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Due misteriose città nel mare greco

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vista di Tharros. Foto via wikimidia com
Spesso le migliori scoperte sono fatte per caso come è accaduto a due città ritrovate nel mar greco; di cui né l’archeologia ufficiale e né le numerosissime fonti greche riportano lo loro esistenza.

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Leggendo la storia dell’archeologia scopriamo che moltissime tra le più grandi scoperte sono avvenute per caso, spesso non da archeologi ma da gente comune e, come avvenne per i famosi rotoli del mar Morto seppelliti da duemila anni; riportati alla luce nel 1946 da una capretta che si era persa tra le caverne del luogo, così è avvenuto per la storia che stiamo per raccontare.
Spesso crediamo che luoghi famosissimi per la loro fama millenaria come l’Egitto, Roma o la Grecia non abbiano ormai nulla di nuovo da scoprire, in realtà proprio il mare greco ha riportato alla luce non solo i resti di due città ma insieme a loro anche il mistero della loro esistenza, infatti non è arrivata alcuna testimonianza fino a noi nella pur vastissima storiografia greca.
Due città, dunque, che secondo l’archeologia ufficiale non sarebbero neanche dovute esistere per la loro conformazione ed antichità.
Senza scomodare Platone e la famosissima storia di Atlantide, come molti vorrebbero già intravedere le sue tracce in queste rovine, si tratta di due scoperte che potranno riscrivere almeno in parte la storia antica.
La prima è stata trovata a pochi chilometri dalla costa ateniese nel 2005 e venne scoperta per caso da alcuni archeologi della Soprintendenza alle Antichità Subacquee dell’Università di Ginevra insieme alla Scuola svizzera di Archeologia Kilangha Bay, impegnati da alcuni anni nella ricerca di reperti risalenti a circa 8 mila anni, in pieno neolitico. Avevano certo cognizione che in quel luogo doveva esserci un ricco deposito di manufatti, ma quando tra i tanti reperti si sono imbattuti nelle vestigia di una città dell’età del bronzo, risalente almeno al terzo millennio, assolutamente sconosciuta, lo stupore ha invaso i ricercatori.
Nessuno, fino ad allora aveva mai sospettato una città così vicino alla capitale greca e l’importanza dovuta alla scoperta, oltre ad una datazione così antica, ancora al vaglio dei ricercatori, sono i resti urbani assolutamente originali, unici e di cui non si conosce nulla di simile nella civiltà greca.
Le numerose strutture a forma di ferro di avallo che si intersecano vicino alle mura perimetrali, probabilmente resti delle torri di difesa della città, con fondamenta massicce, un tipo di costruzione inesistente nell’antica Grecia finora conosciuta, per una superficie di oltre un chilometro quadrato. Per dare la dimensione del sito possiamo dire che è grande quanto la Città del Vaticano, anche se la sua ampiezza totale non è ancora nota.
Secondo la cronologia ufficiale, le mura sarebbero contemporanee ad altre grandi civiltà come le piramidi di Giza, dunque intorno al 2600-2500 a.C, alla civiltà Cicladica, risalente al 3200-2000 a.C. oppure ai primi insediamenti minoici dell’Isola di Creta, datati tra il 2700 e il 1200 a.C., anche se studi più accurati in quest’ultimo caso hanno constatato che l’insediamento è precedente di circa un migliaio di anni alla grande civiltà micenea.
Ciò che ha reso questa scoperta appassionante, oltre i resti urbani, sono la quantità di reperti fin’ora ritrovati, come ceramiche, arnesi in ossidiana e strumenti in pietra con un “bottino” di circa 6 mila reperti fino ad ora recuperati. Sicuramente era una città importante dedita al commercio con un certo tenore di vita ma queste, per ora, sono solo supposizioni poiché di assodato non vi è nulla e purtroppo non vi è traccia della sua esistenza tra i numerosi storici greci.
Abbiamo insomma, una vera città fantasma apparsa dopo millenni per raccontarci un passato incredibile e sconosciuto.
Una storia quasi simile riguarda un’altra città, Pavlopetri, trovata anch’essa quasi per caso nel 1967 dall’oceanografo Nicholas Flemming durante un’immersione al largo delle coste della Laconia, davanti la spiaggia da cui prende il nome e dove si ergeva Sparta. La sua ricerca consisteva nello studiare l’innalzamento del livello del mare e l’anno dopo, nel 1968, seguito da un team di archeologi dell’Università di Cambridge che eseguì una mappatura dettagliata del sito, vennero casualmente scoperti i resti di questa città sconosciuta ma ricca di tante sorprese.
Sebbene la scoperta abbia suscitato nel mondo accademico un grandissimo interesse archeologico, nessun’altra esplorazione fu eseguita negli anni successivi, fino al 2011, quando John Henderson, ricercatore presso l’Università di Nottingham, ha riportato in vita l’interesse su quella che è stata definita la “Pompei subacquea” filmando un fondo marino con quindici edifici, cinque strade, trentasette tombe e due cimiteri. Quest’ultima scoperta ha indicato agli studiosi una civiltà assai evoluta sia socialmente che economicamente. Un sito archeologico unico nel suo genere con una risalente a più di 5mila anni.
Le prime ipotesi, vista anche la datazione dei manufatti, è che la città potrebbe essere stata una dei porti più antichi del Mediterraneo, se non addirittura il primo nella storia greca; ciò che sorprende lo studioso è che tutto si è assolutamente conservato sotto le acque del Peloponneso.
Dai reperti anche in questo caso numerosissimi si è potuto ipotizzare la vita della città certamente portuale, che accoglieva una cultura ricca e sofisticata con case con giardini  costruite su due piani, cortili e mura di confine ben definiti, una topografia stradale ben progettata, con addirittura dei sistemi per la gestione dell’acqua. In definitiva, una città molto simile alle nostre zone residenziali suburbane.
Il grande numero di ritrovamenti ha fatto ipotizzare una struttura  civile con un sistema centralizzato di archiviazione assai complesso, con operazioni di carico e scarico per una gestione amministrativa e contabile anche per le importazioni e le esportazioni.
È credibile che queste operazioni fossero registrate per iscritto e quindi Pavlopetri avrebbe avuto una prima forma di scrittura in Europa, anche se nessuna prova definitiva è stata ancora trovata.
Infine, come le due città siano affondate non si sa esattamente anche se sono visibili i segni di violenti terremoti che probabilmente le hanno portate ad inabissarsi insieme ai loro abitanti. Insomma non una, ma due nuove Atlantide sconosciute che ci riportano alla misteriosa città di Platone e alla nascita della civiltà.

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::autore_::di Tullio Serafini::/autore_:: ::cck::1709::/cck::

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