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È una corsa contro il tempo. Centinaia di squadre di soccorritori, provenienti da tutto il mondo, sono all’opera nel disperato tentativo di salvare qualche sopravvissuto al sisma che ha devastato il Nepal.
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È una corsa contro il tempo. Centinaia di squadre di soccorritori, provenienti da tutto il mondo, sono all’opera nel disperato tentativo di salvare qualche sopravvissuto al sisma che ha devastato il Nepal.
Un’interminabile sequenza di scosse cominciate sabato scorso che hanno raso al suolo i principali centri del paese, a cominciare dalla capitale Kathmandu, dove tuttora sono all’opera migliaia di volontari alle prese con edifici abbattuti e strade divelte che hanno seppellito migliaia di abitanti e visitatori. Un’ecatombe dovuta alla forza del terremoto ma anche alla carente qualità delle costruzioni, spesso edificate senza nessuna precauzione antisismica, nonostante il Nepal sia tra le nazioni a più alto rischio tellurico del pianeta.
Il paese si trova infatti sulla faglia che collega la placca indiana a quella euroasiatica, da sempre sottoposta a violentissime pressioni che nel corso dei millenni hanno determinato la formazione della catena himalayana. Luoghi paradisiaci, dove il blu del cielo è così intenso e l’aria così pulita, da causare vertigini anche ai frequentatori più abituali. Ora invece è la polvere mista a nevischio ghiacciato a dominare ogni scenario.
Decine di frane e valanghe hanno sommerso villaggi e campi base, rendendo estremamente complicato il lavoro dei soccorritori, chiamati a raggiungere i centri più remoti solo con l’ausilio degli elicotteri. E se la situazione ad alta quota è drammatica, a valle gli effetti del sisma sono stati ancor più devastanti, in particolare nella regione di Kathmandu, dove il sottosuolo presenta una composizione altamente sabbiosa.
Erano ottant’anni che il Nepal non veniva interessato da un terremoto di questa intensità. Un lasso di tempo nel quale l’energia della terra sottoposta a pressione ha avuto modo di accumularsi per poi rilasciarsi, deturpando il territorio in maniera indelebile.
Oltre alla conta delle vittime ed il supporto ai sopravvissuti, in queste ore si piange anche la scomparsa di uno dei patrimoni artistici più interessanti che l’umanità abbia mai prodotto. Torri, stupa e templi buddisti ed induisti sono ora solo un cumulo di macerie, cancellati dalla furia della natura che si è abbattuta sul tetto del mondo. Solo la gara di solidarietà internazionale sta tentando di lenire le ferite di questo paese così duramente colpito.
Una corsa che sta mettendo a dura prova il piccolo aeroporto di Kathmandu, che oltre alla gestione del traffico aereo, è stato adibito dalle autorità a centro di smistamento delle tonnellate di aiuti inviati dalle organizzazioni umanitarie internazionali e dai paesi che hanno aderito alla gara di solidarietà. Tra questi, l’Italia ha attivato l’unità speciale per le emergenze della Farnesina al fine di coordinare i lavori di soccorso alla popolazione e le ricerche dei circa 10 connazionali al momento ancora dispersi nel paese asiatico. Un piccolo sforzo, che se fatto proprio da una schiera di paesi volenterosi, rappresenta una risposta al dilagante egoismo che sta pervadendo il pianeta.
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::autore_::di Diego Grazioli::/autore_:: ::cck::557::/cck::