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Vituzzo, la festa e l’amore

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MoMA, New York: Pablo Picasso's Les Demoiselles d'Avignon, Foto di Wally Gobetz Cretive commons https://www.flickr.com/photos/wallyg/
La serata era bella, la temperatura, nonostante fosse dicembre, era gradevole. La stagione turistica era stata piena di soddisfazioni di ogni genere, anche per la qualità delle persone.

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La serata era bella, la temperatura, nonostante fosse dicembre, era gradevole.
La stagione turistica era stata piena di soddisfazioni di ogni genere, anche per la qualità delle persone. Era ormai sempre così, le stagioni andavano quasi sempre bene, ma quello che cambiava erano le persone, a volte buone, altre meno.
Dunque, tutto era andato bene, compresa la qualità della gente. Qualità che si rispecchiava in quella serata quando il locale, che aveva aperto quest’anno con grande successo, aveva organizzato una serata speciale. Offriva tutto, drink e cibo, a patto però che tutto fosse asimmetrico e/o capovolto. Che fosse cioè diverso dal normale, dal solito, e soprattutto il contrario di tutto.
Vituzzo aveva una grande voglia di andare, soprattutto perché lì lavorava Mariagiovanna, il suo segreto amore. Non aveva mai avuto il coraggio di dichiararsi, perché con il suo handicap credeva di non avere grandi speranze.
Aveva avuto da bambino la polio e un braccio gli era quasi rimasto appeso al collo. Questo evento lo aveva segnato e tante fantasie, anche erotiche, lo avevano accompagnato durante la sua adolescenza.
Quella sera aveva uno strano presentimento e così si decise ad andare. Per rispettare il principio della serata si mise una protesi ortopedica ad una gamba che facesse da contraltare al braccio offeso.
Il locale era pieno di gente e c’era un capannello di persone all’esterno attaccate a una sigaretta o a uno spinello. Cercò di avvicinarsi al bancone del bar con un’andatura claudicante. Trovò non pochi ostacoli perché era tutto capovolto.
Le donne si erano messe il seno dietro le spalle e il sedere davanti. Gli occhi di quasi tutti si trovavano sotto la bocca, che invece stava sulla fronte. I capelli lunghi delle ragazze cadevano davanti il viso e si aprivano e chiudevano secondo il ritmo del respiro. Alcune di loro si erano messe un braccio al posto di una gamba e viceversa. Le gonne delle ragazze erano larghe sopra e strette di sotto e per sostenerle portavano le bretelle. All’estremità dei piedi si vedevano normalmente dei guanti e alle mani si portavano le scarpe.
I ragazzi, come sempre meno fantasiosi e belli delle donne, portavano quasi tutti i pantaloncini abbottonati dietro, così come le camicie, e i piedi girati all’incontrario. E questo li fregava quando andavano in bagno per la pipì e non potevano trovarlo in tempo e se la facevano sotto trovandosi quasi tutti bagnati, visti i fiumi di birra che scorrevano. Ma a parte un leggero odore, nessuno ci faceva caso in quel casino. Tutto era capovolto.
Vituzzo arrivò finalmente al bancone del bar e la vide. Mariagiovanna serviva la birra direttamente da una pompa, come quando si fa benzina. Le persone aprivano la bocca e lei gli ficcava la pompa dentro e la lasciava così fin quando non erano sazi. C’era una batteria di pompe e lei saltava veloce da una all’altra. Lei per la serata si era tolto un seno e se lo era spostato sulla guancia destra. E i capelli, invece che cadere, andavano in alto in un tripudio di trecce bionde. Picasso non avrebbe potuto fare di meglio.
Vituzzo, trafelato, aprì la bocca e attese il suo turno. Lei finalmente arrivò, lo riconobbe e gli sorrise. Le sue labbra presero una piega strana, avendole messe al contrario, ma lui non ci fece troppo caso, vista la serata.
Mariagiovanna gli ficcò la pompa della birra in bocca facendogli una carezza e sussurrandogli: Vituzzo, come stai bene questa sera, mi piaci proprio. Effettivamente, quella sera la sua menomazione non si notava proprio, anzi, era uno dei più normali.
Fu così che, mentre lei gli si avvicinava per il rifornimento di birra, preso dal desiderio le si attaccò al capezzolo e cominciò a bere. Mai nettare migliore avrebbero potuto godere gli Dei dell’Olimpo.
E, neanche a dirlo, nessuna birra migliore poteva esistere nel creato.
Mariagiovanna, all’inizio visibilmente contrariata, cominciò poi a provare delle strane sensazioni. Non sapeva neanche lei cosa fossero. Non le aveva mai provate prima. Dal suo viso, anzi dal suo seno, si spargevano nel corpo una sensazione di calore e una di leggerezza, accompagnate da una strana estasi.
Questa leggerezza invadeva anche Vituzzo, sempre più attaccato al suo seno, finché non sentirono, ambedue, il terreno scomparire sotto ai piedi. E piano piano cominciarono a levitare. Lentamente si librarono nell’aria fino a cozzare con la propria testa contro quelli che camminavano, capovolti, con i piedi attaccati al soffitto e la testa verso terra. Fra gli urti riuscirono a guardarsi negli occhi e si capirono.
Gli occhi di Vituzzo dicevano tutto: il desiderio, l’affetto, la dedizione infinita, l’amore. Mariagiovanna comprese. E ricambiò. Staccò la bocca di Vituzzo dal suo seno e gli porse le labbra. Mai contatto fu più celestiale.
A lungo si scambiarono messaggi senza parlare. Non c’era più bisogno di parole. In quei pochi momenti si dissero tutto quel che c’era da dire. E poi, improvvisamente, mancò la corrente.
Tutto tornò come prima. E loro tornarono in giù. I sederi e i seni delle ragazze ritornarono al loro posto, le gambe stavano in giù con le scarpe normalmente ai loro piedi. La gente camminava diritta sulle gambe con la testa in alto e il soffitto su di loro era libero.
Ma la protesi ortopedica di Vituzzo era ancora al suo posto, così come il seno di Mariagiovanna era ancora attaccato alla sua guancia. Allora è un sogno, o no? Si chiese lui a voce alta. Forse no, disse Mariagiovanna versandogli la quarta birra.

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::autore_::di Mario Attanasio::/autore_:: ::cck::1070::/cck::

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