Scienza

Abbiamo indebitato anche la Terra

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NASA astronaut Scott Kelly took this photograph of a sunrise over the western United States and posted it to social media on Aug. 10, 2015. http://www.nasa.gov/multimedia/imagegallery/iotd.html?id=368373Immaginate un padre di famiglia che preso dalla voglia di consumare, pur avendo un solo stipendio, cominciasse a comprare nuovi telefonini, un suv ultima generazione, un tv extra piatto di almeno 60 pollici

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Immaginate un padre di famiglia che preso dalla voglia di consumare, pur avendo un solo stipendio, cominciasse a comprare nuovi telefonini, un suv ultima generazione, un tv extra piatto di almeno 60 pollici, per non parlare di abiti, articoli per la casa e quant’altro con il risultato di indebitamento fino al collo con uno stipendio che ormai non gli basta neanche per arrivare a fine mese, ma ciò nonostante continui la folle corsa del consumo caricandosi di debiti sempre più onerosi e togliendo in breve tempo ogni sostentamento alla famiglia compreso il futuro.
Situazione folle? Tutt’altro, è quello che facciamo ormai da generazioni in maniera più o meno consapevole noi tutti abitanti della Terra, distruggendo l’unico habitat su cui viviamo.
Lo scorso 13 agosto, infatti, secondo il Global Foot print Network, siamo entrati nel fatidico Overshoot Day, vale a dire il giorno in cui la domanda annuale di beni richiesti alla natura è superiore di quello che il nostro pianeta può riprodurre nell’anno.
Solo quindici anni fa, entrando nel terzo millennio l’Overshoot day era segnato al primo di ottobre e già allora si gridò al pericolo per la sopravvivenza della Terra, ma ora gli ultimi anni sono stati devastanti.
Il saccheggio, perché di tale si tratta, è cresciuto in modo brutale come tagliare più alberi di quelli che possono ricrescere, pescando più pesci di quelli che si riproducono, mettendo in circolazione più gas serra di quelli che l’atmosfera è in grado di assorbire, con il risultato, non certo invidiabile, che oggi nel nostro azzurro cielo c’è una concentrazione di anidride carbonica senza precedenti nella storia dell’umanità.
I costi di questa follia al consumo sono ormai sotto gli occhi di tutti: deforestazione, siccità, scarsità di acqua dolce, erosione del suolo, perdita di biodiversità con un divario sempre maggiore tra ciò che produciamo e consumiamo e la capacità della Terra di poter ricreare l’ambiente adatto per essere sfruttato.
Il 21 dicembre si svolgerà a Parigi la Conferenza sul clima organizzato dalle Nazioni Unite che sarà concentrata, tra i molteplici temi, soprattutto sul mantenimento del riscaldamento globale entro l’intervallo di 2 gradi Celsius rispetto ai livelli pre – rivoluzione industriale.
Un obiettivo tutt’altro che facile da raggiungere perché occorre l’impegno di tutti, entro il 2070, di eliminare qualsiasi uso di combustibile fossile, insomma un cambiamento epocale in breve tempo di tecnologie, prospettive industriali e nuove risorse energetiche alternative.
Mathis Wackernagel, presidente del Global Footprint Network, ha lanciato un appello: “L’accordo globale per abbandonare gradualmente i combustibili fossili che è in discussione al summit di Parigi potrebbe significativamente aiutare a frenare la consistente crescita dell’impronta ecologica ed eventualmente a ridurla. Non firmarlo sarebbe irresponsabile“.
Se ciò dovesse accadere e se le emissioni di carbonio saranno ridotte come minimo del 30% entro il 2030, rispetto al livello attuale, almeno nello scenario suggerito dall’Ipcc, il team degli scienziati Onu, l’incubo dell’Overshoot Day nel 2030 potrebbe tornare indietro al 16 settembre e far riprendere un po’ di fiato al nostro pianeta e alla nostra speranza di vita.

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::autore_::di Sergio Lo Martire::/autore_:: ::cck::760::/cck::

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