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Propaganda web: dal contagio jihadista alla rivendicazione, veritiera o meno, degli ultimi attentati terroristici nei paesi “crociati”.
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Il corso degli ultimi attentati terroristici, sul suolo europeo, ha dimostrato una duplice funzione della propaganda web dello Stato Islamico: il contagio jihadista per lo scouting dei cosiddetti “lupi solitari” e la rivendicazione per assumere la paternità delle stragi terroristiche prive di un coordinamento diretto con il Califfato.
La diffusione delle inediti immagini del Califfo, Al Baghdadi, dal 4 Luglio 2014, in una moschea di Mossul, confermano, fin da subito, la sottile regia dell’autoproclamato Stato Islamico nell’utilizzare i canali proposti dal mondo di internet.
Abili osservatori, come il ricercatore della Oxford University, Aymenn Jawad Al-Tamini, hanno descritto il sofisticato utilizzo del web da parte del Califfato per diffondere in maniera capillare l’invito alla Jihad, attraverso i siti estremisti tradizionali ma anche i social network, e riuscendo a trasformare la sua ideologia in un contagio. La sovrapposizione fra jihad e nuove tecnologie è all’origine del crescente successo dei “lupi solitari”. I reclutatori sono abili a spingere singoli individui che scelgono di diventare protagonisti della Jihad lanciandosi in attacchi personali, non coordinati con altri, e dunque molto difficili da prevenire. Il vantaggio di tale metodo sta nella difficoltà per l’antiterrorismo di individuare le singole fonti di propaganda dello Stato Islamico sul web.
I canali del web avidi e spietati nell’assumere la propaganda jihadista, allo stesso tempo rappresentano uno straordinario strumento di “rivendicazione” da parte del Califfato per le turbolenze terroristiche che colpiscono l’Europa. Le recenti brutalità terroristiche, presunte o meno, repentini o tardivi, sono legati tra loro da una indelebile rivendicazione da parte dello Stato Islamico. Una delle ultime rivendicazione: l’attacco di Charleroi (Belgio), dove un uomo di 33 anni, secondo la ricostruzione un algerino immigrato illegale, ha ferito due poliziotte con un machete, prima di essere ucciso da una terza agente.
L’ennesima rivendicazione, ancora una volta, è giunta attraverso “Amaq”, agenzia di stampa accreditata come il megafono dell’Is. Il testo della Breaking News, 7 Agosto, dell’agenzia definisce l’attacco di Charleroi: “ una risposta agli appelli a colpire i cittadini dei paesi che appartengono alla crociata, compiuta da un soldato dello Stato Islamico”. Anche la rivendicazione relativa alla Chiesa di Rouen presenta lo stesso copione: entrambi gli attacchi sono stati compiuti, definisce l’agenzia Amaq, per eseguire l’appello a colpire i cittadini del paesi crociati. Prima che il contenuto delle rivendicazioni saltasse da una testata all’altra, la propaganda jihadista di Amaq è stata ripresa e condivisa su Twitter da Rita Katz, direttrice di Site Institute, una società statunitense che si occupa di monitorare le attività dei jihadisti online.
Il web del terrore si proietta per la stesura di future minacce, ma in particolar modo per l’adozione di una paternità di attacchi, spesso compiuti da lupi solitari, che hanno poco a che fare da un punto di vista logistico con l’organizzazione del Califfato. L’agenzia di Amaq, uno degli organi più seguiti dai media occidentale, svolge un ruolo di primissimo piano per la rivendicazione degli attacchi terroristici: come l’attentato di San Bernardino fino al recente caso di Charleroi. Secondo il New York Times, l’agenzia di Amaq è sempre pronta agli scoop perché ottiene i necessari suggerimenti direttamente dall’Isis. Sebbene il gruppo non è ufficialmente parte dell’apparato Isis – prosegue il quotidiano statunitense – è entrato a pieno titolo all’interno dell’infrastruttura della propaganda jihadista del Califfato. Diversi studiosi collocano la prima apparizione del nome di Amaq, durante la battaglia di Kobane, la città curda al confine tra Siria e Turchia, che l’Isis ha conquistato nel 2014. E con l’avvicendarsi degli attacchi, Amaq è – quasi – sempre stato il primo a segnalare l’operato dello Stato Islamico. Nonostante ancora diverse incertezze al riguardo, le caratteristiche di Amaq, come suggerito dalla direttrice di Site Institute, sembrano descrivere l’azione di un media di stato.
La propaganda web dell’Isis è forte e capillare e si muove su diversi fronti contemporaneamente. Una forma di propaganda parallela, per certi versanti, a quella totalitaria dei regimi del Secolo Breve. Ma ogni cosa è figlia del suo tempo, così come la propaganda: una propaganda 2.0.
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::autore_::di Giovanni Capozzolo::/autore_:: ::cck::1467::/cck::