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Ferdinand ed il telefonino particolare

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Foto di Rudolf Rabatin - Own work, CC BY-SA 3.0, $3 © Licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Ferdinand non sapeva se andare o no. Gino era un caro amico e lui gli si sentiva molto vicino, e anche se nonostante avessero passato poco tempo insieme, si erano trovati quasi subito.

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Ferdinand non sapeva se andare o no.
Gino era un caro amico e lui gli si sentiva molto vicino, e anche se nonostante avessero passato poco tempo insieme, si erano trovati quasi subito. Ma ultimamente la faccenda delle sue invenzioni si era andata approfondendo, quasi aggravando.
L’ultima era quella dell’ombrello capovolto all’insù che raccoglieva l’acqua piovana e facendola passare attraverso uno speciale dispositivo, la trasformava in acqua alcalina, che venendo direttamente dal cielo, aveva una purezza superiore. E così l’aveva commercializzata incontrando un notevole successo di vendite.
Però l’Istituto Superiore della Sanità, che aveva effettuato delle analisi sui campioni di Roma e Milano aveva trovato altamente inquinata e quindi tolta dal commercio, con la riserva di avvalersi contro di lui per eventuali danni riportati dalla popolazione. Figurarsi cosa aveva sbandierato la Lega Nord su una invenzione di uno di Salerno.
Comunque lui sentiva di non poter dire di no a quell’invito e, fu così che dopo un viaggio avventuroso arrivarono a Pontecagnano, provincia di Salerno. Non c’era al mondo un posto dove cucinassero una pizza così buona, infatti nonostante avessero prenotato dovettero aspettare un bel po’, ma ne valse la pena.
Dopo la prima pizza Gino gli pose il suo telefonino davanti e gli disse: «Chiamami!»
Ferdinand, pensando ad uno dei suoi soliti scherzi, gli disse va bene e, fra uno spicchio di pizza ed un altro, lo chiamò. Al primo, squillo il telefonino di Gino fu preso da un fremito e iniziò una danza tremenda. Ed iniziò a deformarsi, cambiando completamente forma, fino a prendere la forma di un grosso punto interrogativo.
«Ecco la mia ultima invenzione» disse Gino, con una punta di soddisfazione. «Non ero sicuro che funzionasse e volevo che voi foste i primi a vederla.»
Anita non stava nella pelle dalla voglia di saperne di più, di vederlo, di averlo.
Ferdinand, un po’ più cautamente, chiedeva a Gino come lo avesse costruito e cosa ne volesse fare e quali caratteristiche avesse.
«Beh,» rispondeva lui un po’ incerto, «a dire il vero a me interessava solo realizzare questa idea, dell’uso che possa farne non saprei, devo pensarci, anzi questo è uno dei motivi per cui ti avevo chiesto di venire qui, anche se ormai penso che sia troppo tardi. Questo telefonino è in grado non solo di capire chi chiama, ma anche il motivo per cui lo fa e cambia forma di conseguenza in modo tale da renderlo evidente.»
«Portentoso!» Diceva Anita estasiata, e provò a chiamarlo a sua volta.
Il telefonino squillò e subito si trasformò in un cuore vibrante, come in effetti era il suo in quel momento, rosso fuoco.
«Ma puoi rispondere?»
«Certamente,» disse Gino prendendo il telefono che continuava a pulsare fra le sue mani, pur conservando tutte le sue funzioni, anzi! Questi suggeriva, ispirato, se così si può dire, solo delle frasi che erano consentite vista la qualità della chiamata, anzi di chi chiamava. Cioè non potevi pronunciare altre parole se non gentili se la chiamata era cordiale e viceversa, ad una chiamata ostile venivano fuori in risposta solo parole orrende. Era una specie di macchina della verità! Sia in entrata che in uscita.
Ferdinand era fuori di testa, «Ma come è possibile tutto ciò?» chiedeva a Gino.
«Guarda è nato tutto per caso, come spesso succede per tante invenzioni. Ho un amico nei servizi segreti e loro spesso interrogano gli arabi sospetti. Non riuscivano a trarre un ragno dal buco, neanche una miserabile ammissione di clandestinità a nessuno. Poi successe che un giorno, mentre interrogavano l’ennesimo sospetto, andava in onda Radio Maria da una radiolina dimenticata in un angolo, una valanga di confessioni! Nessuno degli interrogati riusciva a dire una bugia.
«Da dove venissero, dove erano diretti, quali fossero i loro progetti, tutto, anzi più di tutto, anche le condizioni sociali e morali che li spingevano lontano dai loro paesi, lontano dagli orrori, dalle sofferenze che li avevano trasformati in altre persone, quasi animali.
«Naturalmente gli agenti, sorpresi da quella scoperta, avevano subito informato i loro superiori, attendendosi un plauso ed un riconoscimento, e perché no, un aumento di stipendio, per quella scoperta. Molti problemi sarebbero stati risolti se tutti erano costretti a dire la verità. Tutto alla luce del sole, nessuna menzogna, nessuno avrebbe potuto dire bugie.
«Ti immagini un mondo senza menzogne, Ferdinand? Come potrebbe essere di bello, nessuna truffa possibile, tutto trasparente, forse nessuna guerra, tanto gli altri avrebbero saputo in anticipo le mosse dell’avversario, nessun ufficio delle imposte perché ognuno avrebbe dichiarato il vero, nessuna menzogna di stato, nessuna bugia politica, tutto liscio, tutto bello.
Nel pronunciare queste parole però gli occhi di Gino erano inspiegabilmente tristi.
«E allora?»
«E allora vennero tutti convocati urgentemente dal Prefetto che iniziò così: io pensavo di avere in voi un corpo scelto, dei migliori, ma mi sono dovuto rendere conto del contrario. Ma cosa avete nel cervello? Segatura? Vi immaginate un mondo nel quale si debba sempre dire la verità? Come la mettiamo con i vari Presidenti della Repubblica, del Consiglio, della Magistratura, del Sindacato, dei Partiti Politici, e così via? Una rivoluzione! E voi vi immaginate le conseguenze? No! Perché inimmaginabili. Un mondo senza menzogna non può esistere, anzi l’uomo senza menzogna non potrebbe esistere, sarebbe la fine dell’umanità!
«Il discorso era inoppugnabile, non faceva una grinza e tutti dovettero convenire sull’opportunità di non rendere pubblica la scoperta. Ma neanche per i migranti? No! Per nessuno! Rispose irritato il Prefetto. Il mio amico fu incaricato di distruggere la radio responsabile di tutto ciò, ma colto da rimorso, ne smontò un piccolo microchip che poi mi ha dato vista la mia propensione alle invenzioni. Ora io l’ho adattato alla base di questo telefono che, con l’aiuto di una variazione plastica di una stampante 3D, funziona alla meraviglia, come potete vedere.
«Allora perché sei triste Gino, invece di essere felice? Hai in mano un oggetto straordinario, puoi fare soldi a palate, lo venderai in tutto il mondo, immagina un telefono della verità!
Gino scuoteva la testa, visibilmente triste.
«Sai Ferdinand, anche se io non sono in linea di principio d’accordo con il prefetto, non vorrei sovvertire l’ordine omissivo e menzognero su cui si basa la nostra società, non riesco ad immaginarmi le conseguenze, e visto che ho moglie e figli, ho predisposto un meccanismo di autodistruzione del telefono che a mezzanotte andrà in blackout definitivo, senza rimedio.
Erano le 11.55 e Anita chiese: «Per piacere Gino una ultima telefonata!»
E chiamò Ferdinand.
Il telefono iniziò a ballare sul tavolo trasformandosi ancora una volta in un cuore rosso sangue.
«Bene, grazie Gino, ho avuto la risposta che mi aspettavo.» disse guardando Ferdinand mangiandolo con gli occhi.
«E ora andiamo a letto.»

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::autore_::di Mario Attanasio::/autore_:: ::cck::1042::/cck::

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