La parola

Respingimento

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Fermo immagine video http://it.euronews.com/2015/09/16/migliaia-i-migranti-bloccati-alla-frontiera-serbo-ungherese/Le settimane passate, nel quadro europeo, ci hanno posto dinanzi ad emozioni forti e a domande impellenti, ma anche alla necessità di risposte che siano all’altezza dei principi fondamentali dell’Unione, come anche di molti suoi stati, basati sull’eguaglianza, la libertà, la democrazia, l’assenza di confini retaggio odioso del passato.

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Le settimane passate, nel quadro europeo, ci hanno posto dinanzi ad emozioni forti e a domande impellenti, ma anche alla necessità di risposte che siano all’altezza dei principi fondamentali dell’Unione, come anche di molti suoi stati, basati sull’eguaglianza, la libertà, la democrazia, l’assenza di confini retaggio odioso del passato. In diversi paesi, soprattutto del vecchio est post sovietico, da poco affacciatisi pienamente all’Europa democratica, abbiamo assistito e stiamo assistendo all’esplosione di forme di isteria governativa e di pratiche legate ad un passato che si pensava sepolto.
Purtroppo non è così e gli spettri di quel passato sono davanti a noi. Ed è sintomatico che a non agitarli e anzi a farsi testimone della necessità di cambiare, sia stata proprio la Germania, il paese che nel Novecento era divenuta portabandiera di ogni esclusione, discriminazione, violenza nei confronti dei “diversi”, degli altri.
Ecco perché dinanzi a quel che accade in mare, via terra verso l’Europa, qualche ultima Thule per migranti e disperati in fuga, viviamo in un misto di sentimenti contrastanti. Da un lato immagini e realtà concrete ci spingono a dare aiuto e accoglienza agli ultimi, dall’altro sentiamo minacciata la nostra piccola casa da chi arriva. Con il corollario non secondario del rischio di infiltrazioni terroristiche.
Eccola allora che si affaccia subito la minaccia del blocco, in Ungheria si è arrivati all’arresto dei migranti, e a quel termine odioso che è respingiménto. Nato nel momento dell’emergenza in mare e ora esteso anche alla marea dell’immigrazione via terra, indica l’azione e la politica di rinviare, riportare indietro verso i porti di partenza, le imbarcazioni con a bordo migranti, ritenuti clandestini a prescindere da qualunque loro condizione. L’Italia è stata al centro di pesanti critiche per la sua politica con i flussi provenienti dalla Libia. Oggi la spaventosa esplosione del fenomeno che non solo non ha più confini, ma sta raggiungendo intensità inusitate sino a poche settimane fa, sta rendendo anche questo strumento obsoleto.
Il problema si è spostato sulle procedure di riconoscimento. L’accordo di Dublino, in chiave nazionale, fa si ché lo stato che accoglie debba identificare e farsi carico dei migranti. Ma i numeri dell’emergenza stanno annullando ogni procedura e ogni senso a questa pratica tutto sommato egoistica dell’Unione. Oggi è proprio l’Unione a dover fronteggiare, anche perché le sue risorse la rendono attore ineludibile di ogni soluzione alla questione storica che sta investendo il vecchio continente.
Dunque non si tratta di respingere, semmai di bloccare attraverso politiche nuove con i paesi che si fanno centro del traffico di esseri umani e con quelli di provenienza questi flussi altrimenti inarrestabili. Questo però richiederebbe una politica di ampio respiro, un orizzonte di decine di anni, interventi strategici e scelte chiare sul campo la dove il fenomeno nasce ma anche, nell’immediato decisioni coraggiose di accoglienza e integrazione.
Stiamo assistendo a fenomeni contraddittori.
Governi che pongono veti e alzano muri, cittadini che si mobilitano e portano aiuto sfidando divieti e minacce di conseguenze legali.
Ma non esiste una soluzione se non quella di farsi carico dei problemi, con efficienza e lungimiranza senza far prevalere quel sentire improduttivo e controproducente che va sotto il nome di egoismo
(dal latino ĕgo, cioè «io»). Ossia l’atteggiamento di chi si preoccupa unicamente di sé stesso, del proprio benessere e della propria utilità, tendendo a escludere chiunque altro dalla partecipazione ai beni materiali o spirituali ch’egli possiede e a cui è gelosamente attaccato. O ancora nel linguaggio filososofico (detto più propriamente solipsismo), dottrina secondo la quale l’esistenza di ogni altro soggetto non è che fenomeno della coscienza del soggetto che se lo rappresenta; o secondo la quale il fine di ogni azione umana è sempre e soltanto l’interesse individuale dell’agente.
Ecco, di fronte alla miseria etica di questa descrizione, appare evidente che quel che dobbiamo fare è ben diverso, di segno diametralmente opposto, senza se e senza ma. Con rigore e decisione e anche con grande severità per bloccare traffici, infiltrazioni criminali o terroristiche che fanno purtroppo sempre da corona alla disperazione, alla povertà e alla morte che esse producono ormai da troppo tempo davanti ai nostri occhi!

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::autore_::di Roberto Mostarda::/autore_:: ::cck::768::/cck::

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