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Il caos politico che dalla caduta di Muammar Gheddafi avvolge il paese del Nordafrica, con le due principali fazioni in campo, il governo di Faiez al Serraj e il parlamento di Tobruk.
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A sette giorni dal rapimento di Bruno Cacace e Danilo Calonego, i due tecnici italiani della ditta di costruzioni Conicos, prelevati da un gruppo di uomini armati nella regione del Ghat nell’estremo sud della Libia ai confini con l’Algeria, nessuna notizia né richiesta di riscatto è ancora pervenuta alle nostre autorità.
L’unità speciale della Farnesina incaricata di gestire la delicata situazione sta verificando le possibili piste che sarebbero dietro al sequestro dei nostri connazionali. Un lavoro estremamente complicato visto il caos politico che dalla caduta di Muammar Gheddafi avvolge il paese del Nordafrica, con le due principali fazioni in campo, il governo di Faiez al Serraj e il parlamento di Tobruk, divise da contrasti insanabili, principalmente dovuti alla gestione delle risorse petrolifere.
Proprio negli ultimi giorni le milizie di Tobruk hanno organizzato un’importante esportazione di greggio dal terminal di Ras Lanuf inoperoso da oltre due anni. Un successo che rischia di inasprire ancor di più i rapporti con il governo di Tripoli che formalmente dovrebbe controllare il commercio di petrolio attraverso la compagnia petrolifera di stato libica e che invece riesce a malapena a gestire i pozzi nella regione della Tripolitania.
Sulla delicatissima situazione libica si è recentemente svolta a New York, ai margini dei lavori della 71esima assemblea delle Nazioni Unite, una riunione che ha visto la partecipazione del segretario di stato americano John Kerry e dei rappresentanti di 22 paesi particolarmente sensibili alle evoluzioni dello scenario del paese nordafricano. Dal meeting però non è emerso nulla di veramente concreto se non l’invito a trovare una piattaforma comune tra le varie fazioni in campo. Una dichiarazione d’intenti che però si scontra con i giochi di potere che realmente si manifestano sul campo, con il governo italiano che appoggia, non solo politicamente ma anche attraverso il “lavoro sporco” delle nostre unità dei servizi d’intelligence, il governo di Tripoli e la Francia che insieme all’Egitto fornisce uomini e mezzi alle milizie del generale Khalifa Haftar, l’uomo forte della Cirenaica.
Proprio quest’ultimo è intervenuto nel merito del rapimento dei due nostri connazionali, sostenendo che gli autori del sequestro sarebbero dei gruppi legati ad Al-Qaeda particolarmente attivi nel sud del paese. Una ricostruzione smentita dalle nostre autorità che però ribadisce il livello di confusione e depistaggi che caratterizza la realtà libica.
L’unico dato positivo che arriva dall’ex paese di Gheddafi è il ridimensionamento dell’influenza degli uomini del califfato ormai asserragliati in alcuni quartieri della città di Sirte senza più la capacità di influenzare il corso della politica nazionale.
Molti dei miliziani jihadisti starebbero cercando di tornare nei propri paesi di provenienza attraverso le vie carovaniere che attraversano il deserto. Proprio per fare fronte a questo “controesodo” l’esercito tunisino ha predisposto una barriera lungo il confine libico, visto che la maggior parte dei combattenti dell’IS attivi in Libia sarebbero originari della Tunisia. Un’invasione di ritorno che rischia di destabilizzare il solo paese del Nordafrica avviato verso una democrazia effettiva.
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::autore_::di Diego Grazioli::/autore_:: ::cck::1549::/cck::