L’analisi della vita politica nazionale, delle sue dinamiche e dei suoi percorsi non può prescindere dalla conoscenza di quel che accade tra quanti costituiscono…
L’analisi della vita politica nazionale, delle sue dinamiche e dei suoi percorsi non può prescindere dalla conoscenza di quel che accade tra quanti costituiscono la maggioranza parlamentare ma, soprattutto da quel che si svolge al di fuori di essa, in quelle che attualmente sono le opposizioni. Ancor più la lente è opportuna per comprendere se possibile quelle realtà che sono in teoria nella maggioranza e al tempo stesso non riescono a vestirne l’abito, in perenne conflitto e difficoltà!
Per uscire da questa sorta di metafora un po’ politichese, le considerazioni che facciamo guardano al Movimento Cinquestelle e alla sinistra del Pd. Aree nelle quali esistono certamente energie positive per il paese, a patto che si capisca esattamente in quale direzione si dirigano. E anche per cercare di decrittare quella sorta di complesso psicologico, meglio ancora di sindrome che sembra prendere le diverse “anime” che si agitano alla sinistra del partito democratico. In prima battuta possiamo dire che nella parola sindrome troviamo un significato positivo, quello di concorso, di corsa insieme, letteralmente, per poi subito dopo percepirne invece il significato più comunemente utilizzato, quello di una condizione di dipendenza soprattutto mentale da qualcosa o da qualcuno.
Vertendo su temi di natura politica tralasciamo gli aspetti medici (in cui si potrebbe parlare di concorso di sintomi riferiti ad uno stato patologico) che questa ultima accezione porta con sé, recependone però il valore specifico.
Dall’inizio della legislatura, da quanto cioè gli italiani hanno consegnato l’esatta fotografia del loro sentire nei confronti della politica, non esiste una posizione egemonica ma soltanto prevalente del Pd con la necessità quale primo partito di trovare soluzioni alla necessità di un governo. Di qui i diversi passaggi che hanno portato – senza ricorso alle urne – all’attuale maggioranza di governo che vede la sinistra in accordo più o meno sincero e più o meno efficace con una parte di quello che era il centrodestra ormai ridotto ad un mosaico ancora indistinto.
Un accordo, un’alleanza tattica certo che permette di provare a governare, ma che sin dall’inizio ha provocato mal di pancia e disturbi di vario genere nell’area di sinistra del Partito democratico. Sindromi accentuate dalle scelte del premier Renzi che sembrano privilegiare un equilibrio più al centro del quadro politico.
Ma non è questo che ha provocato la sindrome della sinistra Pd. Basta infatti ricordare sin da Bersani, i tentativi di creare un ponte e un possibile accordo politico con il movimento di Grillo e Casaleggio per affrancarsi da quei “centristi” recepiti come un male da evitare per la purezza della causa e della “ditta”. Un tentativo che si è sempre basato su un assunto assolutamente non pacifico ma vagheggiato dalle illustri menti di una certa elite ormai sconnessa: che i cinquestelle e il loro elettorato fossero espressione della sinistra, di una spinta di sinistra dell’elettorato e che per ciò stesso costituissero un’area elettiva per cercare alleanze di governo. Un’ipotesi politica, tattica e strategica che si è scontrata sempre con il no dei pentastellati. Di qui una vera e propria sindrome stendhaliana per il mosaico di pensiero e di azione politica della parcellizzata area di sinistra del Pd e delle frange già partite per lidi sconosciuti e ancor meno comprensibili.
Una condizione umana e politica che si può comprendere sotto il profilo umano di chi intende sempre preservare la natura ideologica di uno stare a sinistra, ma senza senso se vagliata sull’esistente e sulla natura del movimento esploso alle elezioni sotto la guida dei due guru al grido di “tutti a casa”, versione politica del “vaffa” sociale che lo ha preceduto. Perché alla base dell’azione divenuta politica di Grillo e Casaleggio, vi è proprio questo: la volontà di fare piazza pulita e di eliminare la vecchia politica perché corrotta e incapace di cambiare il paese. Ma per andare dove?
E’ proprio qui che si situa il problema e soprattutto il nocciolo della questione. Superati gli scogli elettorali e con il vento in poppa del paese dei cittadini, i cinquestelle dove sono andati e dove vogliono andare? Si alzi chi può affermare di saperlo e soprattutto riesca a descrivere un disegno politico fatto di idee, linee guida azioni, correzioni. Insomma un progetto descrivibile e percepibile. Che cosa c’è in sostanza dopo il vaffa! Mesi e mesi, oltre un anno di governo Renzi, percorsi parlamentari, qualche amministrazione conquistata, non hanno mostrato alcunché di chiaro e di politicamente sensato. Una navigazione a vista certamente affascinante per alcune visioni apolitiche, ma poi tremendamente insufficiente sotto il profilo politico, purtroppo necessario anche per chi la politica la vuole mettere al bando!
In questa nebbia e nelle ombre che in essa si agitano, si situa l’incomprensibile sindrome della sinistra del Pd e di tutti coloro che si richiamano ad essa come a una scialuppa per “salvarsi” dal renzismo. L’ultimo episodio in cui alti lai e accuse di tradimento sono risuonate nelle aule del Parlamento: quello del dibattito sulle unioni civili e la stepchild adoption conclusosi con la fiducia al governo e lo stralcio del secondo punto. Tradimento di chi? Dei cinque stelle vagheggiati dalla relatrice come alleati per il percorso di studio e di analisi durato mesi e mesi fianco a fianco che ha portato al primo testo della legge. E questo perché i seguaci di Grillo e lo stesso guru di fronte a temi etici e di diritto delle persone, si sono trovati senza una vera linea e ancor più con la chiara sensazione di diversi e lontani punti di vista dello stesso loro elettorato. Nel vuoto delle idee, ha prevalso una tattica “politica” prima dilatoria ma con promesse di appoggio, poi di disimpegno e di “libertà di coscienza”! Il risultato una pesante sconfitta per la sinistra Pd e una brutta figura per il movimento i cui percorsi appaiono sempre meno percepibili come dimostra anche la continua erosione dei gruppi parlamentari pur a fronte di una presumibile presa ancora forte sull’elettorato! Ipotesi questa da dimostrare, ma nell’immediato e nelle sue vicinanze, un segnale deprimente e che lascia molti interrogativi insoluti. Anche perché la nebbia si solleva soltanto con il calore o con un vento impetuoso! E qui neppure la meteorologia e i cambiamenti climatici vengono in aiuto. Non c’è da stare molto allegri!
di Roberto Mostarda