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Spesso la storia, quella importante e ufficiale, dimentica l’importanza del ruolo delle donne che hanno segnato la storia dei popoli e che ancora sono semisconosciute.
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Spesso la storia, quella importante e ufficiale, dimentica l’importanza del ruolo delle donne che hanno segnato la storia dei popoli e che ancora sono semisconosciute.
Per questo vogliamo ricordare, tra le tante, in un mondo che parla sempre più spesso d’impegno sociale, la figura di una nobile milanese che non volle approfittare del suo ruolo per una vita inutile tra gli agi, ma vivere insieme a chi aveva bisogno, ad altre donne che come lei avevano dei figli, ma non sapevano come crescerli, parliamo di Laura Solera Mantegazza, (1813 -1873).
Una lapide, posta dal comune di Milano per ricordarla, scrive tra l’altro: “Rese grandi servigi per l’unità d’Italia creò ricoveri per l’infanzia povera fondò il primo sindacato per le donne e la scuola per gli operai”. Una sintesi perfetta per ricordare questa donna.
La sua storia e la decisione di dedicarsi agli altri, nasce nella giovane Laura tra le barricate durante le sanguinose Cinque Giornate di Milano contro gli austriaci.
Per la ragazza, abituata al suo mondo esclusivo della nobiltà milanese, dovette essere un vero e proprio trauma vedere da vicino tutta quella disperazione, morti, feriti e, soprattutto, una società povera e dimenticata nella sua stessa città.
Ritornata la calma, se non la pace, dopo l’insurrezione, decise di dare il suo contributo per l’emancipazione di questa povera gente, iniziando ad aiutare chi era nel bisogno più estremo e non poteva permettersi alcuna cura, specialmente le donne più povere, spesso abbandonate dai loro compagni e con i loro bambini ancora lattanti.
Per loro, la Mantegazza fondò un asilo nel 1850, il primo inaugurato a Milano e, per la sua concezione di modernità, fu un punto di riferimento anche per il resto dell’Europa.
Negli anni dedicò le sue energie anche verso le donne operaie che cominciavano a crescere nella neonata industria italiana, in modo particolare verso i loro figli per i quali organizzò centri d’ assistenza e cure.
Dopo secoli di ignavia le cose da fare erano certamente tante, specie in un secolo così convulso. Fino ad allora, ai poveri, ai diseredati e ai malati aveva pensato la Chiesa, ma adesso anche i laici esigevano un proprio ruolo verso la società.
Un invito colto subito dalla Mantegazza che non si era certo fermata ai primi successi, ben presto avviò scuole di alfabetizzazione per i più disagiati e con grande lungimiranza, promosse addirittura le pensione di vecchiaia.
Alla sua morte, avvenuta nel 1873, lasciava oltre alle moderne strutture assistenziali a Milano ed in altre città, anche l’esempio di una vita impegnata per gli altri.
Ma le opere, per quanto grandi, non resistono al tempo se non sono curate da persone valide che credono in questo impegno.
Fortunatamente, l’esempio della Mantegazza fu seguito con successo da un’altra donna, Alessandrina Massini.
Era nata nei pressi di Mosca da un padre milanese che idealista e convinto patriota volle seguire Napoleone nella drammatica guerra in Russia.
Dopo il conflitto si stabilì a Mosca, ma dopo alcuni anni, la nostalgia e specialmente una vita non certo confortevole lo convinse a tornare nella sua Milano.
Qui, Alessandrina sposò giovanissima l’ingegner Ravizza e per lei si apriva una vita di agiata borghese fuori dai problemi del mondo. Ma la ragazza non era certo il tipo da stare a casa a filare, come si usava in quel tempo.
Abbracciò subito la causa dell’emancipazione femminile divenendo sostenitrice e collaboratrice della stessa Mantegazza nelle sue numerose opere assistenziali.
Ma solidarietà non significava dare solo assistenza, un ricovero o un pasto caldo, come avevano fatto finora allestendo con grandi sacrifici anche una cucina per i bisognosi, ma dare la possibilità anche alla povera gente di poter avere un futuro migliore.
Per questo promosse l’Università popolare per loro e la scuola professionale femminile. Politicamente si impegnò con altre due importanti donne dell’epoca, le prime due donne medico in Italia, Anna Kuliscioff, futura leader politica ed Emma Modena, per quello che poteva sembrare allora un’utopia: il suffragio elettorale alle donne.
Una battaglia che sarà vinta definitivamente trentuno anni dopo la sua morte avvenuta nel 1915, con l’emanazione della nuova Costituzione della Repubblica italiana nel 1946.
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::autore_::di Tullio Serafini::/autore_:: ::cck::532::/cck::