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Viaggiare in Italia non è solo cercare spiagge assolate, borghi incantevoli di opere d’arte o maestose montagne incontaminate, ma anche cercare la civiltà…
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Viaggiare in Italia non è solo cercare spiagge assolate, borghi incantevoli di opere d’arte o maestose montagne incontaminate, ma anche cercare la civiltà di una regione o di un piccolo paese attraverso la sua tradizione culinaria, spesso veri capolavori dell’uomo che con pochi ingredienti, ma lavorati intelligentemente, ha saputo elaborare vere opere d’arte del gusto.
Quest’anno al padiglione di Expo a Milano “No farmers, no party” la Coldiretti ha presentato l’eccellenze gastronomiche nostrane con la consegna delle “Bandiere del gusto 2015” a 73 nuovi prodotti, portando a ben 4886 eccellenze alimentari regionali riconosciute, lungo tutta la Penisola, con la Toscana capolista del buon cibo con ben 461 Bandiere, seguita con un breve distacco dalla Campania con 457 eccellenze.
A giudizio del presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo, le tante Bandiere del gusto sono: “il risultato del lavoro di intere generazioni di agricoltori impegnati a difendere nel tempo la biodiversità sul territorio e le tradizioni alimentari”. Non solo, dunque, di risorse locali dall’ambito circoscritto, ma “di un bene comune per l’intera collettività e di patrimonio anche culturale sul quale l’Italia può contare per ripartire”.
Un viaggio entusiasmante tra prodotti agroalimentari che rappresentano oltre la tipicità culinarie con ricette e specialità locali, ma la stessa civiltà di un popolo.
Seguendo lo schema della Coldiretti attraverso le “Bandiere del gusto” si può attraversare la Penisola con un’ottima guida che aiuta ad orientarsi e a non perdere nessuna occasione di gustare le specialità a km zero.
É bene ricordare però che per entrare a far parte di questo ambito riconoscimento non basta essere buono e genuino, ma deve essere ottenuto secondo regole tradizionali di almeno venticinque anni.
Leggendo il documento della Coldiretti, troviamo delle interessanti curiosità: a primeggiare sono i diversi tipi di pane, pasta e biscotti, 1490 in totale, seguiti da 1366 qualità di verdure fresche o lavorate.
Considerevole la presenza di salami, prosciutti, carni fresche o insaccati di diverso genere ben 782 e di formaggi con 488, tanto da fare invidia alla Francia, mentre i piatti composti e i prodotti gastronomici, comprese bevande analcoliche, liquori e distillati sono 143.
Infine troviamo 155 altri prodotti di origine animale come ad esempio il miele e 153 preparazioni di pesci, molluschi e crostacei.
Insomma, un vero tesoro per i buon gustai perché la fantasia italiana in fatto di cibo non conosce limiti specialmente quelli regionali.
Facciamo un esempio: chi conosce gli ‘ndremmappi di Jenne? È un tipico piatto della transumanza dell’Alta Valle dell’Aniene a base di pasta povera, ottenuta da farina integrale, acqua e sale, insaporita con un sugo fatto con olio, aglio, peperoncino, pomodoro e alici: piatto semplice ma da leccarsi letteralmente le dita.
Così anche la soperzata di Rivello, in Basilicata, un salume prodotto da oltre tre secoli che si distingue per qualità e metodi di produzione dai tanti insaccati analoghi diffusi in tutto il Meridione d’Italia per un sapore molto particolare.
Lo stesso per le paccucce di Colmurano nelle Marche, spicchi di mela qualità rosa, messi ad essiccare al sole o al forno per essere poi utilizzati in vario modo, in particolare nella preparazione di dolci e crostate e mantenuti per l’inverno immersi nella sapa, un condimento tipico di Emilia, Romagna, Marche e Sardegna, considerata tra i sapori tipici dell’alimentazione contadina.
Un discorso a parte meritano anche quegli agricoltori che con grande fatica hanno recuperato prodotti che sembravano finiti per sempre come il caso del carciofo di Mola condannato da una malattia che ne causava l’avvizzimento ancora allo stato germinale, mentre oggi questa eccellenza è tornata sulle tavole con tutto il suo antico gusto.
Oltre ai paesaggi e all’arte per chi percorre l’Italia al viaggio non dovrebbe mancare l’assaggio di qualche nostra eccellenza gastronomica che, come mi ha detto un ristoratore fiorentino, è come andare agli Uffizi e contemplare la “Primavera” di Botticelli, solo che in questo caso si può anche gustare.
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::autore_::di Amedeo Feliciani::/autore_:: ::cck::857::/cck::