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Un tempo i documenti apostolici, come Encicliche, Motu Proprio, Lettere ed Esortazioni, venivano letti e meditati dai cattolici. Oggi papa Francesco ci ha abituati…
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Un tempo i documenti apostolici, come Encicliche, Motu Proprio, Lettere ed Esortazioni, venivano letti e meditati dai cattolici. Oggi, prima di meditarle bisogna purtroppo interpretarle perché, lasciando da tempo l’esortazione evangelica “Il vostro parlare sia sì sì, no no”, papa Francesco ci ha abituati ad una lettura a più strati dei suoi interventi non privi di equivoci anche in merito alla dottrina tradizionale.
L’esortazione apostolica post sinodale del papa, “Amoris Laetitia”, che già fa tanto discutere, non è indenne da questo modo di esporre il suo pensiero. Non è un documento dogmatico né tanto meno dottrinale, ma è l’invito ai fedeli e alla Chiesa in primis ad adottare un nuovo modo per affermare la fede di sempre, avendo a cuore prima l’uomo in tutte le sue manifestazioni (e non Dio come vuole la dottrina cristiana, ndr) cercando di non condannare a priori i suoi comportamenti, anche se sbagliati, ma comprenderne le scelte.
“Prima il peccatore e poi il peccato” è da sempre il motto della Chiesa. Solo che la prassi vuole che la persona in stato di colpa, per ricevere la Comunione, debba prendere atto dell’errore ed essere sinceramente pentito con il fermo proposito di non più ricadervi, altrimenti il sacramento della confessione è nullo – anzi sacrilegio – e questo al di là dei desideri papali.
Molti sono gli argomenti affrontati nelle 260 pagine della Lettera ed ognuno meriterebbe certamente un approfondimento ed una valutazione specifica. In questo articolo prendiamo solo il capitolo più controverso che ha aperto una infinità di polemiche: la questione dei divorziati e la loro possibilità di ricevere l’Eucarestia e partecipare alla vita ecclesiale.
Si afferma – e giustamente – che i divorziati e i risposati “non sono scomunicati”, ma non viene citata in maniera chiara la loro situazione di vivere nel peccato, anzi si afferma che davanti a situazioni complesse o “irregolari” occorre “accompagnare, discernere e integrare la fragilità” valutando caso per caso.
“I divorziati che vivono una nuova unione possono trovarsi – afferma ancora il papa – in situazioni molto diverse, che non devono essere catalogate o rinchiuse in affermazioni troppo rigide”, dunque è un atteggiamento da dibattere e non da condannare in modo assoluto e certo.
In una nota al testo il papa scrive: “In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti. Per questo ai sacerdoti ricordo che il confessionale non deve essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore“. Ma la norma che riguarda il peccato e la sua dura condanna non deriva dal volere arbitrario o sadico che vige nella Chiesa, ma è nella essenza stessa dell’Eucarestia che presuppone la perfetta unione dell’uomo con Gesù Cristo mediante la fede e la carità e chi ricevesse l’Eucarestia in questo stato, come afferma anche san Paolo, si ritroverebbe ad essere una “menzogna vivente”.
Nel Catechismo al n.632, leggiamo che “Chi si comunicasse in peccato mortale, riceverebbe Gesù Cristo ma non la sua grazia. Anzi, commetterebbe sacrilegio e si farebbe meritevole della sentenza di dannazione”.
Ognuno poi è libero di trovare la propria dimensione spirituale, ma la dottrina cattolica da duemila anni afferma senza esitazione questa dottrina senza eccezione alcuna.
Insegnava San Giovanni Paolo II: “La celebrazione dell’Eucaristia, però, non può essere il punto di avvio della comunione, che presuppone come esistente, per consolidarla e portarla a perfezione” (Ecclesia de Eucharistia, § 35).
Certamente con il peccatore bisogna essere sempre misericordiosi, Cristo è morto per questo, ma con il peccato bisogna altresì essere rigorosi perché per il cristiano è una offesa a Dio e non è possibile alcun distinguo o giustificazione, neanche da parte di alcuni in una Curia possibilista come quella attuale.
Tornando ai divorziati, leggevo una intervista del cardinale arcivescovo di New York Timothy Dolan intervistato dal portale statunitense cruxnow.com dice chiaramente: “Non sento questo come un problema pastorale urgente”. Prosegue: “Vorrei ci fossero migliaia di persone davanti alla porta della Chiesa che gridano: voglio la Santa Comunione! Vogliamo tornare nella Chiesa! Vorrei che ci fossero, ma non ci sono”. L’affermazione di un alto prelato come Dolan la dice lunga quando si definisce impellente la questione divorziati.
Sono molto pochi coloro, secondo alcune indagini, che vogliono veramente affrontare un cammino di fede per risolvere la loro situazione ecclesiale, altri – pur definendosi cattolici – il problema lo hanno già risolto secondo la loro coscienza, ma fuori dagli schemi dottrinali.
Leggiamo ancora nella Lettera, senza però specificare i modi, che “altre forme di unione contraddicono radicalmente questo ideale mentre alcune lo realizzano, almeno in modo parziale e analogo“. Non è un’apertura piena alle unioni di fatto, si ribadisce nei Palazzi Vaticani, ma certamente in un prossimo futuro il riconoscimento sarà rivolto (è da scommetterci), anche alle convivenze.
Si afferma infatti che “potranno essere valorizzati quei segni d’amore che riflettono l’amore di Dio” e addirittura vanno “affrontate in maniera costruttiva”.
Ci sembra però una contraddizioni in termini e ci chiediamo come sia mai possibile da parte della Chiesa trovare del buono in un atto che già dalle sue fondamenta è contro la legge divina.
Un’altra asserzione che ha lasciato molti cattolici stupefatti è un mea culpa dove il papa scrive: “Abbiamo presentato un ideale teologico del matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta” e questo “non ha fatto sì che il matrimonio sia più desiderabile e attraente ma tutto il contrario”.
Così, invece di innalzare lo spirito e i cuori verso un alto ideale come ad esempio la Sacra Famiglia, si afferma che è un valore troppo alto. È bene abbassarlo forse alla convivenza o alle famiglie allargate?
Molti esegeti di papa Francesco si affannano in questi giorni ad affermare che la Chiesa sta dando finalmente segnali di rottura con la vecchia e sorpassata tradizione cattolica. Anzi, qualcuno arriva a sperare che questi atteggiamenti papali rappresentino gli scandali per scuotere l’albero ormai vecchio e retrivo di un cattolicesimo fuori dal tempo necessari per svecchiare e dare nuova linfa e una visione più aperta al futuro o – come piace dire oggi – profetica per una nuova Chiesa.
In conclusione, invito sommessamente a meditarela frase di Gesù: “È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!” (Matteo 18) – e a tutti coloro che vogliono rendere la dottrina più aperta alla modernità e, parafrasando una celebre allocuzione di Paolo VI, speriamo solo che non sia il “fumo di Satana” ad entrare nella Chiesa insieme al nuovo che avanza.
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::autore_::di Antonello Cannarozzo::/autore_:: ::cck::1216::/cck::