La parola

Autoreferenzialità

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E’ sempre dietro l’angolo, nella scelta settimanale della parola, il rischio di far riferimento a qualche termine che provoca quanto andiamo a descrivere oggi! Come a dire che nella scelta in questione si nasconde in certo senso il carattere di chi scrive. Ecco allora che parliamo di autoreferenzialità. Il sostantivo in questione descrive in primo luogo qualcosa che “fa riferimento esclusivamente a se stesso, trascurando o perdendo ogni rapporto con la realtà esterna e la complessità dei problemi che la caratterizzano” come recita il dizionario. Nulla di più, nulla di meno. Eppure spesso sentiamo calare questa critica, questa “accusa” in dibattiti, confronti come anche in discussioni private. Non è da escludere che a quasi tutti sia capitato di sentirsi definire come portatore di questa caratteristica. 

Se il sostantivo è limitato così a se stesso, ossia è autoreferenziale per antonomasia, più ricca di indicazioni è la questione se ci volgiamo all’aggettivo di riferimento, ossia autoreferenziale. Facendosi soccorrere dal dizionario e in questo caso da un foro altissimo come l’Accademia della Crusca, apprendiamo allora che il termine «autoreferenziale» è adoperato soprattutto in logica e serve a indicare un enunciato che, in qualche modo, si riferisce già a sé stesso (si pensi, ad esempio, al paradosso di Epimenide, originario di Creta, secondo il quale: «tutti i cretesi sono bugiardi», qui la dimensione “autoreferenziale” permette di individuare il paradosso, secondo il quale lo stesso enunciato «tutti i cretesi sono bugiardi» andrebbe considerato a sua volta come una bugia. Lo stesso termine, per un fenomeno che in semantica può chiamarsi allargamento, è passato a significare qualsiasi cosa che, per un verso o per l’altro, può far riferimento a sé stesso: allora un autore può essere “autoreferenziale” – e lo stesso Dante lo potrebbe essere nel suo libello “La vita nuova” (ma anche nella Commedia, quando riusciamo a distinguere il Dante-autore dal Dante-personaggio, e, per i più attenti, questi due dal Dante-storico…). Lasciando in pace l’Alighieri, aggiungiamo che “autoreferenziale” potrebbe essere una qualsiasi persona che parli di sé; oppure anche una persona particolarmente egoista (o forse meglio “egotista”); oppure un oggetto che faccia riferimento a sé stesso (un “segnale stradale” in una qualche agenzia di “scuola-guida”; ma anche un semplice oggetto in un’esposizione di un qualsiasi negozio – un’automobile esposta in una concessionaria potrebbe essere benissimo “autoreferenziale” e così via).  

In sostanza, ancora una volta ci troviamo inviluppati in una parola che essendo essa stessa sufficiente a se stessa, ci impedisce di affrontarne aspetti e declinazioni nei più diversi contesti, costringendoci oltretutto a fare molta attenzione per non essere bollati da chi legge queste riflessioni, come in una deriva non si può non dirlo …. autoreferenziale! 

Usciamo quindi di impaccio per guardare come sempre alla nostra quotidianità nazionale e alla vigilia sempre più frenetica, ma al rallentatore che ci sta portando verso il voto dei primi di marzo. 

Ed ecco che ci soccorre un dato per così dire “ontologico” dei leader che si affacciano sul proscenio da protagonisti. Nessuno può essere escluso dalla definizione di autoreferenziale che a loro si attaglia perfettamente. In questo caso essa vuol dire eccessiva consapevolezza di sé, autostima oltre la normalità, incapacità di confrontarsi non soltanto con l’avversario, ma con i propri stesso compagni di partito o movimento e di corsa elettorale. 

Questa autoreferenzialità si manifesta in primo luogo nelle scelte delle candidature. Se ci si fa caso – malgrado le affermazioni relative all’ampio confronto e all’approfondito dibattito nel paese o sul web – le indicazioni finali assumono chiaramente le caratteristiche dell’autoreferenzialità di chi le esercita. Vale a dire che sovente non si capisce assolutamente, come in una lotteria impazzita, quale sia il criterio in base al quale vengono assunte decisioni di ammissione, di esclusione , di ammissione e di esclusione in capo ad un solo soggetto e via con le possibili varianti, pensiamo al ripescaggio a furor di popolo o allo sbianchettamento dei nomi una volta formate le liste, azione perpetrata nel silenzio e nell’oscurità, naturalmente, contando sull’effetto sorpresa. 

Altro aspetto di autoreferenzialità, quello legato alle proposte (termine forse eccessivo o abusato) che gli stessi leader fanno agli elettori. Proposte che partono da un problema specifico per trasformarlo in una sorta di pietra filosofale sulla quale far girare le promesse che poi si susseguono a rotazione, ma senza un aggancio reale al paese reale e ai suoi problemi! Autoreferenzialità, appunto portata al massimo grado.

Autoreferenziale, poi, anche se forse più frutto di timore, l’affermazione o le affermazioni su come si sia in sintonia con la gente, accanto ai problemi, pronti a dare le risposte giuste che il popolo attende e via sempre più in un delirio di certezze autoreferenziali appunto.

Per arrivare al massimo della autoreferenzialità quando, dinanzi ai risultati del voto, se positivi ci si esalta “autoreferenzialmente”, della serie “lo sapevo” e così via; se negativi ancor più in un autoreferenziale “non sono stato capito” invece di un più umile “forse non mi sono spiegato bene”! Ma si sa … l’autoreferenzialità è così e basta!

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::autore_::di Roberto Mostarda::/autore_:: ::cck::2445::/cck::

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