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E’ lecito chiedersi se alcuni dei nostri vicini europei abbiano la volontà necessaria per risolvere difficili decisioni in politica estera. Diverse sono le premesse per considerare l’Europa, ancora, impreparata per l’organizzazione di una propria difesa.
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Le tesi europeiste, spesso, si appellano al fatto che l’Unione Europea ha assicurato la pace in Europa dalla fine della seconda guerra mondiale nel 1945 ad oggi. In realtà la costruzione del processo di pace è iniziato molto prima; ancora prima della costituzione della EEC – European Economic Comunity – nel 1957. L’inizio di questa fase, è attribuibile già durante il vertice di Mosca, 9 Ottobre 1944, tra Churchill e Stalin per la ricostruzione politica del dopoguerra. Tale piano ha disegnato, all’interno del teatro europeo, due sfere di influenza: la parte Urss e quella Usa/Uk. Il rapporto d’influenza tra i due fronti è continuato durante i negoziati dopo la caduta del muro di Berlino ’89, tra il presidente statunitense G.H Bush e il presidente russo M. Gorbachev. Tuttavia, questo rapporto di intesa è stato compromesso nel 1998, quando è iniziata l’espansione della Nato verso est; denunciata dal diplomatico George Kennan, come riporta una sua intervista tra le colonne del New York Times:
“credo che sia l’inizio di una nuova Guerra Fredda, credo che i russi gradualmente reagiranno negativamente, credo che sia un tragico errore. Non c’era alcun motivo. […]. L’espansione della NATO è un’azione che non ha alcun reale interesse per gli affari esteri”. Le nostre differenze durante la Guerra Fredda erano, proprio, con il regime Sovietico.
La forza della Nato è stata dimostrata durante la Guerra Fredda, ma è ancora presente e necessaria nel 2016. Legando le forze statunitensi e quelle europee, la Nato ha inaugurato una struttura di comando e di controllo che funziona. Ciò nonostante, dal 1993 sorgono le aspirazione autonomistiche dell’Ue, a cominciare con una formulazione di “difesa comune” nel Trattato di Maastricht; successivamente il primo ministro britannico, Tony Blair, e il presidente francese Jacques Chirac, hanno sostenuto nella dichiarazione congiunta a Saint-Malo, Dicembre 1998: “l’Unione Europea deve avere la capacità di azione autonoma, potendo contare su forze militari credibili, i mezzi per decidere da solo e la disponibilità a farlo, al fine di rispondere alle crisi internazionali”.
Questo cambiamento di rotta politica ha compromesso gli schemi diplomatici britannici, sopratutto dal momento in cui la Francia stava ponendo l’ordine del giorno in sede europea. Il processo decisionale dell’Europa verso una spinta autonoma, è ben riassunto dalla dichiarazione, 28 Marzo 2001, del Capo della difesa francese: “Se l’Ue funziona correttamente […] la Nato non ha nulla a che fare. A un certo punto gli europei decidano di condurre un’operazione militare”.
Durante il vertice europeo del 28 giugno 2016, è stato presentato ai capi di governo il documento Ue “Shared Vision, Common Action: A Stronger Europe. A Global Strategy for the European Union’s Foreign and Security Policy”, seguita il 13 luglio con la pubblicazione del documento tedesco “German Security Policy and the Future of the Bundeswehr”. Entrambi i documenti sono stati trattenuti deliberatamente per evitare il dibattito durante il referendum del Regno Unito.
Il vertice Ue di Bratislava, previsto il 16 Settembre, sarà il momento in cui la Francia e la Germania, senza il Regno Unito, iniziano a creare un esercito europeo con la sua sede centrale separata dalla NATO. Il Regno Unito, a seguito dell’esito del referendum Brexit, è pronto a uscire dall’Ue e dalle sue strutture di difesa e, contemporaneamente, a rafforzare quelle della Nato; venendo incontro alle richieste del presidente Obama che ha bisogno di dimostrare l’importanza della Nato all’Europa e alla sua storia. Ad esempio, nel corso della disgregazione della ex Jugoslavia nel 1991, la NATO ha avuto un ruolo fondamentale nell’assetto diplomatico e militare. Anzi l’amministrazione Clinton e la Nato hanno agito troppo tardi all’interno del conflitto in Bosnia ed Erzegovina. Questo ritardo è una lezione ancora valida oggi; a fronte della minaccia dell’Isis.
Nel frattempo, L’EEAS – European External Action Service – dell’Unione Europea si sta trasformando, sempre di più, in un organismo con il compito di attuare una politica estera e una politica di comune sicurezza europea. Ma un recente rapporto redatto dalla Camera dei Comuni ha dimostrato, l’inequivocabile, aumento dei costi per l’attività dell’EEAS: dai 500 milioni € del 2012 fino a un miliardo di euro nel 2015.
In generale, non solo in termini economici, le recenti azioni in politica estera dell’Ue sono state piuttosto dannose. Primo fra tutte la gestione della crisi in Ucraina, che è divampata nel 2014 fino alla regione della Crimea. Gli errori commessi dalla UE sulla sua gestione del fronte ucraino continuano. La vittoria del “No” al referendum olandese, Aprile 2016, all’accordo di associazione tra Ue e Ucraina, conferma un sentimento di dissenso verso la politica estera europea in Ucraina.
Ci sono tutte le premesse per considerare l’Europa impreparata per l’organizzazione di una propria politica estera e politica di difesa: non soltanto dal punto di vista economico, ma soprattutto in ambito militare per la qualità degli armamenti complessivamente detenuta. E’ lecito chiedersi se alcuni dei nostri vicini europei abbiano la volontà necessaria per risolvere difficili decisioni in politica estera.
Gli Stati Uniti hanno, attraverso le parole del presidente Obama in un’intervista alla rivista “Atlantic”, avvertito che il proseguimento di una autonoma politica estera europea metterà in discussione il loro sostegno finanziario alla Nato.
Il mio giudizio: se il Regno Unito fosse rimasto in Europa, avrebbe causato una maggiore pericolosità per la sicurezza britannica ed europea da un punto di vista economico, militare, politico e sociale. Per di più, la mancanza di una prospettiva per la zona euro è spaventosa, in particolare per la debolezza dell’attuale economia italiana.
La Gran Bretagna deve ora concentrarsi sull’esito referendario e dare il primato alla Nato. Nel fare questo dobbiamo dimostrare agli americani che in Europa non continueremo ad essere “scrocconi”. Quando gli americani vedono che non siamo più coinvolti nel pericoloso mito della difesa Ue, capiranno le ragioni della nostra uscita.
Dopo il vertice di Bratislava, è del tutto logico che il Regno Unito lasci l’EEAS, in concomitanza con la nostra decisione di invocare l’articolo 50 del Trattato di Lisbona per il prossimo anno. Vorremmo condurre la nostra politica internazionale nella NATO, l’OSCE, G7, G20 e nel Commonwealth sotto la nostra appartenenza globale permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Sarà una politica di internazionalismo globale che è del tutto coerente con la tradizionale politica estera e di difesa del Regno Unito. Brexit non è una rottura con questa tradizione. Piuttosto, si tratta di una affermazione, in piedi da lungo tempo, di non far parte di questo tipo Europa federale. Il nostro è un divorzio amichevole.
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* David Owen
12 September 2016
Articolo di Lord Owen per la conferenza internazionale “La comune sicurezza europea dopo la guerra fredda”, organizzato dal New Policy Forum e dalla Fondazione Italiani, 16 – 17 Settembre Praga.
Lord David Owen è stato Segretario di Stato per gli Affari Esteri e del Commonwealth dal 1977 al 1979. Nel 1981 lasciò il Partito Laburista per fondare il Partito Social Democratico e attualmente è membro della camera dei lord.
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