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Ludwig Feuerbach, filosofo tedesco, affermò che “l’uomo è ciò che mangia” e, aggiungiamo, anche di come mangia, scegliendo il cibo più adatto alle proprie esigenze, ma solo in questi ultimi cinquant’anni abbiamo avuto i cambiamenti più decisivi.
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Il grande filosofo tedesco, Ludwig Feuerbach, affermò che “l’uomo è ciò che mangia” e, aggiungiamo più modestamente, anche di come mangia, scegliendo il cibo più adatto alle proprie esigenze e con i giusti valori nutritivi evolutesi attraverso i secoli, ma solo in questi ultimi cinquant’anni abbiamo avuto i cambiamenti più decisivi.
Dai cibi ricchi di grassi, di proteine e carboidrati, in risposta alla fame atavica dell’uomo, si è passati con il benessere a selezionare il cibo bio o a km zero, senza proteine animali, cercando per quanto è possibile i cosiddetti cibi poveri come legumi o farinacei, insomma, da poveri cercavamo un cibo ricco di tanta roba e ora nel benessere siamo passati a quelli più poveri pensando siano più sani.
Tutti questi cambiamenti del gusto presumono anche un grande sforzo da parte dei produttori per adeguarsi al nuovo tipo di consumatore, più esigente alle scelte alimentari ed è proprio di questi tempi, a furor di consumatore, aver abolito il discusso olio di palma, tanto da far mettere in evidenza sulla confezione la sua totale esclusione quando fino a poco tempo prima si usava largamente quasi senza dirlo.
Le nuove generazioni, i cosiddetti millennial, dovrebbero sicuramente essere più informati dei loro genitori per poter fare una scelta più attenta, ponendo maggior attenzione a quanto riportato sulle etichette, grazie anche alla mole di informazioni più o meno valide che si possono ricavare facilmente da internet.
Così, seguendo queste nuove richieste del mercato, si produce la pasta senza grano usando il riso, i legumi o altri frumenti, sempre alla ricerca spasmodica del sano o di una cucina tradizionale che forse non c’è mai stata per poi usare prodotti non proprio sani per il loro alto contenuto di zuccheri, responsabili di gravi patologie quali obesità, diabete e problemi cardiovascolari.
Dall’etichetta per l’olio d’oliva, salvo i prodotti selezionati come extra vergine doc, possiamo sapere al massimo che sono stati prodotti in Italia, ma la provenienza delle materie prime viene lasciata all’onestà del produttore e lo stesso possiamo dire per la carne o il pesce dall’etichette non sempre esplicite come per l’uso dei prodotti geneticamente modificati, i famosi Ogm.
Ad esempio, pensiamo di comprare un pane lavorato secondo tutti i crismi del biologico, solo che il prodotto di base può essere stato coltivato legalmente in modo Ogm.
Nonostante il divieto di coltivare questo tipo di prodotto, l’Unione Europea ha ugualmente autorizzato ben 58 tipi di prodotti geneticamente modificati ad essere importati legalmente anche nel nostro Paese.
Così questa Europa attenta con multe salate alla grandezza delle vongole o alla misura delle zucchine, lascia in balia degli eventi la nostra salute.
Ugualmente se pensiamo di magiare una bella bistecca di un animale allevato secondo tutti dettami del bio questo non vieta però all’allevatore di usare mangimi contenenti Ogm non sottostando all’obbligo di specificare questo tipo di alimentazione, lo stesso per quanto riguarda gli antibiotici presenti per salvaguardia degli animali.
Un’altra amara considerazione sul cibo è il suo inutile spreco, con tutto lo sforzo che facciamo per una scelta sana, biologica e a km zero.
Più della metà del cibo viene buttato perché è scaduta la data riportata dall’etichetta o perché avanzi non consumati con il risultato che durante le recenti festività natalizie abbiamo sprecato cibo per un valore di mezzo miliardo, secondo la Federconsumatori e, in un intero anno, ne abbiamo gettato via addirittura 15 di miliardi, cinque volte ciò che ci chiede l’Europa per avere i conti in ordine.
Per fortuna anche in questo campo qualcosa si muove tra i produttori più responsabili e attenti al marketing e fare del cosiddetto spreco alimentare una risorsa grazie anche all’approvazione di una legge contro questo malcostume che rende più facile, ad esempio, per ristoranti o alla grande distribuzione donare un pasto per i senza tetto utilizzando il cibo proveniente dalle rimanenze nei magazzini.
In questo viaggio nel cibo non potevamo dimenticare il servizio di consegna a domicilio; iniziata con le pizze si è arrivati a intere cene catering compreso il cenone di Capodanno.
Un servizio che ormai coinvolge anche ristoranti stellati con menù raffinati che permettono all’utente di consumarli senza spostarsi dal proprio divano davanti alla tv.
Ma la vera rivoluzione sarà, come indicavano molti anni fa i romanzi che raccontavano il nostro futuro; mangiare attraverso le pillole.
Una porzione di pasta, tre pillole, una di carne, due pillole, una per la frutta e quattro per un bel dessert, essendo più calorico.
Un sistema che permetterà di non avere più la seccatura di dover cucinare o anche solo di riordinare: basterà avere una piccola scatola al posto di una intera cucina, allora già diventata pezzo di antiquariato, per avere una dispensa ben rifornita per alcuni mesi e forse anni. L’unico problema sarà leggere le etichette stando attenti ad eventuali sofisticazioni.
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::autore_::di Fabrizio Cerami::/autore_:: ::cck::1819::/cck::