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In attesa che il Governo porti a Bruxelles la manovra correttiva di 3,4 miliardi, si avvia la caccia agli indizi per reperire risorse, tra misure anti evasione, ritocchi alle accise e qualche taglio lineare ai vari ministeri.
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In attesa che il Governo Italiano porti a Bruxelles la manovra correttiva di 3,4 miliardi, i giornali economici iniziano a esaminare gli indizi sulle voci di reperimento delle risorse, con 1,7 mld di misure anti evasione e ritocco alle accise e qualche taglio lineare ai vari ministeri. L’attenzione si sposterà poi sulle solite diatribe, legge elettorale e questioni di politica interna, mentre il clima internazionale si prepara alla prossima tempesta: la guerra commerciale che gli Stati Uniti stanno preparando, con l’avvento di dazi doganali alle importazioni e regole restrittive per gli scambi commerciali.
Nella difficoltà a immaginare l’evoluzione e l’applicazione di tali politiche, possiamo solo considerare la vulnerabilità del nostro paese, privo di una strategia di medio periodo e alle prese con una serie di problemi che risultano di difficile risoluzione.
Nel caso di una restrizione del commercio, causata dai nuovi dazi Usa, la nostra crescita, di per sé asfittica e affidata per più di un terzo alle esportazioni, andrebbe a mantenersi su valori dello 0.5-0,7%, in un quadro istituzionale e economico per nulla rassicurante; un’eventuale crisi finanziaria o economica investirebbe in pieno il nostro paese, privo di autonomia monetaria e con un sistema bancario allo stremo.
Dalle stanze di palazzo Chigi si studiano piani per il reperimento di risorse, il cosiddetto piano B che metta qualche toppa dinanzi a emergenze improvvise: la mappatura del nuovo catasto, ormai completato dall’agenzia delle entrate, è la nuova strada da perseguire, con le ipotesi di revisione delle tasse sugli immobili e le imposte di successione, così come da richiesta europea. Nonostante tutta la disciplina economica sottolinei l’inutilità di misure considerate ormai recessive, non si vede nulla all’orizzonte che possa dare slancio ad un paese che resta nelle secche, con valori di debito e occupazione ormai insostenibili all’interno del quadro istituzionale europeo.
Il sistema bancario, con 114 banche a rischio crac, è il tassello più importante per uscire dallo stallo che la crisi economica e i vincoli europei hanno creato.
Senza la possibilità di usufruire di risorse pubbliche per mettere in sicurezza la montagna di crediti deteriorati (npl-no performing loans) difficilmente l’Italia potrà resistere ad altre turbolenze che arrivano dall’Atlantico.
La questione dei dazi e di un nuovo periodo di protezionismo andrà ad accelerare la competitività tra le varie aree del globo, con vari paesi che hanno già introdotto sgravi fiscali per le imprese, la “corporate tax”, in diminuzione sia in Gran Bretagna sia in Australia, a riprova del clima di riscaldamento sul fronte commerciale, ormai orientato a un futuro irrigidimento degli accordi sul libero scambio.
Se il cammino del paese rimane quello dell’italico “tirare a campare”, evitando per ora il ricorso al MEF (meccanismo europeo di stabilità) per non sottoporsi a politiche economiche dettate da una serie di burocrati di Bruxelles, nel medio periodo serviranno di sicuro sofferenze e penitenze peggiori per espiare le nostre colpe.
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::autore_::di Gianluca Di Russo::/autore_:: ::cck::1935::/cck::