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C’è un film da vedere in questi giorni, anche se non è stato molto pubblicizzato, è il francese “Florida”, di Philippe Le Guay. Una trama semplice, che affronta con humor e delicatezza il tema dell’Alzheimer, quando un paziente perde il proprio ‘io’ molto prima che il corpo muoia.
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C’è un film da vedere in questi giorni, anche se non è stato molto pubblicizzato, è il francese “Florida”, di Philippe Le Guay. Una trama semplice, che affronta con humor e delicatezza il tema dell’Alzheimer, quando un paziente perde il proprio ‘io’ molto prima che il corpo muoia.
Ma ciò nonostante non pensate a sequenze di angoscia o di dolore, il regista ha voluto raccontare le fasi di una malattia che, pur nella sua gravità, diventa quasi normale, e, forse, gestibile tanto che alla fine si pensa se i veri malati siamo noi.
Protagonista della pellicola è un ottantenne vitale e ironico, Claude, sempre curato nel vestire che vive in una bella casa signorile nel sud della Francia, ad Annecy, accudito da una solerte governante e dalla figlia Carole la quale si barcamena per gestire un padre difficile e bizzarro, una famiglia complicata e l’azienda di famiglia.
Claude non sopporta essere controllato in tutte le sue attività quotidiane dalle due donne ma per fortuna ha un sogno che gli da la forza di andare avanti: l’idea impossibile di raggiungere la Florida, da cui prende il titolo il film, per rivedere la figlia minore, Alice, la sua prediletta.
Si susseguono situazioni che alternano momenti di tristezza a situazioni divertenti, in fondo, sembra dirci il film, la cosa buona dell’Alzheimer, è che ogni giorno incontri gente nuova.
Nonostante questi momenti di serenità, lo spettatore viene accompagnato nel progressivo peggioramento del male, un destino simile a quello delle tante persone affette da questa forma di demenza.
Una realtà dove le cifre fornite dal ‘World Alzheimer Report’, purtroppo parlano chiaro: solo nel 2015, 46,8 milioni di malati nel mondo e oltre un milione e 200 mila solamente in Italia.
Eppure, quando sembrava che la scienza non poteva fare nulla contro questa infermità, un po’ di luce si comincia ad intravedere, grazie ad uno studio del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) coordinato dall’Istituto di biomedicina e immunologia molecolare (Ibim) in collaborazione con l’Istituto di biofisica (Ibf) che ha realizzato nano particelle in grado di trasportare l’insulina direttamente al cervello.
Il motivo di questa azione è dovuto al fatto che i pazienti con il morbo di Alzheimer hanno manifestato una resistenza all’insulina cerebrale, un fattore di rischio per lo sviluppo della patologia.
“Abbiamo creato delle nano particelle polimeriche ‘nanogels’ – spiega Marta Di Carlo dell’Ibim-Cnr – capaci di incorporare, proteggere e veicolare l’insulina direttamente al cervello. Il team di ricerca ha prodotto questo nano sistema per la preparazione di uno spray intra-nasale. Tale somministrazione è una strategia alternativa per superare la barriera emato – encefalica e arrivare più velocemente al cervello”.
Secondo i ricercatori, tale somministrazione è un incoraggiamento per lo sviluppo di una nuova terapia per l’Alzheimer.
Ma le prospettive incoraggianti non finiscono qui.
La ricerca del team coordinato da Elvira De Leonibus dell’Istituto di genetica e biofisica (Igb) sempre del Cnr, ha identificato un gene importante per il corretto sviluppo dell’ippocampo, la porzione della corteccia cerebrale che ricopre un ruolo basilare per la formazione della memoria a lungo termine.
Il gruppo di ricerca ha scoperto che l’assenza del gene Coup-Tfi produce un difetto nel volume e nella forma dell’ippocampo, determinando in questo modo difficoltà nella capacità di formare memorie stabili e durature.
“Questo studio ha molteplici implicazioni cliniche – spiega De Leonibus – prima fra tutte la possibilità di comprendere difetti cognitivi che si osservano nei pazienti che presentano un’alterazione delle dimensioni dell’ippocampo. In generale, questa scoperta potrebbe avere interessanti ricadute per tutte le patologie in cui si osserva una riduzione del volume dell’ippocampo, quali le malattie neurodegenerative dell’invecchiamento, come l’Alzheimer”.
Al di la di queste confortanti notizie che fanno vedere meno cupo il futuro ben vengano allora film come questo o, come in passato, piccoli capolavori dedicati a questa malattia: ‘Lontano da lei’ (2008) di Sara Polley; ‘Iris, un amore vero’ (2011) di Richard Eyre; ‘Una separazione’ (2012) di Ashgar Farhad; ‘Una sconfinata giovinezza’ (2012) di Pupi Avati; ‘Still Alice’ (2014) di Richard Glatzer e Wash Westmoreland, per ricordare le principali.
Per chi pensa, infine, di poter contrarre in futuro questo male, ricordiamo un consiglio della premio Nobel Levi Montalcini: “Se non riesci a ricordare dove hai messo le chiavi, non pensare subito all’Alzheimer; inizia invece a preoccuparti se non riesci a ricordare a cosa servono le chiavi”.
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::autore_::di Sergio Lo Martire::/autore_:: ::cck::1365::/cck::