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Siamo sicuri che il tempo esiste?

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"Particle overview it" di Headbomb (original work); Mess (Italian translation) - File:Particle overview.svg. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.Parafrasando Pirandello si direbbe: “Due personaggi in cerca di autore”.
Se l’autore di un romanzo sul tempo cercasse due soggetti da inserire nella sua opera, non potrebbe trovare elementi migliori di questi giganti del pensiero. Ma che cosa c’è da scrivere sul tempo?

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Parafrasando Pirandello si direbbe: “Due personaggi in cerca di autore”.
Se l’autore di un romanzo sul tempo cercasse due soggetti da inserire nella sua opera, non potrebbe trovare elementi migliori di questi giganti del pensiero. Ma che cosa c’è da scrivere sul tempo?
L’esperienza comune ci dice che il tempo esiste in quanto possiamo ricordare avvenimenti accaduti nel passato e prevedere entro certi limiti, fatti che ancora dovranno avvenire.
Più difficile è definire il presente, se non come istante che separa il futuro dal passato. Il tempo dunque esiste come fluire di avvenimenti ed il modo migliore di definirlo è quello banale: ciò che si misura con l’orologio.
Ma se indaghiamo nelle leggi che governano l’universo ci accorgiamo che spingendo oltre un certo limite la nostra analisi, il tempo non ha ragione di esistere, anzi, nel campo della fisica delle particelle elementari, non solo non è definito il passato ed il futuro, ma non esiste neanche il tempo cosi come lo percepiamo noi.
Perché dunque noi ricordiamo e prevediamo?
La risposta deve ancora essere trovata. Nel VII secolo Sant’Agostino nelle Sue Confessioni diceva: “Se nessuno me lo chiede, so cos’è il tempo, ma se mi si chiede di spiegarlo, non so cosa dire.
Quello che è certo è che la nostra comprensione del mondo necessita di questo parametro. Che cosa significa infatti ‘capire’? Significa mettere in relazione di causa ed effetto due eventi. Se si verifica l’evento ‘A’, allora noi ‘sappiamo’ che si verificherà l’evento ‘B’. Ma questo ragionamento necessita di una successione temporale.
E’ come andare al cinema. Capisco il film perché la sequenza di fotogrammi della pellicola mi permette di mettere in successione temporale i singoli avvenimenti. Ma la storia è tutta contenuta nella celluloide della pellicola, cioè esiste di per se senza bisogno di passare attraverso il proiettore. Una mente capace di cogliere la realtà nella sua interezza capirebbe il film senza bisogno di veder scorrere la pellicola.
A cavallo tra il VI° ed il V° secolo a.c. fiorì in Italia una scuola filosofica destinata a cambiare per sempre la nostra concezione della realtà.
Presso le rive del mar Tirreno, in un promontorio vicino la costa centro meridionale della penisola italiana, coloni greci provenienti dalla Ionia fondarono più di duemila e cinquecento anni fa, la scuola degli Eleati capeggiata da Parmenide.
Mentre i presocratici indagavano sulla composizione del mondo reale, Parmenide si pose il problema di definire la realtà. La sua celebre frase: “L’essere è, il non essere non è” è stata alla base di tutta la metafisica prodotta dopo di lui.
Parmenide, al contrario di Eraclito, altro gigante del pensiero, affermò che il tempo non è che una mera illusione. Se esistesse, questo implicherebbe che l’essere passerebbe continuamente da uno stato di morte e rinascita, morendo nell’istante precedente e rinascendo in quello successivo, ma poiché egli sosteneva che ‘L’essere è…ora”, non poteva esistere l’essere ‘prima’ e l’essere ‘dopo’, quindi non può esistere il tempo.
Ma se non esiste il tempo, l’essere è dunque eterno.
Cinque secoli dopo, un altro personaggio destinato a cambiare il mondo, così rispose a chi gli chiedeva se avesse visto Abramo: “In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono”. La portata di tale risposta è talmente vasta da non essere da tutti compresa. In quanto Dio, cioè l’essere eterno definito da Parmenide, Gesù non poteva rispondere, “Prima di Abramo io ero già” perché se lo avesse fatto avrebbe posto un limite temporale alla sua essenza definendo un prima ed un dopo.
Ma in quanto essere eterno ed atemporale questo non poteva dirlo.
La frase, grammaticalmente scorretta dal punto di vista delle ‘consecutio temporum’ è perfettamente corretta sul piano metafisico.
Lui, non aveva bisogno di vedere la pellicola del film del mondo, scorrere attraverso la luce del succedersi degli eventi, ma in quanto essere eterno percepiva le cose così come sono, senza bisogno di capirle.
Noi, esseri limitati, abbiamo invece bisogno di capire la realtà facendola scorrere nel proiettore del tempo. Ma, come Agostino di Ippona, se qualcuno ci chiedesse che cosa è il tempo, non ostante il trascorrere di parecchi secoli, ancora non sapremmo che cosa rispondere.

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::autore_::di Riccardo Liberati::/autore_:: ::cck::556::/cck::

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