Economia

Francia: la “vie en rose” è un ricordo?

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Foto via Gouvernement français.
La vittoria di Macron alle presidenziali rappresenta la continuità delle politiche neoliberiste. Ma mai la Francia ha presentato una disgregazione sociale così accentuata.

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Saldo delle partite correnti in rapporto al PIL.
 
Rapporto tra saldo di bilancio pubblico e PIL.

La vittoria di Macron alle elezioni presidenziali francesi viene festeggiata dall’establishment europeista a suon di calici di champagne, allontanando così lo spauracchio populista che era rappresentato da Marine Le Pen.
Mai nella storia la Francia ha presentato una disgregazione sociale così accentuata, con forti contrasti ai valori di libertà e uguaglianza stampati nella carta costituzionale. L’analisi del voto mostra come è forte la dicotomia tra centro, identificato negli “arrondissements” centrali delle grandi città, costituiti dai cittadini ad alto reddito, e le periferie e distretti industriali e agricoli, colpiti maggiormente dal crollo dei redditi degli ultimi dieci anni.
Il giovane Macron, prodotto spendibile dell’ultima ora dei trattati europei, rappresenta la continuità delle politiche neoliberiste, tramutate in messaggi di falso modernismo, che vede la sua creature della “loi travail” (legge sul lavoro) come il cardine per lo smantellamento progressivo dell’intervento dello Stato nell’economia, lasciando ai mercati e al grande capitale la regolamentazione delle condizioni di vita dei cittadini.
Nonostante i vari tentativi di facciata, la tendenza della società francese è ben rappresentata dagli andamenti economici degli ultimi anni.
La Francia è molto più omogenea all’Italia (vedi fig 1), con uno squilibrio continuo delle partite correnti, a partire dagli anni ‘90, a dimostrazione che anche l’economia francese è costretta dal cambio fisso rappresentato dall’euro a subire l’invasione di merci e servizi da parte della Germania, con un accumulo sempre maggiore di deficit privato commerciale.
Nonostante il progressivo smaltimento del Welfare, per ribilanciare i conti, il deficit pubblico rimane superiore al 4%, con una disoccupazione vicina al 10%, fenomeno che assimila la Francia a paesi come Italia, Spagna e Portogallo.
La “grandeur” francese, di mantenere saldo il rapporto con la Germania, presenta un costo molto elevato per la storica belligeranza della società francese che ha fatto dei giacobini e della ghigliottina una memoria e identità di popolo.
Le politiche neoliberiste che verranno perseguite dal nuovo presidente andranno sempre di più a creare una secessione tra i vari strati della popolazione, dai sostenitori del front nationale ai maltrattati elettori di Melenchon.
Un progetto politico, e soprattutto economico, difficilmente può reggere nel medio periodo, quando realizza disuguaglianza e iniquità sociale, soprattutto, come sostiene la Le Pen, se a comandare è una donna e si chiama Merkel.

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::autore_::di Gianluca Di Russo::/autore_:: ::cck::2003::/cck::

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