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Voto: istruzioni per l’uso

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Ai partiti, movimenti, leader o peone chiediamo di fare uno sforzo identitario e di ricondurre le proposte ad un pensiero concreto e non alla mera opinione ondivaga del momento

Il 4 marzo incombe, la coscienza rimorde e la seduzione è forte. Nella mente si confrontano in silenzio le solite domande e le usuali meste risposte. Che ci vado a fare? Il mio voto non conta. E poi chi dovrei votare? Non c’è un partito o un movimento che mi rappresenti. Dei candidati che mi sono stati assegnati neanche a parlarne. E pure ce ne fosse uno, che potrebbe fare? Ma se non vado, come verrà strumentalizzato il mio non voto?

Domande e risposte afone che tornano ad affliggere la maggioranza silenziosa degli italiani.

Sappiamo che questo pensiero passa da anni per la testa dei più; a qualcuno per protesta, ad altri per disillusione, rinuncia, disperazione. Sensazioni diffuse al punto che è stato addirittura costituito un partito dell’astensione. Purtroppo maggioritario.

Una scelta, l’astensionismo,  avvertita ancor più come inevitabile dopo le varie “novelle” legislative che si sono susseguite in materia negli ultimi anni; tutte avvertite dal cittadino come negazione del suo sacrosanto diritto di voto, di rappresentanza e di partecipazione.

La conseguenza è che, come sappiamo, qualunque maggioranza esca dalle urne non rappresenterà il Paese, ma solo la maggioranza dei votanti. Ovverossia una minoranza degli aventi diritto al voto.

D’altronde sappiamo che, cadute (o meglio, scadute) le ideologie, per colpa di falsi profeti e veri approfittatori, sono venuti meno prima gli ideali, poi le idee; nessuno sa più che pesci prendere; si è tutti allo sbando; politici e politicanti inseguono solo l’ultimo sondaggio e vi si adeguano. A sua volta il cittadino, qualunque sia il suo reddito e il suo ruolo, è ormai diventato un “povero cristo”, inondato da un mare di fake-news che ha trasformato tutti gli organi di informazione in fake-media; entità virtuali (e affatto virtuose) che insieme contribuiscono a formare quella che viene contrabbandata come opinione pubblica; sondaggi contrabbandati e percepiti come volontà popolare.

Il risultato è che ormai le realtà politiche che in realtà si contrappongono, quasi alla pari, sono solo due, entrambe immateriali; saranno loro i vincitori delle prossime elezioni: quella astensionista e la vox pop (quest’ultima a sua volta scomposta tra le varie formazioni realmente in corsa).

Queste (le formazioni) a loro volta ripetono solo le bugie che pensano essere più gradite alla loro area di riferimento, e, a dispetto di qualsivoglia coerenza, anche a quella affianco; giusto per pescare qualche voto in più.

Tutte consapevoli che il programma politico che enunciano non sarà mai possibile e infischiandosene se è in contrasto con i loro pretesi ideali di riferimento.

L’impressione è che elettori, candidati e partiti si avvicinino al seggio elettorale come se entrassero in una sala giochi e che tutto sia affidato al caso. Eppure tutti sappiamo che la democrazia non è un gioco e che ne va della nostra vita; e, ahinoi, di quella dei nostri figli e nipoti incolpevoli.

Con queste premesse, è chiaro che anche il cittadino più onestamente politicizzato diventi politicamente astenico.

Confesso che c’è stata una volta che ci sono caduto anche io. Avevo stretto un patto con un amico, che pensavo onesto e che politicamente la pensava in maniera diametralmente opposta alla mia, perché nessuno di noi due andasse a votare; le nostre astensioni si sarebbero elise a vicenda e io mi sarei risparmiato quella che all’epoca ritenevo una mortificazione, senza tradire l’eredità costata tanto sangue a nostri padri. È andata che io non ho votato e lui si, e sono stato fregato. Bell’amico.

Da allora in poi il dovere è prevalso sulla sfiducia, e la mia tentazione astensionista si è trasformata in una sorta di attivismo astenico, una sorta di partecipazione passiva, che negli ultimi decenni più di una volta mi ha portato a votare convinto, malgrado la chiara percezione del graduale svilimento della democrazia in generale, e di quella parlamentare in particolare.

Infatti, anche se può capitare di andare a votare come un malato infiacchito da una malattia cronica che, per istinto di sopravvivenza, prende la sua amara medicina, ritengo doveroso farlo. Avverto il dovere di partecipare consapevole che il mio voto è l’ultima manifestazione di libertà di pensiero e di democrazia che c’è rimasta. E anche l’ultima chance.

Sperando che quei cantastorie e suonatori che usciranno dallo spoglio, ottenuto lo scanno, mettano da parte il flauto magico e facciano le persone serie cercando di armonizzare le possibilità alle necessità, e queste alla realtà, prego, tutti – partiti, movimenti, leader o peone – di fare uno sforzo identitario attingendo alla memoria della loro formazione, debole o forte che sia, per ricondurre le loro proposte ad un pensiero concreto, e non alla mera opinione ondivaga del momento; un pensiero costruttivo, programmatico, pluriennale, libero, sincero, autentico e consapevole; e che non sia il solito inseguimento della vox populi desunta da uno share.

Senza di questo il sistema non funziona; la democrazia parlamentare non funziona.

Per questo auguro a tutti, e malgrado tutto, buon voto.

Come si vota (dal sito istituzionale del Ministero degll’Interno)

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