La parola

Spacchettamento

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Il caleidoscopio delle parole della politica non finisce di stupirci e non smette mai di evolvere.

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Il caleidoscopio delle parole della politica non finisce di stupirci e non smette mai di evolvere. E sembra quasi alimentarsi con dovizia proprio quando la logica della politica appare confusa, priva di ancoraggi certi, incapace di indicare linee ed obiettivi in modo chiaro.
L’ultimo dei neologismi che sono apparsi, da qualche settimana, sommessamente forse da un po’ di più è: spacchettamento! Vocabolo misterioso e indecifrabile al di là dell’immediato riferimento al suo oggetto, il pacchetto!
La parola naturalmente non esiste in modo stabile nel dizionario, ma è una sostantivazione per così dire, del verbo spacchettare che a sua volta deriva dal più usato impacchettare, per sostituzione del prefisso e ad indicarne l’opposto. Così spacchettare delinea più precisamente l’azione del disfare uno o più pacchetti; o anche l’atto di togliere, svolgere qualcosa da qualcosa d’altro. Con il ché resta evidente la nebbia concettuale su significato del sostantivo dal quale siamo partiti.
Proviamo allora a partire dal verbo originario, impacchettare, che indica l’attività con la quale si involta un oggetto o una serie di oggetti formando uno o più pacchetti; così come il gesto del riempire, del mettere nel pacchetto o nei pacchetti. Si ricorda anche il valore figurato  come l’espressione “se continui a crearmi dei grattacapi, t’impacchetto e ti rispedisco al tuo paese” ; esiste anche, il senso dell’ammanettare o simili come ad esempio quando si usa dire: “l’hanno impacchettato e messo dentro”, intendendosi l’arresto e la carcerazione di qualcuno.
Come si intende facilmente non esiste una grande evoluzione e una grande tradizione dialettica intorno a questa parola nuova e allo stesso verbo originario. Pur tuttavia, nell’evolvere del gergo politico, parlamentare il significato di spacchettamento apparirebbe abbastanza chiaro. Non così il valore di un simile gesto volto a rompere l’unità o la coerenza di un atto legislativo nato da un approfondimento e sfociato in un testo quanto meno coerente con il suo fine.
Naturalmente non è difficile intravedere dietro allo spacchettamento di qualcosa, il tentativo di togliere questa unitarietà, complicare il cammino, pur nell’affermata volontà vera o presunta di approfondire ulteriormente il tema del contendere!
Ecco allora che, nel balletto quotidiano che accompagna il cammino delle riforme costituzionali avviato dal governo Renzi, in vista dell’appuntamento con il referendum, si manifesta in tutta la sua chiarezza il senso dello spacchettare!
In principio era l’afflato mistico delle riforme lanciato con il secondo mandato di Napolitano al Quirinale, in un Parlamento imbarazzante per la sua confusione e inanità, poi venne l’impeto, lo sturm und drang del neo  premier per abbattere steccati, promuovere il rinnovamento della politica e delle istituzioni. Di qui il cosiddetto patto del Nazareno con l’ex cavaliere e quel che restava del centrodestra, quindi la spaccatura dei centristi e l’autonomia parlamentare del governo e della sua maggioranza sempre sostenuta dalla volontà di riformare secondo le linee indicate. Da allora è subentrata la nebbia. Di quel patto nessuno ha voluto dire chiaramente cosa contenesse, ancorché si trattasse di un informale confronto politico. Poi la crisi finale del berlusconismo e i primi scricchiolii nel Pd hanno cambiato lo scenario.
Ora sembra che l’unico a volere le riforme così come concepite (Senato modificato e nuova legge elettorale) sia solo il premier mentre tutti gli altri o cadono dal pero fingendo di essersi svegliati in quel momento oppure come stuoli di altrimenti perspicaci ed intelligenti storicamente esperti costituzionali tuonano con voci da prefiche sui rischi per la democrazia, mentre sino all’altro ieri tacevano, attendendo tempi migliori, invece di ragionare seriamente su correttivi e modifiche coerenti della riforma allo studio!
Ed eccoci al punto. Lo spacchettamento è figlio di questa “ritirata” mentale, per rimanere nel vago, ed è fomentato dalla necessità di impedire che di riforme si tratti veramente! Dopo oltre mezzo secolo di commissioni bicamerali e di comitati di esperti, non solo siamo all’anno zero, ma anche qualche timido tentativo di cambiare figlio delle nuove generazioni, viene considerato inaccettabile, figlio di “svolte autoritarie”, di rischi per la democrazia, di attentati alla Costituzione. Con improvvisa ed incredibile vivacità si moltiplicano le analisi, le parole preoccupate, le “sincere” ansie per l’equilibrio del sistema! Così codicilli, norme secondarie vengono indicate come minacce mortali o possibili pericoli incombenti!
Se da sessant’anni il nostro paese non fosse frenato, impastoiato, dalle sabbie mobili delle vestali autoreferenziali, delle prefiche pro tempore sempre pronte ad entrare in attività, probabilmente avremmo un’Italia leader in Europa e nel mondo, una nazione forte, equilibrata e democratica così come la Costituzione garantisce proprio nella sua capacità intrinseca di avvicinarsi, di accompagnare i tempi che cambiano! Chissà perché i Costituenti fissarono una prima parte intoccabile ed immodificabile fatta di principi fondanti e imperituri, di garanzie per tutti; mentre indicarono chiaramente che agendo secondo le leggi e i principi, la seconda parte della Carta poteva essere studiata e se possibile modificata nella direzione di renderla sempre più capace di garantire al paese il cammino segnato dai principi! Forse perché da persone lungimiranti e certamente, sia consentito, un tantino più esperte di quelle di oggi, intuivano le possibili evoluzioni dei tempi sui quali la Costituzione stendeva il proprio mantello di garanzia!
Invece di concionare a ogni piè sospinto sugli attacchi alla Carta presunti di oggi, forse sarebbe opportuno cominciare a chiedere conto a chi è venuto dopo i costituenti, del tradimento della Costituzione stessa, ridotta ad un totem. Di decine di norme inattuate per beceri interessi corporativi ora di qui ora di lì. Del ritardo incolmabile e sempre più vasto che il paese dimostra dinanzi alla necessità di correre, accelerare per essere competitivo e al passo con quanto accade nel mondo globalizzato!
E’ forte il “profumo” di sentina che logiche come quelle dello spacchettamento e dell’attendismo, come quelle del no a tutto e a tutti, fanno sollevare in chi è attento a quel che accade. E questo senza tornare a scomodare il famoso detto del gattopardo di Tomasi di Lampedusa, “che tutto cambi perché nulla cambi”!

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::autore_::di Roberto Mostarda::/autore_:: ::cck::1430::/cck::

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