Scienza

Maiali per i trapianti nell’uomo

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Scrofa con cucciolo. Foto di Scott Bauer, USDA - http://www.ars.usda.gov/is/graphics/photos/jun01/k9441-1.htm, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=84375
L’imprenditrice americana, Martine Rothblatt, è certamente una donna che guarda al futuro e, grazie alla sua ricchezza, ha speso, per ora almeno, 50 milioni di dollari per la ricerca sui trapianti…

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L’imprenditrice americana, Martine Rothblatt, è certamente una donna che guarda al futuro e, grazie alla sua ricchezza, ha speso, per ora almeno, 50 milioni di dollari per la ricerca sui trapianti, non quelli che conosciamo oggi e che già aprono una serie di problemi medici oltre che etici, ma grazie alla grande richiesta nel mondo di trapianti di organi da impiantare e la scarsezza del “prodotto”, ha pensato bene di finanziare gli studi sui trapianti di organi animali per trapiantarli sul corpo umano con l’animale più prossimo alla nostra specie: il maiale, ovviamente, geneticamente modificato.
Lo scopo della Rothblatt è la creazione di: “una scorta illimitata di organi trapiantabili” ed entro pochi anni, avere il primo trapianto di polmone da maiale all’essere umano.
I maiali geneticamente modificati per questi futuri trapianti, vengono allevati a Blacksburg, in Virginia, dalla Revivicor, una divisione della società di biotecnologia United Therapeutics.
L’impegno della Rothblatt, bisogna ricordarlo, nasce anche da un dramma personale; una delle sue figlie, è affetta da una patologia, solitamente mortale, chiamata ipertensione polmonare, e per questo motivo l’imprenditrice vuole arrivare entro pochi anni al primo trapianto di polmone da maiale a umano.
Ma la ricerca e i suoi investimenti su questo tema non si fermano qui.
Oltre allo studio sui maiali geneticamente modificati, la sua fondazione sta sviluppando ricerche molto complesse per quanto riguarda l’ingegneria dei tessuti dei polmoni e nella criopreservazione degli organi (un processo attraverso cui cellule o tessuti vengono conservati a bassissime temperature ndr) dichiarando pubblicamente che: “Stiamo trasformando il mondo degli xenotrapianti da un problema paragonabile alla missione Apollo ad un semplice compito di bioingegneria“.
Peccato, almeno per l’intraprendente finanziatrice, che non tutto è ancora risolto.
Il problema degli xeno-trapianti (la sostituzione di un tessuto o organo prelevato da un individuo di specie diversa. ndr) è nel deficit immunitario che si scatena proprio contro gli organi da uomo a uomo e quasi impossibili al momento da debellare dagli animali.
Occorrono farmaci sempre più potenti per gestire l’aggressione immunitaria con non poche controindicazioni anche gravi per il ricevente.
Nel 1984 ad un neonato californiano fu trapiantato il cuore di un babbuino. Il piccolo sopravvisse appena tre settimane prima di morire.
Così anche per quanto riguarda gli organi dei suini; i tantissimi test eseguiti con parti dei corpi di maiale su umani si sono conclusi in maniera drammatica come quello di una donna di Los Angeles a cui nel 1992 venne trapiantato un fegato di maiale e morì a poco meno di 34 ore e, non ultimo, un medico indiano nel 1996 trapiantò un cuore di maiale in un essere umano, ma venne arrestato per omicidio.
Insomma, finora tutti i test compiuti con organi di maiale su umani si sono conclusi con un fallimento perché il corpo umano reagisce con ancora più forza ai tessuti di maiale, essendo questi animali geneticamente troppo, nonostante alcune affermazioni, ancora distanti da noi.
Proprio per questo problema, apparentemente insormontabile, David Ayares co-fondatore della Revivicor la Rothblatt insieme ai suoi collaboratori ha affermato: “Stiamo aggiungendo geni umani perché siano gli organi stessi a combattere il rifiuto, piuttosto che dover somministrare quantitativi immani di immunodepressori” non solo, ma ha aggiunto che nel prossimo anno ad alcuni dei maiali verranno aggiunti anche otto geni umani.
Mutazioni che dovrebbero rendere questi organi più compatibili con un corpo umano.
A spegnere questi entusiasmi sono intervenuti però altri ricercatori come Sean Stevens, capo del Mammalian synthetic biology program alla Synthetic Genomics: “Ogni volta che si trova la soluzione ad una causa di rigetto, ne compare un’altra. Si elimina uno strato e ne compare un altro sottostante” e ancora “Non basta conoscere tutti i geni e dire mettiamoli li e abbiamo risolto il problema perché nessuno è in grado di affermare che basteranno 2 o 5 o 100 tentativi.
Bruno Reichart, professore dell’Università di Monaco alla guida di un gruppo tedesco che sviluppa maiali transgenici ha affermato che :”È molto impegnativo arrivare a realizzare un buon maiale, è come vincere la lotteria” e anche se si dice possibilista per questa nuova tecnica, aggiunge che: “Offrire previsioni rispetto alla possibilità di applicazione su esseri umani, non sarebbe serio“.
Come si vede, nonostante l’ottimismo della Rothblatt, non sempre possiamo violentare la natura a nostro piacimento.

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::autore_::di Sergio Lo Martire::/autore_:: ::cck::1206::/cck::

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