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Napoleone, rientrato vittorioso dall’Egitto, pone fine al direttorio ed avvia il periodo del Consolato. Deceduto il Papa Pio VI, gli succede Pio VII che riesce a riportare la sede papale a Roma, ma non a recuperare i territori perduti.
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Sommario
Napoleone, rientrato vittorioso dall’Egitto, pone fine al direttorio ed avvia il periodo del Consolato. Deceduto il Papa Pio VI, gli succede Pio VII che riesce a riportare la sede papale a Roma, ma non a recuperare i territori perduti. Napoleone, a capo di un’armata, valica il Gran San Bernardo e punta su Milano. Con la battaglia di Marengo i francesi tornarono padroni di gran parte dell’Italia settentrionale. A Napoli il re Ferdinando non perdona Luisa Sanfelice di aver collaborato con i repubblicani e, una volta tornato al potere la fece condannare a morte. La narrazione dell’epoca nei distinti su Luisa Sanfelice e sul tiranno re Ferdinando.
Alla morte in esilio di Pio VI il 29/08/1799, il Sacro Collegio convocato dal decano cardinal Giuseppe Albani, si riunì in conclave a Venezia sotto ospitalità austriaca, poiché in quel periodo Roma era occupata dalle truppe francesi, che la abbandonarono nel settembre 1799 sconfitte dalle truppe del Re di Napoli, ponendo così fine alla repubblica romana.
Monsignor Ercole Consalvi, addetto all’organizzazione esterna del conclave, riuscì a far convogliare i voti su Barnaba Chiaramonti, che fu eletto papa il 14 marzo 1800.
Il nuovo papa adotta il nome Pio VII e riporta in luglio la sede papale a Roma, dove viene accolto con manifestazioni di giubilo dalla nobiltà romana e dal popolo.
In agosto nomina il Cardinale Consalvi Segretario di stato. Lo Stato pontificio non riacquista però Ferrara, Bologna e la Romagna.
In Francia, il ritorno di Napoleone dall’Egitto il 9 settembre 1799 e la presa del potere con il colpo di stato del 18 brumaio (9 novembre) 1799 segnò la fine del Direttorio e l’inizio del Consolato.
Alla fine del 1799 l’Italia era stata perduta dai francesi, le cui truppe erano presenti solo in Liguria, dove si recò nel febbraio 1800 il generale Massena, trovando le truppe in uno stato pietoso, e cercò di organizzare la resistenza agli attacchi austriaci.
Di fronte a 30.000 soldati francesi, gli austriaci disponevano di 80.000 uomini e 15.000 cavalli, al comando del generale Melas. L’11 maggio gli austriaci conquistarono Nizza mentre il 19 aprile era cominciato l’assedio di Genova che il 7 giugno si arrese. A difesa di Genova vi erano anche soldati cisalpini e tra questi Ugo Foscolo giovane di 22 anni, che crede fermamente negli ideali repubblicani ed è pronto a gettarsi in ogni mischia, rimanendo ferito ad una gamba da un colpo di fucile.
A sanare la situazione, Napoleone, a capo di un’armata dell’esercito francese il 14 maggio valicò l’impervio Gran San Bernardo a dorso di mulo (emulando Annibale all’epoca delle guerre puniche) e scese in Italia, puntando su Milano. Un primo scontro ebbe luogo il 9 giugno a Montebello, e fu vinto dai francesi, costringendo gli austriaci a ritirarsi ad Alessandria.
La battaglia di Marengo, che ebbe luogo il 14 giugno 1800 alle porte della città di Alessandria, vide fronteggiarsi l’armata comandata da Napoleone Bonaparte e le truppe austriache comandate dal generale Melas. Si concluse con la vittoria di Napoleone. Con la vittoria di Marengo i francesi tornarono padroni di gran parte dell’Italia settentrionale, ottenendo dapprima un armistizio di sei mesi.
La battaglia di Marengo fa da sfondo alla Tosca, famosa opera di Puccini, che ne ricalca l’altenarsi dei momenti: L’azione si svolge a Roma, nel 1800, nell’atmosfera tesa che segue l’eco degli avvenimenti rivoluzionari in Francia, e la caduta della prima Repubblica Romana; parte del primo atto (a partire dall’aria del Sagrestano “Tutta qui la cantoria …” e, particolarmente, il grandioso finale) raffigura la preparazione e il canto del “Te Deum” di ringraziamento per la presunta vittoria come annunciata dal frettoloso dispaccio con cui il generale austriaco von Melas, nell’erronea convinzione di aver vinto, diramò la notizia della vittoria su Napoleone. Nel secondo atto, nel mezzo della drammatica scena della tortura di Cavaradossi, arriva invece la esatta notizia della definitiva sconfitta degli Austriaci, che introduce l’aria “Vittoria, vittoria…” di Cavaradossi. |
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In base al trattato di San Ildefonso, concluso nel 1800 fra la Spagna e l’impero napoleonico, la Spagna restituiva alla Francia la Louisiana, in cambio di un ingrandimento del Ducato di Parma.
A Napoli il re Ferdinando non perdonò a Luisa Sanfelice di aver collaborato con i repubblicani e, una volta tornato al potere nel 1799 la fece condannare a morte. La Sanfelice era giovane e bella, e il suo caso impietosì anche molti accesi nemici della rivoluzione. Sebbene nel 1800 venne concesso un indulto, questo non era applicabile alle sentenze già passate in giudicato. Luisa Sanfelice venne, quindi, decapitata in Piazza Mercato l’11 settembre 1800, tra la commiserazione generale. L’accanimento reale nel volere a tutti i costi quella esecuzione apparve una vendetta a freddo. Tremendi furono i suoi ultimi istanti di vita! Il boia, per sbaglio, lacerò anzi tempo la corda, e la scure, cadendo, le si conficcò in una spalla; allora, dal suo povero corpo agonizzante nel sangue, la testa dovette essere staccata con un coltello. La sua salma fu tumulata nella chiesa di Santa Maria del Carmine.
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::autore_::di Giuseppe Stipo::/autore_:: ::cck::1368::/cck::