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Con l’avanzata del fanatismo e delle sue gesta: dai vertici europei fino al Vicario di Cristo, si alzano, sempre più assidui, venti di guerra.
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Guerra: “Conflitto aperto e dichiarato fra due o più stati, o in genere fra gruppi organizzati, etnici, sociali, religiosi, ecc., nella sua forma estrema e cruenta, quando cioè si sia fatto ricorso alle armi; nel diritto internazionale è definita come una situazione giuridica in cui ciascuno degli stati belligeranti può, nei limiti fissati dal diritto internazionale, esercitare la violenza contro il territorio, le persone e i beni dell’altro stato, e pretendere inoltre che gli stati rimasti fuori del conflitto, cioè neutrali, assumano un comportamento imparziale”.
Per una buona premessa che si rispetti: una calzante definizione costituisce, da sempre, la soluzione migliore; oltre che rappresentare una inequivocabile forma di ovvietà. Scontato o meno: così il vocabolario della Treccani definisce un concetto tanto arcaico quanto attuale. Ed è proprio l’attualità, con tutte le sue perversioni belliche, a spingere verso una spirale inflazionistica nei riguardi di un concetto, “Guerra”, che merita tutt’altro che una leggera considerazione.
L’assolo del “Siamo in guerra”, con il susseguirsi degli eventi, con il susseguirsi dell’orrore di Daesh, presunto o meno, risuona all’interno della sfera pubblica con sempre più intenso vigore. E’ stata una delle voci più autorevoli, che di certo non ha bisogno di presentazioni, quella di Umberto Eco, a parlare per primo di Guerra all’indomani dell’attentato di Charlie Hebdo: “c’è una guerra in corso e noi ci siamo dentro fino al collo […] con questo tipo di terrorismo la situazione è esattamente quella che abbiamo vissuto durante la guerra”.
Soltanto in apparenza, sulla stessa linea, con toni più ruspanti, l’ex direttore de “Il Foglio”,Giuliano Ferrara, si esprime sull’imminente guerra – o meglio sulla guerra santa tra l’Islam e l’occidente cristiano/giudaico – subito dopo l’attentato alla redazione giornalistica: “E’ guerra se lo negate siete un branco di coglioni”. Se tutto ciò potesse apparire ancora poco chiaro o astruso, non mancano le poco originali interpretazioni, sulla nostra guerra o la loro guerra, di una classe politica europea che non si fa scrupoli a cogliere e a rendere redditizio il male inferto dal terrorismo.
“Siamo in guerra” è un’opinione; è pura propaganda politica; ma sopratutto è una realtà che si muove lungo la scia di sangue tracciata in Europa, che da Charlie Hebdo è giunta fino alla Chiesa di Rouen in Normandia. Ed è all’interno di questa realtà che si inserisce la netta dichiarazione di guerra del Capo del Pentagono Ash Carter. Nel corso di un’audizione al Congresso, 9 Dicembre 2015, senza mezzi termini, il Segretario della Difesa ha ammesso che: “in realtà siamo in guerra”. Prosegue Carter che, nonostante non si è riusciti a contenere l’Isis, una massiccia composizione di forze Usa, per il futuro, in Iraq e Siria, rischierebbe di causare una “americanizzazione” del conflitto. Dagli Stati Uniti alla Francia: soffiano gli stessi venti di guerra caldeggiati dal presidente francese Hollande e dal suo primo ministro Manuel Valls. Nonché il ministro degli interni italiano, Angelino Alfano, non ha esitato a parlare di guerra.
Più delle opinioni politiche o delle preoccupazioni dei vertici istituzionali atlantici, sono le parole del Vicario di Cristo a suscitare maggiore interesse e sorpresa. Papa Francesco, incontrando i giornalisti che viaggiano con lui verso Cracovia, con la chiarezza che lo contraddistingue, ha descritto un mondo in guerra: “la parola che si ripete tanto è sicurezza, ma la vera parola è guerra. Il mondo è in guerra, guerra a pezzi. C’è stata quella del 1914, con i suoi metodi, poi quella del 1939 – 45 e adesso questa”. Non è tanto organizzata – prosegue Bergoglio – ma organizzata sì. Il mondo descritto da Papa Francesco è un mondo che ha perso la pace, e tutti i frammenti di odio che lo compongono, dal sacerdote di Rouen ai massacri in Nigeria, lo proiettano in una guerra a tutti gli effetti: forse una Terza guerra mondiale.
I venti di guerra sono molteplici e variegati. Ma dietro a un concetto così rovente, e spesso condivisibile sull’onda emotiva, si nasconde la pretesa di imporre una soluzione aggressiva e autoritaria.
La collezione delle dichiarazioni di guerra è destinata a crescere. E senza ombra di dubbio viviamo venti di guerra, ma dall’altra parte non c’è un altro stato belligerante ole condizioni necessarie per parlare concretamente di guerra, come suggerisce la sopracitata definizione Treccani. Il rischio concreto è che nel nome della guerra si legittimi, invece, l’utilizzo di strumenti repressivi per le libertà civili e una politica estera muscolare e aggressiva. Lo ha fatto gli Stati Uniti dopo l’11 Settembre, lo sta facendo la Francia, lo farà l’intero continente europeo. La prudenza non è mai troppa, sopratutto se si parla di guerra.
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::autore_::di Giovanni Capozzolo::/autore_:: ::cck::1459::/cck::