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Il 2 dicembre 1964 all’Università di Berkley in California, un giovane studente di origine siciliana, Mario Savio, durante un’assemblea degli universitari che protestavano per chiedere il diritto al voto dei neri americani, prende la parola.
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Il 2 dicembre 1964 all’Università di Berkley in California, un giovane studente di origine siciliana, Mario Savio, durante un’assemblea degli universitari che protestavano per chiedere il diritto al voto dei neri americani, prende la parola.
Il suo discorso, breve, conciso, ma perfetto, viene considerato ancora oggi uno dei più bei discorsi di tutti i tempi insieme a quello del presidente Lincoln al campo di Gettysburg.
Mario Savio rivendica il diritto degli studenti ad essere trattati come esseri umani pensanti e non come il semplice prodotto di una società che vuole plasmarli per i suoi scopi. Inizia quel giorno la rivolta dei giovani americani che in Europa diventerà famosa come ‘il 68’. In quei tempi i ragazzi statunitensi morivano in un luogo oscuro della terra chiamato Vietnam e l’America iniziava a porsi una domanda terribile: perché?
Stanchi di una guerra che non capivano, i giovani californiani furono spinti alla ribellione contro un sistema che voleva sfruttarli in cambio di un ‘sogno americano’ che nella giungla vietnamita si era trasformato in incubo.
Il fermento del mondo giovanile d’oltre oceano era iniziato anni prima con la ‘Beat generation’: Poeti come Allen Ginsberg e Gregory Corso, scrittori come Jack Kerouac e William Seward Burroughs, furono gli interpreti di una ribellione contro un modo di vivere che iniziava a diventare sempre più alienante, una società in cui l’uomo stava trasformandosi in un ingranaggio inconsapevole di una macchina di cui aveva perso il controllo.
L’America puritana e bigotta reagì imprigionando, vietando, perseguitando coloro che osavano ribellarsi, ma la rivoluzione era iniziata e non poteva più essere fermata.
I giovani di allora trovarono un modo di esprimersi attraverso la musica che divenne a volte irruenta, a volte triste, ma sempre concepita per esprimere un malcontento di ragazzi che non accettavano più il trinomio ‘soldi, carriera, benessere’.
Nacquero gruppi contestatori, gli hippy che predicavano la pace universale, si formarono le ‘comuni’ di ragazzi che scappavano di casa per condurre una vita diversa e fuori dagli schemi insieme a loro coetanei, si formarono gruppi musicali come i Jefferson Airplaine e vennero alla ribalta cantautori come Bob Dylan che interpretavano con le loro canzoni il malcontento e la voglia di cambiare il mondo dei loro fans.
In Europa la ‘rivoluzione’ arrivò con il famoso ‘Maggio francese’ e il vecchio Continente trasformò una ribellione genuina in un fenomeno politicizzato che avrebbe in breve tempo prodotto le Baader Meinhof in Germania e le Brigate Rosse in Italia.
La voglia di libertà nata al di là dell’Atlantico, si trasformò in fenomeno prettamente politico cavalcato da partiti che lo sponsorizzavano per i loro interessi e mentre gli hippy americani leggevano ‘Howl’ di Ginsberg, i loro coetanei in Europa leggevano il Capitale di Marx ed il Libretto Rosso di Mao.
L’America aveva voglia di libertà, l’Europa, forse inconsapevolmente cercava nella tirannia un’alternativa all’alienazione.
Gli adolescenti europei predicavano ‘l’immaginazione al potere’, ma si facevano promotori di ideali politici che all’immaginazione tarpavano le ali. Rifiutando la realtà, qualcuno sia nel vecchio continente che in America, iniziò a cercare paradisi artificiali.
Negli USA, Timothy Leary predicava l’uso della droga ed in particolare degli allucinogeni per ‘allargare l’area della coscienza’, come diceva Ginsberg.
In breve tempo, droga e politica trasformarono il movimento studentesco europeo in una banda di allucinati. La contestazione si trasformò in rabbia impotente, la ribellione in terrorismo.
Negli USA le cose andarono diversamente.
I giovani americani crebbero, divennero adulti e con l’età matura arrivò il disincanto.
Non cedettero alle facili illusioni della lotta armata, ma si resero conto che il cambiamento del mondo e la pace universale erano programmi troppo ambiziosi per loro e che la reazione del sistema al loro programma era al di là di quanto potessero sopportare e così, lentamente tutto si esaurì.
In Europa e specialmente in Italia, la marea della contestazione provocò la risacca del terrorismo e la droga finì per trasformare i giovani idealisti che sognavano la libertà, in schiavi dell’eroina.
Che cosa rimane dopo oltre cinquant’anni dal discorso di Mario Savio al campus di Berkley? Purtroppo nulla, al di là del fenomeno musicale che si può comprare nei negozi o scaricare da internet. Crosby, Still, Nash & Young, tra i più genuini interpreti di quei tempi cantavano: “Vieni a Chicago se vuoi cambiare il mondo, mostra la tua faccia se credi nella libertà e nella giustizia. Noi possiamo cambiarlo, possiamo rimetterlo in ordine”.
Purtroppo non ci sono riusciti.
Il mondo è cambiato, ma non come avrebbero voluto loro. Non è cambiato per merito loro, ma nemmeno per colpa loro.
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::autore_::di Riccardo Liberati::/autore_:: ::cck::954::/cck::