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Sono rimasti in pochi e adesso, con la scomparsa del loro leader Eusebio, sono stati privati della guida che negli ultimi anni li aveva condotti in un’epica battaglia contro disboscatori illegali e bracconieri senza scrupoli.
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Sono rimasti in pochi e adesso, con la scomparsa del loro leader Eusebio, sono stati privati della guida che negli ultimi anni li aveva condotti in un’epica battaglia contro disboscatori illegali e bracconieri senza scrupoli. Parliamo degli indios ka’apor, storica popolazione dello stato brasiliano del Maranhao, che dopo secoli di sfruttamento hanno deciso di reagire alla mafia che controlla il mercato di legname prezioso di cui questa regione della profonda Amazzonia è ricca.
Per questo lo scorso settembre, guidati da Eusebio, il carismatico capo della comunità, avevano catturato un gruppo di uomini che con ruspe e seghe elettriche stava abbattendo alberi millenari, il cui legname era destinato ai lucrosi mercati internazionali.
Sono loro che hanno commissionato il brutale omicidio di Eusebio, colpito alle spalle da killer dal volto coperto. D’altronde il Brasile da sempre costituisce insieme all’Indonesia il maggior fornitore di legno pregiato del pianeta. Un commercio criminale, perpetrato senza che le autorità competenti del paese facciano alcuno sforzo per fermarlo. Anzi, spesso sono gli stessi amministratori a favorire il depauperamento di porzioni sempre più ampie di territorio boschivo.
Un danno enorme per gli indios della regione ma anche per il resto dell’umanità, visto che il polmone verde del Brasile rappresenta un’indispensabile fonte di rinnovamento per l’atmosfera terrestre. L’aumento delle temperature, l’innalzamento dei mari, la crescente penuria di acqua potabile, sono tutte facce della stessa medaglia, un pianeta contraddistinto da un modello di sviluppo non più sostenibile.
La battaglia di Eusebio e della sua comunità deve essere anche la nostra, perché solo attraverso uno sforzo collettivo che si faccia carico della fragilità dell’ecosistema in cui viviamo, possiamo sperare di dare un futuro alle nuove generazioni.
Gli sforzi per sensibilizzare la popolazione mondiale non mancano, a partire dai grandi forum sui cambiamenti climatici ciclicamente organizzati da nazioni volenterose, il prossimo dei quali si terrà in dicembre a Parigi e che a fine maggio a Roma presenta un’interessante appendice, nella quale si discuterà del drammatico binomio tra cambiamenti climatici e pace nel mondo.
Appuntamenti importanti, ma che rischiano di non incidere a sufficienza sui nostri stili di vita, contraddistinti sempre più su modelli consumistici destinati a portarci alla distruzione nel giro di pochi decenni.
Un grido d’allarme che deve essere fatto proprio da un numero sempre maggiore di persone, affinché si creino dei gruppi di pressione che possano far cambiare le regole che contraddistinguono l’economia mondiale.
Una rivoluzione ambientale che passa anche dalle abitudini quotidiane di ciascuno di noi: da un utilizzo più morigerato dell’acqua nelle faccende domestiche, a modelli di produzione di energia che non devastino sistematicamente il sottosuolo. Uno sforzo globale che deve partire dai paesi più ricchi del pianeta, gli unici che possano cambiare realmente le regole del gioco.
Per questo la morte di Eusebio è una tragedia che deve diventare stimolo ed esempio per tutti noi.
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::autore_::di Diego Grazioli::/autore_:: ::cck::578::/cck::