Con l’avvicinarsi dell’appuntamento elettorale viene a galla la complessità del quadro politico italiano.
Se una cosa può essere detta del nostro quotidiano politico è certamente che ogni giorno ci riserva qualche novità più o meno clamorosa, un caleidoscopio inesauribile che rende plasticamente evidente la complessità della nostra società e di quella politica che, volenti o nolenti, ne è manifestazione, per quanto a volte deformata. Un meccanismo che diviene parossistico ogni volta che – e il passato ci insegna molto spesso – si avvicina un appuntamento elettorale. È allora che il meglio e il peggio ci appaiono con sempre maggior chiarezza, mentre il Paese comunque deve andare avanti, procedere, produrre, mantenere se stesso. Quanto più le promesse elettorali sono eccentriche rispetto alla realtà, tanto più l’opinione pubblica ne percepisce e subisce l’influsso, salvo poi constatare che le regole della convivenza impongono sempre una ricomposizione, pena la deflagrazione del sistema!
Una premessa per addentrarci, come ogni settimana, nell’universo in continua metamorfosi della nostra vita politica alle prese con una nuova stagione di mutamento e confusione. Nulla è al suo posto in sostanza e tutto cerca di trovarlo. Lo scenario che si presenta è degno di una commedia dell’arte da un lato e di un surreale copione simile ai personaggi in cerca d’autore mirabilmente descritti da Pirandello.
Il primo dato che attira l’attenzione è per così dire “schizofrenico” rispetto a quelli al quale siamo abituati. In una realtà nella quale i partiti tradizionali sembrano in fase di scomposizione-ricomposizione, assistiamo ad una singolare metamorfosi del movimento che più di ogni altro ha teso a manifestarsi come anti sistema, i cinquestelle. L’evoluzione dal “vaffa” grillino verso il movimento di governo sta mostrando una tendenza inesorabile verso un “imborghesimento” progressivo. Dalla chioma incolta e confusa del guru siamo passati al capello corto, azzimato e a base di gommina gel del nuovo leader che si abbiglia da bravo ragazzo seppur riverniciato da una parvenza di nuovo che più stantio non si può! A tradire la vera natura l’incapacità di proporre qualcosa e la continua battaglia di rimando contro gli avversari, unico terreno nel quale eccelle nella logica del “sono tutti parte dello stesso sistema, noi li manderemo a casa e una volta al governo vi faremo vedere di cosa siamo capaci”, cioè rendere il paese finalmente il bengodi del “cittadino”. Ma siamo sempre davanti alla porta del fortino, immaginando di abbatterne le mura, senza tuttavia avere alcuna idea del dopo, salvo l’inevitabile “finalmente saranno i cittadini a governare, mandare a casa ladri, truffatori, inetti” e via sciorinando ovvietà senza fine. Una riedizione 2.0 del citoyen della rivoluzione francese, dove all’indomani della rivoluzione, tuttavia, è arrivato il Terrore! Ovviamente nessun pentastellato potrebbe divenire Robespierre; appare però evidente che nessuna delle regole di comportamento dettate dai guru avrà cittadinanza nei cinquestelle di governo, pena la distruzione di ogni regola e di ogni schema di governo del paese. Ed è qui che il nuovo si infrange non sul vecchio, ma sulla realtà. Una realtà che ha dimostrato pressappochismo, inesperienza e insieme una grande dose di arroganza che non appare elemento rassicurante. Gli italiani forse li manderanno al governo, ma se ne potrebbero pentire poi amaramente.
E’ ovvio constatare subito che anche il resto del proscenio non dà alcuna elemento rasserenante. Anzi!
Il dato che più di ogni altro spicca è certamente la rinascita della “cosa”! Di quell’unicum che tanti anni fa sembrò personificare il nuovo che nasceva dalla vecchia sinistra comunista nel mondo post muro! Qualcosa che non ha mai raggiunto forma comprensibile e che ha avuto come risultato la fusione fredda del Pd, ora giunta ad una crisi che potrebbe essere fatale. Ebbene, senza memoria, senza criterio e soltanto per agire contro qualcuno e non certo per il bene del Paese che non capiscono più, i novelli artefici del nuovo soggetto della sinistra hanno dato vita a qualcosa che sa di vecchio e che rispolvera desuete parole d’ordine di un mondo che purtroppo non esiste più e da tempo. Per evitare che l’elettore medio debba misurarsi con la sua volontà di votare D’Alema o Bersani, si è anche pensato di chiamare qualcuno di alto profilo a guidare la nuova “cosa” e la scelta è caduta sul presidente del Senato, che ha accettato. Qual possa essere l’apporto di diversità che questa scelta porterà alla nuova aggregazione tra scissionisti e sinistra italiana varia, non è dato sapere. Un dato appare però subito evidente. Mutuando un comportamento già attuato da altri in passato, non tutti a dire il vero, il neo leader non ha mantenuto il doveroso distacco istituzionale derivante dal suo ruolo in teoria super partes, ma si è schierato attaccando altri esponenti di quello stesso parlamento del quale è alta figura rappresentativa, nonché attuale seconda carica istituzionale sino a fine legislatura. Non un bel biglietto da visita, ma una strada che sembra attirare anche la Presidente della Camera sinora più prudente. Un elemento non certo confortante se lo scopo della “cosa” è quello di riaffermare il buon tempo antico della Repubblica democratica e antifascista. Con le sue regole e i suoi riti. Staremo a vedere, ma se il buon giorno si vede dal mattino…
Per il Pd si tratta della fase più difficile dalla sua fondazione. Il partito sta inevitabilmente mutando natura e fisionomia, ma non è ancora chiaro se a prevalere sarà la leadership renziana o qualche nuova versione della vecchia guardia che lo ha sostenuto e che non ha seguito la scissione. Appare inevitabile un nuovo equilibrio interno nel quale il segretario dovrà venire a patti con i suoi competitor e contemporaneamente si dovrà cercare di ampliare al massimo la possibile base elettorale. La nuova legge elettorale impone necessariamente forme di collaborazione, altrimenti l’obiettivo del 40 per cento che serve ad avere una maggioranza di seggi resta un miraggio. Anche per Renzi e i suoi il momento non è certo semplice e lo dimostra il profilo bassissimo assunto dal leader in questi primi passi di campagna elettorale.
Non di facile decifrazione è anche la direzione e il senso che assumerà la coalizione di centrodestra. Nulla sino ad ora sembra indicare un idem sentire e una direzione comune. Le fisionomie di Forza Italia e della Lega/Fratelli d’Italia al di là della facciata di coalizione necessaria restano poco compatibili e non è chiaro come si arriverà ad una sintesi coerente. Resta il fatto che i favori elettorali sembrano non abbandonare Berlusconi e Salvini rendendo anche possibile un’affermazione per così dire “governativa” dell’area, malgrado le divisioni.
Ad inquinare infine lo scenario, appaiono una serie di rigurgiti di stampo neofascista, senza storia e senza futuro, con contrappunto scontato, da sempre all’origine di guai peggiori e reazioni opposte in nome di antifascismo e resistenza, anche in questo caso utilizzati senza intelligenza prospettica.
di Roberto Mostarda