strada impegnata nel raccogliere fondi per proseguire a curare e salvare, milioni di vittime di guerra in tutto il mondo.
::/fulltext::
::autore_::di Fabrizio Cerami::/autore_:: ::cck::521::/cck::