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Il recente viaggio del papa a Torino per l’esposizione della Sindone è stato anche l’occasione per ricordare Giovanni Bosco, il santo dei ragazzi e fondatore dei Salesiani
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Il recente viaggio del papa a Torino per l’esposizione della Sindone è stato anche l’occasione per ricordare Giovanni Bosco, il santo dei ragazzi e fondatore dei Salesiani, la più grande opera di assistenza nel mondo e di cui proprio quest’anno ricorrono i duecento anni dalla nascita avvenuta il 16 agosto del 1815.
Mentre ascoltavo l’omelia sul la figura del santo e delle sue iniziative ho fatto letteralmente un salto indietro negli anni, più di cinquant’anni fa, quando sono stati nominati gli oratori, un cardine nella formazione della gioventù di un tempo, e dove ho vissuto un’infanzia certo non agiata economicamente, ma ricca di tanti amici con momenti emozionanti e divertenti, il tutto sempre sotto la guida attenta del parroco e dei catechisti.
Strutture che hanno formato migliaia di generazioni dando loro i valori della vita, un dono che rimarrà nei ragazzi anche con il trascorrere degli anni.
Un mondo, quello degli oratori, che confesso credevo ormai in crisi o del tutto cancellato dai vari e molteplici cambiamenti della società e della stessa Chiesa.
Per fortuna mi sono sbagliato.
Qualche cifra per comprendere il fenomeno in piena crescita, almeno in Italia: 6 mila oratori sparsi sul territorio nazionale dei quali, oltre la metà, è in Lombardia, 900 nel Trivento, seguiti dal Piemonte con almeno 500 oratori, la Sicilia 400, la Puglia 230 e il Lazio 150, un centinaio a testa anche in Sardegna,in Emilia Romagna, per arrivare ad ottanta in Campania e sessanta in Toscana. Seguono poi piccole realtà, ma sempre rilevanti come in Umbria, nella Marche, in Abruzzo e in Valle d’Aosta.
Ma chi sono e quanti ragazzi frequentano questi luoghi?
Dimenticate la divertente, ma feroce caricatura che fece Alberto Sordi con i “Compagnucci della parrocchietta” alla fine degli anni ’40 alla radio e al cinema, ragazzi sempre dietro la tonaca dei preti, timidi ed insicuri.
In realtà, come allora, sono giovani che vivono il loro tempo, ieri con i fumetti e oggi con il computer o ipod, ma che sanno conciliare una visione della vita costruttiva e ricca di possibilità e non una visione puramente nichilista.
Le cifre parlano chiaro.
Un milione e mezzo di ragazzi, che raddoppiano se si considerano quelli che li frequentano saltuariamente, e, non dimentichiamo, le migliaia di volontari che seguono questi giovani per puro spirito di servizio.
Fino a qualche tempo fa si pensava che questo tipo di realtà fosse ormai sorpassata insieme alla visone del sacro e ad una vita con valori e principi solidi, invece, come tutte le cose buone, sta ritrovando una seconda giovinezza, specialmente nei periodi di grandi difficoltà come quella che stiamo vivendo attualmente.
Molte famiglie, infatti, sono state costrette a rivedere i loro bilanci a causa della crisi: portare i figli in palestra o altre discipline sportive, seguirle nel doposcuola è sempre più caro, e così, non dimentichiamolo mai, chi è vicino nelle difficoltà, è, e rimane, sempre la Chiesa con le sue strutture e le sue organizzazioni da sempre.
Gli oratori, nello specifico, hanno una storia che risale al Cinquecento, grazie a due grandi santi italiani Carlo Borromeo a Milano e Filippo Neri a Roma, i quali hanno dato le basi, come abbiamo già sottolineato, di ciò che trecento anni dopo, a Torino, san Giovanni Bosco riuscì ad organizzare in maniera ancora oggi attuale, i suoi oratori salesiani e da li in ogni parte del mondo.
Il successo di questa istituzione, anche se poco studiato dai mass-mediologi, è dovuto dalla semplicità, dove tutto è organizzato ad una forma di ottimismo come l’ educazione da dare ai giovani attraverso la fiducia, la dignità e l’ascolto ai loro problemi giovanili grazie al coinvolgimento nelle attività sociali.
A questo punto può sorgere una domanda lecita, ma come si mantiene un Oratorio?
Le spese vive, come si sa, non sono indifferenti, pensiamo solo al riscaldamento o alla luce, generalmente il contributo arriva dal coinvolgimento delle famiglie e dalle comunità che li promuove e, da alcuni anni, grazie ad una maggiore attenzione legislativa, c’è anche una partecipazione degli enti locali tra cui comuni e regioni.
Ma per mandare avanti una tale struttura così complessa e fare degli oratori dei momenti non solo di partecipazione, ma di impegno e di coordinamento delle varie attività, nel 2001 è stato promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana, il Forum degli Oratori italiani, (FOI) nato per ”studiare la realtà delle nuove generazioni – come recita lo statuto – in costante cambiamento, per mantenere viva l’attenzione sulle esigenze educative”.
Con i suoi 30 membri il FOI, insieme ai rappresentanti dei coordinamenti regionali dai vari istituti religiosi alle realtà che hanno nel loro carisma l’oratorio come i Salesiani, le figlie di Maria Ausiliatrice, i Filippini, solo per citare qualche esempio, incoraggia il conseguimento dei loro obiettivi nei differenti ambiti sia nazionali che internazionali adeguandosi anche alle nuove conoscenze di comunicazione per stare sempre con i giovani e il loro tempo.
Parlando con un giovane sacerdote della mia parrocchia, che ben conosce questa realtà, gli ho chiesto quale sarà il futuro degli Oratori e se sarà capace di adeguarsi ai giovani di domani ed alle loro esigenze: “Possono cambiare le forme – mi dice – però la sostanza degli Oratori rimarrà sempre nell’incontro con i giovani e, non dimenticando però che la loro finalità è soprattutto il primo incontro formativo con Dio, al di la dei problemi sociali o politici del momento o le mode e i costumi. Possiamo andare su Marte, ma la ricerca di Dio e della via che a lui ci conduce, rimarrà sempre la stessa ieri come oggi e come domani e dare queste finalità ai giovani è l’impegno più importante dell’oratorio”.
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::autore_::di Antonello Cannarozzo::/autore_:: ::cck::653::/cck::