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Sono passati più di cinquant’anni, ma la sua morte resta ancora avvolta dal mistero. A Torino, fino al 19 settembre, una mostra per festeggiare i novant’anni di Marilyn Monroe.
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Se la chiamassi con il suo vero nome, Norma Jeane Mortenson, probabilmente nessuno saprebbe di chi sto parlando; perché, sebbene sia forse la diva più famosa di tutti i tempi, il mondo la conosce sotto mentite spoglie. Bella, ipnotica, seducente, è diventata una leggenda dal momento esatto in cui ha smesso di essere terrena. Non foss’altro che per il mistero che ancora oggi avvolge la sua morte; si spense all’età di trentasei anni, nel lontano 1962, per un’overdose di barbiturici. Subito si parlò di suicidio, ma i sospetti sulla possibilità di un avvelenamento divennero presto incalzanti.
Corteggiata dai più grandi uomini del suo tempo, molti dei quali divenuti persino suoi amanti, ha intrattenuto relazioni con diplomatici, politici: chi non ricorda la sua tresca amorosa con l’allora Presidente degli Stati Uniti John Kennedy!
Nel 1967, quel grande genio di Andy Wharol decise di cristallizzarla in un celebre ritratto, divenuto emblema della Pop Art, in cui il suo volto veniva riproposto per ben nove volte con delle stravaganti variazioni cromatiche. E da allora quell’effigie si è tramutata presto in simbolo della diva senza tempo che, se non si fosse spenta così giovane, probabilmente a quest’ora sarebbe una delle tante.
Nata nel 1926, oggi avrebbe novant’anni. Nessuno riuscirebbe a immaginare il suo aspetto da anziana, con il volto incartapecorito dell’età, la postura ieratica da perfetta regina Elisabetta – anche lei novantenne da poco. La sua fortuna – se di fortuna si tratta – infatti, risiede nel suo essere rimasta così intatta, così profondamente fresca e ammaliante. Di talento certamente ne aveva, e non solo come attrice. Donna caparbia, tenace, ha fatto della femminilità il suo punto di forza senza mai cadere nella volgarità e nel basso costume. Ogni singola mossa, ogni dannato movimento, era toccato da profonda grazia. Un essere sospeso, una Beatrice dantesca, eterna donna-angelo stilnovista.
Indimenticabile quel passaggio sulla griglia di aerazione, nel film “Quando la moglie è in vacanza”, in cui la sua gonna – volutamente – si sollevò per lo spostamento d’aria provocato dal transito di una metropolitana, lasciando aleggiare sul suo volto un cenno di tiepido imbarazzo pervaso però di profondo compiacimento.
Permettetemi che vi dia ancora delle informazioni. I suoi legami con l’Italia, ad esempio. Senza deludere, dico che di legami con il nostro paese sembra non ve ne fossero affatto. O almeno dalla sua biografia non emerge nessuna informazione a riguardo. Non si hanno neppure notizie di un suo viaggio nel bel paese. Eppure proprio l’Italia ha deciso di omaggiarla in occasione del suo 90° compleanno allestendo una mostra, in scena fino al 19 settembre, al Palazzo Madama di Torino. Esposti più di 150 oggetti personali lasciati al suo maestro di recitazione e mentore Lee Strasberg: vestiti, accessori, contratti cinematografici e poi meravigliosi scatti in cui è stata immortalata da fotografi leggendari come Milton Greene, Alfred Eisenstaedt, George Barris e Bernt Stern, quest’ultimo autore di uno shooting per Vogue realizzato poco prima della morte.
Spicca sempre vivido, quasi ostentato il suo sorriso a trentadue denti. Una maschera? Non sappiamo. Certo è che la sua vita ha rappresentato un’esperienza a metà tra la favola e l’incubo. Ci piace credere, infatti, che proprio il trionfo del secondo l’abbia portata a compiere un gesto tanto estremo: procurarsi la morte. Perché se così non fosse, non esiteremmo a maledire colui che ci ha privato della donna più desiderabile che la storia tramandi. L’unica donna che ciascun uomo sposerebbe senza esitazioni. La donna oltre il mito: Marilyn Monroe.
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::autore_::di Francesco Curci::/autore_:: ::cck::1341::/cck::