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La serie di Gomorra è additata ovunque come mandante dei recenti episodi di cronaca. Una caccia al colpevole, più che al movente. Primo “indagato”: Roberto Saviano. Ma c’è davvero il rischio emulazione?
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La serie Gomorra di Roberto Saviano, giunta ormai alla terza stagione, ha raccolto col trascorrere del tempo critiche sempre più aspre.
Tanti fra giornalisti, magistrati e politici – qui le parole di De Magistris – hanno giudicato fatti di cronaca recenti come episodi generati dall’emulazione dei protagonisti di Gomorra. Esemplificazione di tali affermazioni sarebbe il caso recente del ragazzo che ha sfregiato il volto di un coetaneo usando come tirapugni un orologio; la stessa violenza presentata nella terza stagione della serie. In molti hanno puntato il dito contro lo scrittore, colpevole di aver veicolato nel suo prodotto delle immagini troppo crude che correrebbero il rischio di esser travisate, o peggio, emulate.
Per poter assumere un’opinione critica in merito alla questione è necessario analizzare le reali potenzialità del mezzo cinematografico. Qual è il potere di un’opera d’arte? È concretamente possibile che le scene proposte in una serie – prodotto artistico al pari di un film – si possano riflettere nei comportamenti dei più giovani?
Alcuni studiosi ritengono che il prodotto cinematografico, così come ogni opera in genere, possa assolvere molteplici funzioni, delimitate da confini labili. Un film può essere un agente di storia – secondo lo storico francese Marc Ferro – quando vuole assumersi il compito di sedimentare qualcosa nella memoria, e riesce a produrre degli schemi di valore che possono condizionare ed influenzare la collettività (si pensi al cinema usato come strumento di propaganda politica nei regimi totalitari).
Un’opera d’arte, però, può assumere anche i connotati di un testimone qualora questa si proponga di raccontare – seppur in maniera soggettiva – la realtà di un preciso luogo in un certo arco cronologico; contrariamente alla precedente tipologia, il testimone non nasce con l’intento di veicolare modelli di comportamento, ma tenta di mostrare il reale con tutte le sue contraddizioni.
Considerando che le due funzioni non si escludono a vicenda, ma sono complementari e dunque possono coesistere, dobbiamo chiederci quale finalità si propone Gomorra – La serie: descrive uno spaccato di realtà, oppure mostra al pubblico dei modelli di valore da imitare?
È proprio osservando la vita dei protagonisti di Gomorra che appare evidente la risposta: nella serie si riconosce la ricerca esasperata di rappresentare il pesante tanfo di morte che aleggia ogni istante sull’esistenza dei boss. Ad ogni passo avanzato da costoro per l’ascesa all’interno del sistema criminale, ne corrispondono specularmente degli altri, ma opposti, non in ascesa, bensì in declino, che li trascinano pian piano verso il fondo da cui è impossibile risalire. Quanto più i malavitosi raggiungono l’apice della crudeltà, tanto più i gesti compiuti li conducono per mano alla morte. Una vera parabola discendente, presente in tutte le puntate, che dissuade di per sé da ogni possibile proposito emulativo. Nonostante ciò, quando nel campano ed in tutta Italia si sono verificati atti di violenza perpetrati da bande di ragazzi, si è gridato al lupo, additando la serie di Roberto Saviano. Una caccia al colpevole, più che al movente.
Per rispondere alla domanda iniziale: qual è il potere di un’opera d’arte? Una serie può davvero innescare dei propositi emulativi?
Quest’opera artistica non ha l’obiettivo di modificare la realtà, ma di mostrarne le ferite: una volta messe alla luce del sole, queste divengono patrimonio comune, note a tutti, ed è questa la ragione per cui da quel momento in poi tutti iniziano a riconoscerle in più corpi. Ciò non vuol dire, ovviamente, che le malattie che affliggono la realtà non esistessero già in precedenza, prima che nessuno le notasse.
Ma non bisogna nascondersi dietro un dito: l’emulazione è da sempre esistita. In casi come questo, però, gli atti emulativi possono nascere da alcune mancanze; prima fra tutte, l’assenza di adeguate conoscenze critiche che consentano di interpretare correttamente un prodotto artistico, film o serie tv che sia. In quest’ottica, i luoghi finalizzati all’istruzione, come le scuole, dovrebbero costituire dei baluardi culturali per la formazione di una coscienza interpretativa analitica, che permetta di cogliere i veri significati dietro una certa rappresentazione. Come ribadito da Saviano “Dove c’è educazione si rinuncia alla violenza, dove c’è vuoto di cultura c’è violenza”.
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::autore_::di Gabriella Impallomeni::/autore_:: ::cck::2458::/cck::