La parola

Regola

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In principio, potremmo dire il termine regola règola, dal lat. regŭla (a sua volta derivato da regĕre, ovvero «guidare diritto»)…

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In principio, potremmo dire il termine regola règola, dal lat. regŭla (a sua volta derivato da regĕre, ovvero «guidare diritto»), significò dapprima «assicella di legno, regolo», quindi uno strumento e poi per traslato «regola o norma». Significato questo che ci avvicina al concetto più consueto e costante nella vita associata delle comunità umane! Ancora un riferimento laddove la parola al maschile, regolo, definisce per analogia del passaggio semantico, il cosiddetto canone.
Tra i significati più importanti vi è quello che indica il modo di svolgersi ordinato e costante che si riscontra nella quasi totalità di alcuni fatti, nel campo della natura o dell’agire umano. Oppure l’enunciazione di tale modo, che può o deve essere presa come norma in casi consimili; precetto o formula che indica e prescrive ciò che deve farsi in determinati casi. A tale termine si da poi sempre un valore più pratico e meno assoluto di quello attribuito a legge.
Nel linguaggio scientifico la regola definisce il metodo pratico per la risoluzione di taluni problemi, soprattutto matematici ovvero per l’applicazione o l’interpretazione di certe leggi fisiche; nel diritto romano e medievale, regola di diritto (in lat. regula iuris), vuol dire norma, ritenuta valida in ogni situazione e vincolante, formulata con un processo logico di astrazione sulla base della tradizione e dell’esperienza. Valore il termine assume anche in architettura con un significato più vicino all’etimologico. In sostanza con regole i trattatisti del Rinascimento indicavano i canoni architettonici fissati nei loro trattati d’architettura per le varie parti degli edifici e soprattutto degli ordini architettonici classici; oppure in musica, si definisce il procedimento teorico e didattico in uso a partire dal sec. 17° che prescriveva l’esecuzione di determinati accordi (di tonica, sottodominante e dominante) nell’armonizzazione di ciascun grado della scala maggiore e minore.
La parola ha poi sempre un valore similare come nei casi dove (con valore più vicino a quello di legge, il termine indica l’enunciazione della regolarità con cui si manifestano, in determinate circostanze, certi fenomeni. Pensiamo alla zoologia come il principio generale secondo cui le estremità del corpo dei mammiferi (orecchie, arti, coda) tendono, nell’ambito della stessa categoria tassonomica, a essere relativamente più corte a latitudini e altitudini superiori, dove il clima è più freddo; o ancora il principio generale secondo il quale la corporatura dei mammiferi tende, nell’ambito della stessa categoria sistematica, a essere relativamente più grande con l’aumentare della latitudine e dell’altitudine. 
Nell’uso comune, si parla di norma suggerita dall’esperienza o stabilita per convenzione, con riferimento al modo di vivere, di comportarsi, sia individualmente sia nella vita associata.
Nel recente linguaggio politico, si sente spesso tavolo delle regole (dove tavolo è inteso come il luogo dove più persone si riuniscono per discutere e cercare un accordo), espressione introdotta e largamente diffusa dalla stampa e dagli altri mezzi di comunicazione per indicare le trattative con cui forze politiche e parti sociali contrapposte studiano (o sono invitate a studiare) il modo per riformare alcune delle norme secondo le quali sono regolate le fondamentali istituzioni del Paese. 
Vi è anche un uso finanziario e bancario, dove sono definiti i titoli in regola quei titoli pubblici o privati muniti di cedola d’interesse o di dividendo in corso di maturazione. 
Nella tradizione cristiana, il complesso di norme con le quali è organizzata, per il raggiungimento della perfezione spirituale, la vita individuale e collettiva di una comunità religiosa (e, per estensione, la comunità o l’ordine stessi): si pensi alla regola benedettina, francescana, basiliana nella chiesa greca.
In buona sostanza, come per molte parole che hanno molteplicità di significati, regola ha valore ampio ed estensivo e comprende gran parte degli ambiti sociali, civili e politici, ma anche scientifici, religiosi e via dicendo.
Un lungo excursus per sottolineare come di regole è tappezzato il cammino dell’umanità e, in un modo o nell’altro, ci sono sempre delle “regole” alle quali attenersi. Stupisce allora quanto sta avvenendo nel Movimento Cinquestelle, dove sulla base di “regole” liberamente assunte dai fondatori, quasi alla ricerca di un “nuovo ordine” logico e pratico, nel corso di questi anni molti militanti sono stati cacciati, allontanati, ostracizzati, sulla base di quello che i guru hanno sempre definito come il “non statuto” sulla cui base si deve conformare l’essere nel movimento.
Una bella trovata, non c’è dubbio che tuttavia dimostra come anche i “facitori” di novità debbano o vogliano giocoforza adeguarsi a “regole” di comportamento!
La vicenda degli espulsi diviene interessante nel momento in cui secondo la legge vigente, il “non statuto” adottato non ha validità pubblica nell’essere applicato, ma al massimo quella di un gruppo di buontemponi che si fingono indipendenti e autonomi dal resto della società.
Accade allora che gli espulsi, i cacciati, sulla base di fantasiose prescrizioni non statutarie, si siano rivolti ai tribunali per vedere applicata la legge ed essere reintegrati nel movimento, contestando con ciò stesso le regole non statutarie sinora applicate. E che ottengano in base alla legge di vedersi riconosciuto il diritto di far parte del movimento dal quale sono stati espulsi contra legem!
Dunque, un altro dei capisaldi grillini rischia di sfaldarsi a contatto con la necessità di inserirsi nelle istituzioni, dove le regole da rispettare sono stabilite nelle leggi con valore per così dire “erga omnes”!
Assistiamo così ad una serie di contraccolpi che mettono in difficoltà se non in crisi le strutture stesse del movimento che in un eccesso di autoesaltazione ed autoisolazionismo, si ritenevano affrancate dalla legge nazionale, quella stessa che richiamano ad ogni piè sospinto contro avversari e nemici politici!
Un bagno di umiltà necessitato, non certo voluto, che potrebbe mutare geneticamente il movimento trasformandolo in qualcosa di molto simile ai tanto vituperati vecchi partiti. Una strada segnata ed inevitabile, anche se riteniamo sarà costellata da nuove trovate e da nuove enigmatiche “non regole” ed evoluzioni dei “non statuti”!

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::autore_::di Roberto Mostarda::/autore_:: ::cck::1442::/cck::

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