Il referendum incombe mentre un significativo numero di cittadini è alle prese con sofferenza, disperazione, dolore. I paventati rischi per il sistema democratico appaiono parole quanto meno sovradimensionate
Parlare di referendum costituzionale, di riforma delle istituzioni del Paese, dinanzi alla tragedia nuova, eppure antica, che ha colpito ancora una volta ampi territori nazionali, può apparire un esercizio da relegare a tempi migliori e le stesse tematiche in gioco appaiono ben diverse rispetto a pochi giorni fa, sembrano quasi fare un passo indietro rispetto alla sofferenza, alla disperazione, al dolore di migliaia e migliaia di connazionali ai quali è stato tolto tutto, in una tragica notte in cui la natura sempre in movimento, ha presentato il suo tragico conto!
Qualcuno, un sindaco di uno dei centri più devastati, ha provato a dire quello che in molti hanno pensato: rinviamo il voto, pensiamo a chi ha bisogno di tutto, mostriamo il volto migliore e solidale di un paese che sempre dà il meglio di sé nelle circostanze più avverse. Una bella esortazione che però, a meno di improvvise evoluzioni, potrebbe restare tale. La macchina referendaria gira infatti al massimo delle potenza, confronti, dibattiti, scontri si moltiplicano. Quel che appare evidente tuttavia è la forte e dissonante discrepanza che si avverte tra i paroloni costituzionali sulla stabilità del paese, i rischi per il sistema democratico e via dicendo, e la semplicità disarmante della quale ci troviamo tutti ad essere consapevoli, delle esigenze elementari, basilari delle persone, delle comunità colpite dai ripetuti sismi di queste settimane!
Siamo sicuri che il loro senso civico, nonostante dolore e disperazione, è intatto, ma forse un atto di rispetto nei loro confronti, sarebbe auspicabile e nobile. Se così non sarà come sembra evidente, è importante provare a fare una riflessione nella quale il risultato del voto, potrebbe essere anche a favore di chi ha bisogno, soprattutto se rivolto a migliorare l’efficienza dello Stato, a garantire che interventi di sicurezza come quelli necessari a ricostruire secondo criteri adeguati, possano essere visti come azioni di governo nazionale e non come compromesso, estenuante, con poteri veti ed esigenze locali, rispettabili certo ma che vanno armonizzate con il valore più alto, quello della coesione e unità nazionale.
Proviamo ad esplicitare il ragionamento. La drammatica consapevolezza che quasi due terzi del nostro paese hanno bisogno di interventi antisismici dovrebbe promuovere un’azione incisiva e di livello nazionale per ottenere l’adozione degli strumenti più efficaci e la totale e massima vigilanza perché vengano applicati senza concessioni ambigue o disattenzioni fatali. Si dirà che tutto questo si ottiene responsabilizzando le comunità locali ed è certamente un elemento di valore da tenere nella giusta considerazione. Ma se si ascoltano le voci di chi chiede non solo aiuto, ma possibilità di ricominciare, occorre un quadro di riferimento più ampio perché ogni atto, ogni intervento sia finalizzato alla ricostruzione e sia armonizzato con ciò che resta e con quello che si farà.
Questo quadro di riferimento è proprio il “governo” nazionale di un fenomeno che è nazionale, che va visto come nazionale, potremmo dire utilizzando un’espressione tipicamente statunitense, “di sicurezza nazionale”. Amministratori locali, cittadini cioè non possono essere lasciati soli soprattutto per il rischio immanente di usi distorti delle ingentissime risorse da mettere in campo. Non esautorati ovviamente, ma difesi da questi rischi. Molti errori del passato, molti impieghi di finanziamenti post terremoto utilizzati per finalità estranee alla sicurezza antisimica in troppi luoghi del paese, divengono un urlo lacerante dinanzi alle vittime, agli sfollati a migliaia. Gli edifici definiti antisismici che crollano sono il monito più grave di questa situazione.
Ecco allora che cercare di migliorare le strutture del Paese, rendere incisivi interventi non rinviabili in un quadro di certezze e di legalità, sono altrettanti inviti alla concretezza, a fare la scelta migliore per una nazione efficiente, dinamica, coerente con le proprie potenzialità. E questo al netto delle percentuali minime, delle defatiganti questioni ad esse legate, in una contabilità da azzeccagarbugli che difficilmente sembra coniugarsi con l’essenza della democrazia. Sembra quasi infatti che i politici abbiano paura delle ombre quando paventano rischi per la democrazia che semmai dovrebbero avere in loro stessi l’anticorpo necessario.
Tra qualche settimana, gli italiani, esprimeranno il loro punto di vista e sapremo allora il loro vero sentire. C’è da sperare che lo facciano in tanti e soprattutto che lo facciano senza dimenticare un attimo quanti di noi sono costretti a vivere senza più una casa, senza più niente. Uno stato autorevole ed efficiente sarebbe garanzia per tutti del rispetto dei diritti, dei doveri, della realizzazione di ciò che serve alla sicurezza di singoli e di intere comunità.
Riti del passato che hanno dimostrato tutta la loro incapacità di far crescere in equilibrio il paese sono lì a dimostrare la necessità di cambiare in una direzione che definire autoritaria, rischiosa e pericolosa, alla luce dei veri problemi che abbiamo davanti, appare ridicolo oltreché offensivo per l’intelligenza degli italiani!
Il vero problema è rispondere senza esitazioni a quell’interesse nazionale che in queste settimane, in queste ore ha nei soccorritori, nei volontari, nelle decisioni razionali e consapevoli, i migliori protagonisti. Lontani dalle fumisterie, dalle sacrestie di varia natura. Semmai alle prese con l’acre fumo dei crolli degli edifici colpiti.
di Roberto Mostarda