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Clima e terrorismo

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Mono Lake as seen from California State Route 120 (Mono Mills Road) on south. Photo by Nandaro - Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=30639988
La stampa ora si dedica agli eventi principali e, progressivamente, abbandona analisi e scenari. Ora è il momento di leggere di terrorismo, e questo andrà avanti per un bel po’ di tempo.

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I media ora si dedicano fondamentalmente agli eventi e, progressivamente, abbandonano analisi e scenari. Ora è il momento di leggere di terrorismo, e questo andrà avanti per un bel po’ di tempo. Sappiamo che il terrorismo ha molte cause, che vanno dalla religione alla esclusione sociale, dal desiderio di gloria ai problemi mentali. Non c’è modo di lottare contro l’imprevedibile, e nei cervelli mentalmente instabili l’emulazione è un fattore importante. Il pericolo è che probabilmente cadremo nella trappola dell’Isis, e faremo di questo confuso caleidoscopio una guerra di religione, che condurrà ad una ulteriore radicalizzazione del musulmano europeo. In realtà, fino ad oggi nessun atto di terrorismo è venuto da immigrati (salvo quello di un afgano con turbe psichiche). Gli autori sono europei. E ancora per ogni europeo ucciso, ci sono più di 120 arabi che muoiono a causa dell’ISIS…
Fin dalla conclusione, lo scorso dicembre, della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, il clima è scomparso dai media e dal dibattito pubblico. Tutti siamo stati ipnotizzati dalla marea di profughi, e da come stanno cambiando il panorama politico dell’Europa, con il nazionalismo; populismo e xenofobia stanno tornando, come nel decennio fatale degli anni trenta…
Ma Baher Kamal ci ricorda che, secondo il Consiglio norvegese per i rifugiati, “nel solo 2015 ogni secondo una persona viene dislocata, più di 19,2 milioni di persone sono fuggite dai disastri in 113 Paesi. I disastri spostano da 3 a 10 volte più persone di conflitti e guerre in tutto il mondo”. E l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni prevede 200 milioni di migranti ambientali entro il 2050, in movimento, sia all’interno dei loro paesi sia attraverso le frontiere, in modo permanente o temporaneo. Molti di loro farebbero parte di una popolazione costiera. Se la temperatura mondiale salirà di 3,1 gradi, che è attualmente l’accordo finale della Conferenza di Parigi, il livello medio del mare aumenterebbe di 0,73 metri, con ampie aree allagate.
Il New York Times ha effettuato un lungo servizio sulla morte nel Lago Poopò, in Bolivia, che era di 3.000 chilometri quadrati, e da tempo immemorabile aveva dato modo di vivere a più di 10.000 abitanti. Ora ne sono rimasti solo 636, mentre tutti gli altri sono andati via in miniere di carbone a 200 miglia di distanza, o a La Paz in cerca di un posto di lavoro. Una cultura millenaria è stata persa.
Il lago Poopò è uno dei numerosi laghi in tutto il mondo in via di sparizione, per cause umane, scrive il NYT. Il Mono Lake ed il Lago Salton, entrambi in California, si sono drasticamente ridotti a causa della deviazione delle acque. L’aumento delle temperature compromette laghi in Canada e in Mongolia.
Ricordiamo che a Parigi tutti i paesi del mondo hanno deciso di combattere il cambiamento climatico. Ma per essere in grado di portare su questa linea il maggior numero possibile di paesi, la Conferenza preparatoria di Lima, nel dicembre 2014 aveva concordato un sistema usuale. Ogni paese avrebbe deciso i propri obiettivi, ed ogni paese sarebbe stato responsabile del controllo della loro attuazione. Cerchiamo di pensare su cosa accadrebbe se ogni cittadino dovesse essere lasciato libero di decidere sia quanto pagare in tasse, sia di essere responsabile di controllare se lo fa…
Il risultato è che la somma degli obiettivi nazionali adottati a Parigi, significa un aumento della temperatura globale del 3,4 gradi centigradi. Infatti, l’obiettivo iniziale era quello di non superare i 2 gradi, e questa è la base per la dichiarazione finale. Allo stesso tempo, gli scienziati hanno ammonito che se andassimo al di là di 1,5 gradi, il pianeta soffrirebbe guai seri. Loro considerano l’obiettivo di 2 gradi centigradi un espediente politico, e, naturalmente, l’attuale livello di accordo di 3,4 gradi centigradi una minaccia per la sopravvivenza dell’umanità.
A Parigi, si è anche convenuto che i controlli sull’attuazione dell’accordo sarebbero cominciati solo nel 2020: per questo non sappiamo cosa stia accadendo in realtà. Da diverse fonti, sappiamo che nessuno sta correndo. Ma ora la NASA, la rispettata Agenzia Spaziale Americana, ha pubblicato un rapporto preoccupante: per tre anni di fila la temperatura del pianeta è stata la più alta registrata dal 1880. Quest’anno, il 2016, sarà ancora più calda del 2015 e del 2014. Ora siamo ad un aumento di 1,3 gradi centigradi oltre il 1880. Gavin Schmidt, direttore del Goddard Institute of Space Studies della NASA, ha dichiarato: “certamente non direi che a Parigi abbiamo ottenuto il massimo e che abbiamo intenzione di rimanere lì, ma penso che sia giusto dire che stiamo ballando con l’obiettivo inferiore”.
Questo ci riporta il problema dei profughi da clima molto più vicino di quanto ci possiamo rendere conto. Con un ulteriore problema: in termini giuridici, la categoria di rifugiato climatico non esiste. La Convenzione per i diritti umani protegge solo chi fugge da guerra e violenze, non da cambiamenti climatici. Eppure, l’Europa e gli Stati Uniti stanno entrando in una grave crisi politica, per la mancanza di una politica sulla marea di profughi. E nell’agenda politica, non c’è una parola sui rifugiati climatici, molte volte più numerosi dei rifugiati politici. È ampiamente riconosciuto, che in Siria vi è stata una lunga e grave siccità che ha causato la fuga dei contadini dai loro villaggi verso le città, e le loro condizioni deplorevoli hanno alimentato la protesta contro il governo, con la conseguente repressione, che ha portato alla guerra civile che ha distrutto il paese, uccidendo più di 400.000 civili, e che ha creato un esodo di 4,7 milioni di cittadini, dei quali oltre un milione vengono a trovare rifugio in Europa, e che è stato utilizzato da populisti come Le Pen e Farage per vincere le elezioni… Trump ha un vantaggio dal 44 al 30 per cento, secondo un sondaggio della CNN, sul tema dell’ordine e della sicurezza, a causa dei toni forti che usa parlando di immigrati e rifugiati…
A settembre a New York si terrà un vertice delle Nazioni Unite sui rifugiati e gli immigrati. Sarebbe il momento per dare forma ad una politica globale sui rifugiati, che incorpori anche la categoria dei rifugiati climatici. E’ troppo vicino alle elezioni americane… Speriamo che non passi alla storia come un’occasione perduta…
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* Roberto Savio, fondatore e presidente emerito di Inter Press Service (IPS) agenzia di notizie ed editorialista di Other News.

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