::cck::551::/cck::
::introtext::
La tragedia più grande della storia recente del mediterraneo. Quasi mille persone affogate nel naufragio di un peschereccio salpato dalla Libia e diretto verso coste dell’Europa meridionale.
::/introtext::
::fulltext::
La tragedia più grande della storia recente del mediterraneo. Quasi mille persone affogate nel naufragio di un peschereccio salpato dalla Libia e diretto verso coste dell’Europa meridionale.
La cronaca dell’ennesima strage di migranti in fuga da guerre e carestie, sta drammaticamente emergendo dalle testimonianze dei pochi superstiti messi in salvo dalla guardia costiera e dalla marina militare italiana.
L’imbarco sulla costa libica nei pressi di Misurata e poi il naufragio, dovuto al ribaltamento dell’imbarcazione stracarica di disperati che, alla vista della prima nave dei soccorritori, hanno sbilanciato il natante causandone l’affondamento.
E poi le grida strozzate provenienti dalla stiva, dove i mercanti di morte avevano assiepato i più poveri dei poveri, chiusi dietro le porte a tenuta stagna, impossibilitati a tentare anche l’ultimo disperato tentativo di tuffarsi in mare. Una morte orribile, che sancisce definitivamente l’impotenza ma soprattutto l’egoismo di un’Europa, incapace non solo di prevenire tragedie del genere, ma soprattutto di ottemperare ai doveri di soccorso in mare che da sempre hanno contraddistinto la storia delle marinerie del mediterraneo.
Stimare l’impegno messo in campo dall’Unione Europea per fronteggiare il flusso dei migranti in arrivo dalle coste dell’Africa, è un esercizio che deprime per l’esiguità delle forze messe a disposizione. Dal primo gennaio di quest’anno, data dell’entrata in vigore della missione Triton che ha preso il posto dell’Operazione Mare Nostrum della nostra marina militare, viene stanziata per il salvataggio dei migranti in mare, la risibile cifra di 3 milioni di euro al mese. Un’inezia, che sancisce la precarietà del progetto europeo, capace per mesi di arrovellarsi su questioni marginali, ma appare drammaticamente impreparato a predisporre un piano all’altezza delle emergenze che stanno interessando il medio-oriente e la quasi totalità dei paesi africani, alle prese con guerre e devastazioni che spingono milioni di persone a fuggire dalle proprie terre e cercare un barlume di speranza nel continente europeo.
Ma potenziare il soccorso in mare è solo un piccolo passo per le ambizioni di una comunità di oltre 400 milioni di persone che, nonostante la crisi degli ultimi anni, vive tra agi e sprechi, dimenticando che solo sessant’anni fa anche da noi si partiva per sfuggire alla fame e alle guerre.
Per queste ragioni e per i valori che contraddistinguono la nostra comunità è arrivato il tempo di dire basta e dare un senso al progetto europeo.
C’è bisogno di un rinnovato impegno da parte di tutti, anche di quei paesi che non si affacciano direttamente sul mediterraneo e che, in questi anni, hanno frenato la messa in campo delle misure necessarie a fronteggiare le migrazioni globali che vedono protagoniste milioni di persone.
::/fulltext::
::autore_::di Diego Grazioli::/autore_:: ::cck::551::/cck::