::cck::2091::/cck::
::introtext::
L’aggravarsi della situazione di accoglienza dei migranti provenienti dall’Africa, via Libia, rischia di provocare un terremoto politico in Italia, con pesanti ripercussioni sulle relazioni con i Paesi amici e con la UE.
::/introtext::
::fulltext::
Il prossimo summit del G20 avrà luogo ad Amburgo il 7 ed 8 luglio sul tema, proposto dalla Germania, “Dare forma a un mondo interconnesso”.
Considerando l’approssimarsi delle elezioni in Germania per il rinnovo del parlamento, il Bundestag, ed il ruolo leader del Paese nell’Unione Europea, gli osservatori attribuiscono al summit una rilevante valenza politica, per i temi in discussione: economia, finanza, clima, commercio, occupazione e sviluppo.
Lo scorso 29 giugno si è svolta una riunione preparatoria del vertice convocata dal cancelliere Angela Merkel in ambito Unione Europea in cui il “mondo interconnesso” ha mostrato un esempio di applicazione pratica sulla grave crisi che investe l’Italia nel fronteggiare il fenomeno migratorio, per il quale il premier Gentiloni si aspetta “aiuti concreti” da parte della UE. Una eventuale mancanza di riscontro politico positivo alla richiesta italiana rappresenterebbe un vulnus nei rapporti interni alla UE che renderebbe più debole la UE, impegnata peraltro anche nella trattativa sulla Brexit.
Un riscontro positivo alla richiesta italiana, invece, rafforzerebbe la leadership della Germania sul piano politico e ricollocherebbe nella corretta posizione il ruolo della Francia di Macron.
Ma perché Macron si è tirato indietro rispetto alle prime dichiarazioni apparentemente favorevoli alle richieste italiane? Possiamo fornirne una delle possibili chiavi di lettura.
L’Africa non interessa a Trump: c’era da aspettarselo anche perché è il contrario di quanto ha fatto Obama. Nel primo semestre del suo pontificato, Trump ha impostato una politica di bilancio che prevede profondi tagli agli aiuti allo sviluppo in Africa, ha chiamato Muhammadu Buhari in Nigeria, e Jacob Zuma in Sudafrica e successivamente il keniano Uhuru Kenyatta, per comunicare loro l’interesse americano per lo sviluppo delle rispettive relazioni bilaterali. La costruzione di alleanze strategiche basate su valori condivisi e sviluppo a lungo termine viene sostituita da un approccio transazionale che privilegia il guadagno a breve termine attraverso accordi bilaterali.
L’Italia, invece, ha un grande interesse ad una corretta politica nei confronti di molti paesi africani, in quanto luoghi di provenienza dei migranti: è con tali paesi che devono essere stipulati accordi sia per il respingimento dei migranti giunti in Italia senza averne titolo, sia per una assistenza alle frontiere di partenza. E’ questo il caso, ad esempio, dell’accordo del marzo scorso tra Italia e Niger con il coinvolgimento della UE e con un impegno dell’Italia di 50milioni di euro.
Naturalmente si tratta di una strategia lunga e complessa: il percorso che gli aspiranti migranti devono seguire, quasi obbligato, comporta l’attraversamento della Libia, senza una pacificazione della quale, si rischia di vedere vanificati gran parte degli sforzi compiuti finora dall’Italia in primo luogo.
Un grande interesse per le vicende che si svolgono in nord Africa lo dimostra la Francia.
![]() |
Emmanuel Macron è reduce da un secondo viaggio in Mali, in cerca di una exit-strategy da un pasticcio militar-diplomatico che va avanti dalla nascita dell’operazione Barkhane, nell’agosto del 2014, nell’ambito della strategia francese per il Sahel, che mira a garantire autonomia ai paesi partner nella sicurezza della fascia sahélo sahariana.
In estrema sintesi il presidente francese Emmanuel Macron, che aveva già visitato il Mali il 19 maggio scorso, è tornato a Bamako lo scorso 2 luglio, per presenziare alla riunione straordinaria del G5 Sahel, con i presidenti di Mali, Mauritania, Burkina Faso, Niger e Ciad ed accelerare la creazione di una forza multilaterale antiterrorismo, la cosiddetta “Force Sahel”.
Le vicende che hanno condotto alla costituzione della “Force Sahel” sono complesse e non sostituiscono l’operazione Barkhane, bensì aggiungono una forza di 10mila soldati saheliani nella lotta contro Al Qaeda nel Maghreb Islamico (Aqmi) e i suoi affiliati nella regione. Peraltro, uno dei rischi che va scongiurato è la saldatura tra Aqmi e Boko Haram la cellula terroristica che opera ai confini tra Nigeria, Niger e Ciad. In presenza, quindi, di una strategia che negli ultimi cinque anni non ha prodotto i risultati sperati, sembra logico che Macron voglia evitare impegni e coinvolgimenti in “avventure italiane”.
E questo è tanto più vero se si riflette su quella che qualcuno definisce la madre delle ambiguità.
Il ruolo chiave di tutte le vicende relative all’accoglienza dei migranti che hanno coinvolto l’Italia negli ultimi anni appartiene alla Libia, o forse meglio, al suo tessuto socio-politico.
Non è un caso che dopo le sconsiderate vicende della guerra alla Libia di Gheddafi i tentativi di pacificazione da parte dell’ONU abbiano sempre cercato di rendere protagoniste le forze rappresentative libiche. A tutt’oggi, però, non si può affermare che i tentativi svolti abbiano sortito gli effetti desiderati.
Tra i tanti motivi che hanno ostacolato il processo di pace non è secondario l’appoggio fornito al generale Haftar, anche da parte della Francia e dell’Egitto, ma, secondo quanto la Merkel ha dichiarato all’Huffington Post “Non possiamo accettare che in Libia regni l’illegalità e che essa diventi situazione permanente”.
::/fulltext::
::autore_::di Giorgio Castore::/autore_:: ::cck::2091::/cck::