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Le due lezioni da Parigi: democrazia e clima

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Ambiance Cop21 Paris 9/12/2015. Photo: F.de La Mure/Maedi
Roma, Dicembre – In pochi giorni, Parigi ha inviato al mondo due lezioni fondamentali sulla democrazia e sul clima, che i media hanno trattato come questioni separate, anche se in realtà, non possiamo più continuare a ignorare il comune denominatore che lega i due argomenti: la democrazia è in declino.

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Roma, Dicembre – In pochi giorni, Parigi ha inviato al mondo due lezioni fondamentali sulla democrazia e sul clima, che i media hanno trattato come questioni separate, anche se in realtà, non possiamo più continuare a ignorare il comune denominatore che lega i due argomenti: la democrazia è in declino.
Mentre tutti i media hanno riportato la sconfitta del Fronte Nazionale (FN) alle elezioni locali francesi, pochi hanno ricordato la vecchia osservazione che vincere una battaglia non significa vincere la guerra.
Non vi è dubbio che il FN sta diventando un partito importante. In queste elezioni, il sistema politico tradizionale, rappresentato dal centro-destra di Nicolas Sarkozy e dal socialista, sotto la guida di François Hollande, hanno unito le forze ancora una volta, lasciando fuori Marine Le Pen.
Tuttavia, è giunto il momento di considerare che la destra in Europa così come negli Stati Uniti, sta andando oltre l’essere nostalgica e xenofoba. La sua crescita in tutti i paesi europei è dovuta a un numero crescente di cittadini scontenti, molti dei quali provengono dalla classe operaia e dagli strati più poveri della società.
Cittadini che in precedenza hanno votato a sinistra e che ora si confessano frustrati per il disfacimento delle strutture di assistenza sociale, per la disoccupazione loro e dei loro figli, per uno Stato che si sottomette al mercato, con la crescente ingiustizia sociale, con l’immigrazione, che sentono come una minaccia, per la perdita della loro identità nazionale e una corruzione scandalosa.
Questo crea una nuova categoria, che potremmo definire “economia del nazionalismo”, che vuole ritirarsi da qualsiasi intrusione straniera, che sia dell’Unione Europea, degli immigrati, della NATO o delle multinazionali. Guardano ai partiti tradizionali come un meccanismo auto-referenziale delle élite esentate dalla resa del conto, interessate a perpetuarsi al potere senza fornire ai cittadini ciò di cui hanno bisogno.
Una miscela di xenofobia, nazionalismo, nostalgia di un passato migliore, l’appello ad una economia per migliorare la nazione senza dare spazio alle forze ed istituzioni straniere, è un tetto abbastanza grande per ospitare una parte crescente dell’elettorato.
I partiti tradizionali hanno fatto tutto il possibile per rendere possibili tali sentimenti. Si basano sempre più sulle cifre e meno sulle idee e su una visione per il futuro. Hanno perso la classica struttura di partito di appartenenza, per diventare sempre più movimenti di opinione pubblica, con la campagna più proclive a lanciare immagini di marca che programmi.
Mentre scrivo, il primo ministro italiano Matteo Renzi stava dicendo ai suoi seguaci quello che molti dell’élite politica stanno pensando. Non c’è più una sinistra e una destra, ha detto, spiegando che il suo partito (Partito Democratico) si convertirebbe in un partito della nazione, in sostituzione del partito di centro-sinistra con il quale si è insediato nel dicembre 2013.
Questa mancanza di identità della sinistra ha portato ad un successo dei politici di destra, prima in Ungheria e poi in Polonia, i cui leader affermano di agire in nome della nazione, e insistono sul fatto che non esiste più una opzione di sinistra.
Nelle prossime elezioni presidenziali francesi del 2017, non è scontato che Marine Le Pen sarà messa nuovamente fuori dal sistema. Anche se il trucco dei due partiti tradizionali di erigere una diga unendo le forze ha svolto la sua funzione finora, tuttavia può convincere molta gente che il FN è in realtà vittima del sistema.
Hollande è riuscito a salire nei sondaggi grazie ad una guerra molto costosa che ha avviato contro l’ISIS. Questo ridurrà ulteriormente le risorse finanziarie necessarie per affrontare i problemi, il che fa sì che i cittadini scontenti lascino il Partito socialista e sostengano il FN, a cui bisogna aggiungere i giovani arabi esclusi di seconda e terza generazione che se ne vanno nell’ISIS.
Non possiamo permetterci di ignorare che dopo la crisi economica del 2008, la destra è in crescita in tutti i paesi europei. La politica della sinistra, di imitare la destra, consolida una tendenza che ha di fatto rafforzato la corsa verso destra.
Se oggi si celebrassero elezioni per creare l’Unione Europea, in gran parte mancherebbe l’ampio consenso che ha accompagnato la sua fondazione. Sarebbe possibile oggi, adottare la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo?
L’ultimo sondaggio World Values Survey ha rilevato che la democrazia come concetto è sempre più fragile. Un numero crescente di cittadini sarebbe disposto ad accettare un sistema non democratico, se questo fosse più efficiente per soddisfare ciò che essi considerano le proprie esigenze vitali.
Basti pensare che negli Stati Uniti, dove nel 1956 solo uno su 15 aveva accettato di “sottostare al regime militare”, ora quel numero è salito a uno su sei. Tra i nati dal 1980, solo il 30% ha dato grande importanza al vivere in una democrazia. Un altro terzo degli americani pensa di non vivere in un paese democratico.
Le prossime elezioni negli Stati Uniti avranno un costo stimato di almeno 4.000 milioni di dollari, rispetto ai circa 468 milioni di dollari che sono stati spesi finora. Meno di 400 famiglie hanno contribuito con circa la metà di quei soldi. I fratelli Koch, magnati del petrolio, hanno annunciato che doneranno circa 1.000 milioni di dollari.
Non c’è da meravigliarsi se un cittadino ritiene che il suo voto non ha lo stesso peso, mentre Donald Trump, il soggetto che lotta contro il sistema, è visto come una nuova voce che non fa parte della vecchia cricca politica che ha causato la contrazione la classe media.
E questo ci porta al Vertice sul Clima. Uno dei più gravi limiti del patto sul clima è che non è un trattato e quindi non è vincolante. Ciò è dovuto al fatto che il Congresso Repubblicano degli Stati Uniti liquiderebbe immediatamente qualsiasi trattato sul clima.
La posizione ufficiale è che il cambiamento climatico non esiste, ma si tratta di un complotto internazionale contro il settore energetico degli Stati Uniti.
Mitch McConnell, il leader repubblicano che ha guidato l’assalto contro l’agenda del cambiamento climatico del presidente Barack Obama, ha dichiarato: “Prima che i nostri partner internazionali stappino lo champagne, bisogna ricordare che si tratta di un’offerta irraggiungibile sulla base di un piano nazionale di energia probabilmente illegale, che la metà degli stati ha presentato una citazione in giudizio per bloccarla e che il Congresso ha già votato respingendola”.
Come evidentemente è impossibile pensare che i senatori repubblicani non sappiano che il 66 per cento degli statunitensi appoggi un trattato vincolante sul clima ed il fatto che il maggior contributo per scegliere le preferenze proviene da Koch, le preferenze dei legislatori della camera alta sono un chiaro esempio di come i politici possano essere isolati dalla realtà se è nel loro interesse.
È sufficiente avere 51 senatori– cioè la maggioranza nel Senato di 100 seggi – per bloccarequalsiasi cosa vogliano 7,5 miliardi di esseri umani.
Ciò significa che l’obiettivo che ogni paese decide per propria volontà non avrà applicazione pratica. La prima valutazione della situazione si terrà nel 2018 e ancora una volta il mondo dipenderà da una persona che è il presidente degli Stati Uniti. Qualsiasi repubblicano, cambierà completamente la posizione degli Stati Uniti e diversi paesi saranno felici di assecondarli.
Il fatto è che probabilmente è troppo tardi per invertire il disastro che abbiamo creato. Se 20 anni fa, in occasione della prima Conferenza sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite a Berlino la questione del cambiamento climatico fosse stata presa sul serio, avremmo avuto il tempo di farlo. Ma ora, siamo già 1 grado Celsius sopra la temperatura della rivoluzione industriale.
Gli impegni assunti dai paesi, porteranno ad un aumento di almeno 3,7 gradi Celsius. L’obiettivo era di non superare i 2 gradi. Questo obiettivo è stato ampiamente conosciuto come un espediente politico per avere il consenso di tutti, ma in realtà già un aumento di 1,5 avrebbe portato gravi problemi.
L’organizzazione di ricerca Climate Center recentemente ha scoperto che un aumento di 2 gradi inonderà 280 milioni di persone e che con 1,5 gradi “solo” 137 milioni sarebbero sommersi. Ma se abbiamo già usato uno dei due gradi centigradi, prima di raggiungere un accordo, come potremo essere in grado di rimanere nell’1,5 se cominciamo così tardi?
La cosa incredibile è che il cambiamento climatico è sostanzialmente trattato come un problema tecnico con implicazioni politiche. In realtà, il vero problema del cambiamento climatico è una questione di giustizia, come l’enciclica Laudato si’ (in dialetto umbro; Lodato, in spagnolo) ha cercato di far valere.
Le nazioni industrializzate si sono arricchite bruciando combustibili fossili negli ultimi 200 anni: paesi che rappresentano solo il 10% della popolazione mondiale sono responsabili di circa il 60% dei gas ad effetto serra ora nell’atmosfera.
Di conseguenza, hanno un “debito ecologico” con i paesi che sono ora in via di industrializzazione. L’Agenzia internazionale per l’energia stima che, ponendo il clima sotto controllo (a 2 gradi), saranno necessari 1.000 miliardi di dollari entro il 2020.
Tuttavia, il Patto di Parigi si impegna soltanto a mobilitare 100.000 milioni di dollari entro il 2020, cosa che rappresenta solo un decimo di quello che è richiesto, senza che vi sia alcun obbligo di aumentare questa cifra, ma solo un’aspirazione per la revisione nel 2025.
Naturalmente 100.000 milioni di dollari è una grande somma. Tuttavia, il Fondo Monetario Internazionale, che non è un campione di giustizia sociale, ma solo del rigore monetario, ha appena pubblicato uno studio che segnala che i sussidi energetici globali al netto delle imposte sono aumentati di 3.000 milioni all’anno dal 2011 al 2015 e si tratta dell’incredibile quantità di 5,3 miliardi di dollari quest’anno, pari a circa il 6,5 per cento del prodotto interno lordo globale, che, secondo il FMI, è significativamente più di quanto i paesi emergenti e di basso reddito spendano per la salute pubblica e per altre priorità sociali ed economiche di base.
I paesi industrializzati hanno speso 14.000 miliardi per salvare le banche, più di quanto gli stessi paesi hanno speso per la salute e l’istruzione dopo la crisi del 2008.
Il vertice di Parigi ha ignorato una serie di importanti questioni: i diritti umani, il finanziamento dei fondi per le persone dei paesi poveri, le vittime dei cambiamenti climatici, già che l’ONU stima che entro il 2050 potrebbero esserci più di 250 milioni di rifugiati climatici, una categoria semplicemente inesistente nel diritto internazionale.
E potremmo continuare a parlare delle molte incongruenze e buchi nel Patto. Ma ciò che è chiaro è che abbiamo in assoluto un sistema assolutamente minimo di governance globale.
I cambiamenti climatici si aggiungeranno alla sensazione di insicurezza di molti cittadini del mondo. I paesi poveri, ovviamente, soffriranno una quota sproporzionata di disastri. Ma i paesi industrializzati dovranno cambiare qualcosa nel loro stile di vita. Senza di questo, la sola azione dei governi sarà in gran parte insufficiente a conservare il pianeta come lo conosciamo oggi.
E’ interessante osservare come gli attori politici di Parigi hanno visto ciò. Hanno fatto diverse dichiarazioni che riconoscono che il Patto climatico non risolve il problema della stabilizzazione del nostro clima.
Naturalmente, le dichiarazioni allegre hanno fatto in modo che questo sia solo l’inizio di un processo ed il continuo progresso si avrà in futuro, per cui dobbiamo essere ottimisti.
Questo è perché sono convinti che i mercati avranno un ruolo forte, investendo in nuove tecnologie in grado di accelerare il processo. Ovviamente i mercati non hanno nulla a che fare con la questione della giustizia.
Poco è stato detto circa la vera forza per il cambiamento: i cittadini di tutto il mondo hanno preso iniziative nello spazio pubblico per chiedere che i governi agiscano prima che sia troppo tardi.
Tutte queste azioni dei cittadini hanno iniziato con la dichiarazione Limite per la Crescita, del Club di Roma nel 1972. Ci sono voluti quasi 50 anni perché i leader politici accettassero che il problema esiste.
Allora avevamo dati innegabili di caldo record di scioglimento dei ghiacciai, di espansione di deserti, di intensificazione degli uragani. Ma questo non era sufficiente per avere l’attenzione di quei leader politici per ascoltare la realtà e le persone e così raggiungere un accordo. Nel 2009, questo era ancora in discussione a Copenaghen. Abbiamo dovuto aspettare fino al 2015…
Parigi ora apre la strada per l’umanità. Nel 2050 sapremo di quanti gradi avremo superato il nostro clima normale. Quindi, quello che già si può dire con certezza è che il crescente deterioramento del pianeta aumenterà il senso di insicurezza in cui viviamo: il terrorismo è solo l’ultimo colpo.
Mentre i governi continuano ad aspettare che il mercato faccia il suo lavoro, la disaffezione dei cittadini potrà solo crescere. Il premio Nobel Paul Krugman ha scritto un articolo, “Autorizzare la mostruosità”, dove si riflette sui Trumps e le Le Pen, che stanno aumentando. “Questa mostruosità è stata resa possibile grazie alla classe dirigente tradizionale, che ora reagisce così inorridita dall’apparenza che stanno prendendo gli eventi… ora si trovano ad affrontare il mostro che hanno contribuito a creare.”
Ma non dobbiamo dimenticare che si tratta di uscire da un processo simile a quello che gli “Uomini della Provvidenza” hanno creato e di cui si sono fatti carico i governi democratici. Abbiamo vissuto negli ultimi 20 anni, dopo la caduta del muro di Berlino, in un’epoca di avidità incontrollata.
Ora stiamo entrando in un periodo di paura e insicurezza, che nella nostra vita si sono aggiunti alla avidità già radicata.
Dobbiamo essere d’accordo che la paura e l’avidità non sono pilastri della democrazia…

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* Giornalista italiano-argentino. Co-fondatore ed ex direttore generale di Inter Press Service (IPS). Negli ultimi anni ha anche fondato Other News, un servizio che fornisce “informazioni che i mercati eliminano”. Other News. In spagnolo: www.other-news.info/noticias/ in inglese: www.other-net.info

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::autore_::di Roberto Savio *::/autore_:: ::cck::970::/cck::

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