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Convinto da alcuni amici devoti alla causa del prodotto bio – naturale: dal sedano alle patate e dai saponi ai vestiti, ho cominciato anch’io la mia marcia verso un mondo finalmente in difesa dell’ambiente e della salute.
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Convinto da alcuni amici devoti alla causa del prodotto bio – naturale: dal sedano alle patate e dai saponi ai vestiti, ho cominciato anch’io la mia marcia verso un mondo finalmente in difesa dell’ambiente e della salute.
Ho cominciato, è vero, ma confesso anche che idealmente ho fatto solo alcuni metri.
Navigando su internet, fonte ormai di ogni sapere, ho cercato siti sui prodotti naturali e del biologico, tutto, ovviamente, rigorosamente a km 0, ma da allora sono cominciate le mie perplessità, ponendomi una domanda: “Ma naturale è sempre sinonimo di qualità?”
Dico subito che non è facile rispondere; molte sono, come in matematica, le incognite su questo tema assai dibattuto e non privo di aspre polemiche.
Dunque, armato di buona volontà ho analizzato tutti i pro e i contro di questo argomento allontanandomi, per quanto mi sia stato possibile, sia dall’esaltazione mistico – religiosa dei naturalisti tout court che dal consumismo sfrenato di qualsiasi cosa purché commestibile, facendo un sunto di quanto letto finora.
Cominciamo dai miei dubbi.
Da decenni esiste una vera religione per tutto ciò che è naturale, solo che qui sorgono i primi dubbi: che cos’è naturale?
Qualcosa che nasce spontaneamente dal terreno senza l’ausilio dell’uomo o che è tipico anche della cultura del luogo?
Se è così, allora cosa sarebbe dei popoli dell’Italia del Nord, solo per fare un esempio, cresciuti per intere generazioni a pane e polenta se Cristoforo Colombo dall’America non avesse portato il mais, lo stesso vale per il re della nostra cucina, il pomodoro, pensate la pizza o la pasta senza questo condimento, così il peperone o il peperoncino, così come alcuni tipi di fagioli o di zucche gialle ed ancora del girasole, dell’ananas, della vaniglia, delle patate, le zucchine, i cetrioli, e persino le gustose noccioline e tantissime altre.
Prodotti che appartengono certo alla storia del nostro territorio eppure nessuno oserebbe dire oggi che non sono naturali e italiani.
Anche perché in natura, ad osservare bene, ci sono tantissime cose del tutto naturali ed anche pericolose, pensiamo ai veleni di un fungo o a quelli delle tossine, perfino le malattie, la cosa più naturale del mondo, ma non per questo me le vado a cercare.
Anche perché tutto quello che compriamo al mercato è frutto di selezioni e modifiche fatte dall’uomo attraverso le tecniche agricole protratte nei secoli, tornando al pomodoro portato da Colombo a quello che oggi abbiamo sulle nostre tavole stenteremmo a riconoscerlo sia per la forma e sia per il sapore.
Ogni cosa va valutata per quello che è, indipendentemente dalla sua origine.
Secondo molti, gli studi scientifici, leggo tutto sempre dai siti internet, dimostrano che le cosiddette coltivazioni biologiche, non solo per le frodi presenti, purtroppo, in ogni comparto dei consumi, non hanno veri benefici per proprietà nutrizionali e organolettiche rispetto ai tipi di prodotti diciamoli commerciali.
Non solo, ma il fatto di un minore impatto sulla terra, argomento che può sembrare ottimo, in realtà è anche il loro “tallone di Achille”. Un ettaro bio produce meno di quello ordinario, così se per sfamare il mondo, è l’accusa che viene mossa, si usassero solo coltivazioni bio la fame invece di diminuire aumenterebbe a dismisura dovendo ricorrere per forza al disboscamento di intere aree a ritmi folli, con tutti i problemi ambientali e sociali che in breve creerebbe.
Ammetto che non ci avevo mai pensato a questa circostanza.
Inoltre, secondo i suoi detrattori, il bio è solo un lusso che si possono permettere le società ricche, altrimenti, come abbiamo accennato, non sarebbe assolutamente sostenibile se non da una minima parte della società.
Dalla parte della barricata opposta, l’ accusa che viene fatta ai prodotti non bio riguarda la sicurezza alimentare per l’uso folle dei pesticidi e della chimica presente nei prodotti per la loro conservazione.
Sembra però che ormai le percentuali di pesticidi residui sui prodotti, anche in quelli dell’agricoltura tradizionale, sono minime, argomento sul quale, nonostante la mia ignoranza in materia, rimango assai scettico, e, comunque, non danneggerebbero la salute degli utenti.
Mentre leggevo queste righe, però, con il pensiero sono andato alle saporite marmellate che faceva mia nonna occupando militarmente la cucina per giorni interi, ma il sapore poi era veramente eccezionale.
Non finisco di rigirarmi tra questi pensieri della mia infanzia che l’occhio cade sul tema degli additivi e dei conservanti, roba che certo mia nonna non usava, ma, secondo queste fonti, sbagliava, anzi, metteva a repentaglio la salute dell’intera famiglia.
Il pericolo di contaminazioni batteriche in casa è più alto rispetto ad un prodotto industriale perché il controllo è indubbiamente più attento, mentre per i prodotti casalinghi chi li controlla?
Quando cucinava nonna, ricordo che solo mio nonno era il responsabile della sua arte culinaria ed oggi mi rendo conto che forse era un po’ pochino per parlare di controllo sanitario.
Secondo ancora altri studi, non possiamo neanche dire quanto era buono il vino, di una volta, rispetto a quello che si produce oggi che ha una qualità certamente superiore, impensabile per i nostri nonni così le mele o le pere.
Potrei continuare per ancora molte pagine, ma credo che alla fine di questa tormentata navigazione su internet, di poter concludere, per quanto mi riguarda, che torno alle mie braciole e alla mia dose quotidiana di ketchup non escludendo, però, mai dalla mia tavola germogli di soia e tofu.
Un compromesso si deve pur fare, non si sa mai.
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::autore_::di Amedeo Feliciani::/autore_:: ::cck::1083::/cck::