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Alcuni cittadini somali ed eritrei, parte di un gruppo di circa duecento persone, lasciarono la Libia a bordo di tre imbarcazioni il 6 maggio 2009, allo scopo di raggiungere le coste italiane.
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Alcuni cittadini somali ed eritrei, parte di un gruppo di circa duecento persone, lasciarono la Libia a bordo di tre imbarcazioni il 6 maggio 2009, allo scopo di raggiungere le coste italiane.
Quando le imbarcazioni si trovavano a trentacinque miglia marine a sud di Lampedusa (Agrigento), ossia all’interno della zona sotto la giurisdizione di Malta, furono avvicinate da tre navi della Guardia di finanza e della Guardia costiera italiane.
Gli occupanti delle imbarcazioni intercettate furono trasferiti sulle navi militari italiane e ricondotti a Tripoli, senza alcuna procedura di identificazione e senza essere informati della loro vera destinazione.
I loro effetti personali, documenti di identità compresi, furono confiscati dai militari.
Una volta arrivati al porto di Tripoli, i migranti furono consegnati alle autorità libiche. Secondo la loro versione dei fatti furono obbligati con la forza a lasciare le navi italiane.
Il ministro dell’Interno italiano dichiarò che le operazioni di intercettazione delle imbarcazioni in alto mare e di rinvio dei migranti in Libia facevano seguito all’entrata in vigore, il 4 febbraio 2009, di accordi bilaterali conclusi con la Libia, e rappresentavano una svolta importante nella lotta contro l’immigrazione clandestina. Il 25 maggio 2009, in occasione di un intervento davanti al Senato, il ministro indicò che, tra il 6 e il 10 maggio 2009, più di 471 migranti clandestini erano stati intercettati in alto mare e trasferiti verso la Libia conformemente agli accordi bilaterali suddetti. Dopo aver spiegato che le operazioni erano state condotte in applicazione del principio di cooperazione tra Stati, il ministro affermò che la politica di rinvio costituiva un metodo molto efficace di lotta contro l’immigrazione clandestina. Tale politica scoraggiava le organizzazioni criminali legate al traffico illecito e alla tratta delle persone, contribuiva a salvare delle vite in mare e riduceva sensibilmente gli sbarchi di clandestini sulle coste italiane, sbarchi che, nel maggio 2009, erano stati cinque volte meno numerosi che nel maggio 2008, secondo il ministro dell’Interno.Durante l’anno 2009, l’Italia procedette a nove intercettazioni di clandestini in alto mare conformemente agli accordi bilaterali con la Libia.
Tra giugno e ottobre 2009, a quattordici persone del gruppo fu accordato lo status di rifugiato dall’ufficio dell’HCR di Tripoli.
Il 23 febbraio 2012, la Corte Europea dei diritti dell’uomo (*), sulla base di quanto prescritto dall’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ha emanato una sentenza in un procedimento intentato da alcuni di quei cittadini somali ed eritrei contro l’Italia, interamente riportata sul web: http://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/sentenza/testo_ingleses/000/000/482/Hirsi.pdf
Con tale sentenza la Corte, fra l’altro, riconosce che vi è stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione in quanto i ricorrenti sono stati esposti al rischio di subire maltrattamenti in Libia e respinge l’eccezione del Governo basata sulla mancata qualità di vittima dei ricorrenti.
A proposito del “respingimento” di cui tanto si parla nel dibattito sugli attuali flussi migratori, bisogna ricordare che secondo l’UNHCR il “non respingimento” costituisce «un principio fondamentale di protezione al quale non sono ammesse riserve.» e ancora «l’obbligo di non respingere copre qualsiasi misura imputabile ad uno Stato che possa produrre l’effetto di rinviare un richiedente asilo o un rifugiato verso le frontiere di un territorio in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate e in cui rischierebbe una persecuzione. Ciò include il rigetto alle frontiere, l’intercettazione e il respingimento indiretto, che si tratti di un individuo in cerca di asilo o di un afflusso massiccio.»
(*) La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è un organismo internazionale cui aderiscono tutti i 47 stati membri del Consiglio d’Europa, organismo internazionale da non confondere con il Consiglio Europeo, organo dell’Unione Europea.
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