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Siria: la legge del più forte

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 Soldati turchi

Le divisioni dell’esercito siriano hanno ormai sfondato le ultime linee di resistenza delle milizie islamiste, decretando la fine di quello Stato parallelo che nei giorni più bui della guerra civile aveva fatto tremare l’establishment di Damasco

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Mancano pochi giorni, forse ore, alla resa definitiva delle formazioni ribelli, appoggiate dalla popolazione, che in questi sette anni di guerra civile hanno controllato la Gutha orientale, una regione verdeggiante e ricca di terre coltivate, (al-ghuta in arabo vuol dire l’oasi), situata a ridosso di Damasco, che dai primi sussulti della rivoluzione del 2011 è stata la vera spina nel fianco del regime di Assad.

Le divisioni dell’esercito regolare siriano e della Guardia Repubblicana, in tutto quasi 100mila uomini, hanno ormai sfondato le ultime linee di resistenza delle milizie islamiste, decretando la fine di quello Stato parallelo che nei giorni più bui della guerra civile aveva fatto tremare l’establishment di Damasco, con incursioni nei quartieri controllati dai governativi ed il lancio di migliaia di colpi di mortaio che hanno reso la vita dei cittadini della capitale della Siria una vera via crucis quotidiana.

Non meno difficile è stata la condizione degli abitanti della Ghuta, sottoposti ai bombardamenti dei jet di Assad e dei suoi alleati russi che, nonostante i recenti annunci di disimpegno dai terreni delle operazioni, negli ultimi giorni hanno incrementato i raid consentendo la spallata definitiva dell’esercito governativo. La martoriata regione è stata inoltre oggetto nell’agosto del 2013 di attacchi con gas Sarin, come confermato da un pool di esperti delle Nazioni Unite, che hanno causato la morte di oltre 1500 persone. Un interminabile fiume di profughi sta avviandosi verso i campi profughi a ridosso del confine giordano, incrementando la catastrofe umanitaria che da anni sta straziando migliaia di vite, soprattutto donne e bambini, impossibilitate ad accedere ai minimi servizi di base.

Altrettanto disperata è la situazione che stanno vivendo gli abitanti della regione di Afrin nell’estremo nord-ovest della Siria. L’offensiva “ramoscello d’ulivo“, intrapresa da Erdogan per conquistare la città di Afrin e spezzare il controllo curdo della zona lungo il confine con la Turchia è arrivata al suo settantesimo giorno di operazioni. Migliaia di civili sono stati costretti a lasciare le proprie abitazioni, mentre le milizie curde sono impotenti di fronte alle forze messe in campo da Ankara che possono contare su artiglieria pesante e cacciabombardieri che martellano dall’alto ogni tentativo di resistenza. Il lavoro sporco di prima linea è affidato ai cosiddetti ribelli siriani filo-turchi, bande di ex miliziani dell’Isis che stanno decimando, con la brutalità che li contraddistingue, ogni appartenente alla comunità curda maggioritaria in questa zona della Siria.

ypj e ypg

 

Dagli ultimi eventi appare chiaro che il vero “dominus” di questo sventurato paese è la Russia ed il suo inquilino fresco di riconferma. Gli eventi nella regione della Ghuta e di quella di Afrin rappresentano plasticamente il tacito accordo sancito dai tre Presidenti impegnati nelle operazioni. Alla Turchia è stato dato il via libera per porre un freno alle velleità separatiste della Rojava curda nel nord del paese mentre ad Assad è stata data la possibilità di farla finita con la sacca di resistenza interna più pericolosa per il regime, con buona pace del legittimo diritto, dopo sette anni di guerra civile, di autodeterminazione e di autodifesa della popolazione.

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::autore_::di Diego Grazioli::/autore_:: ::cck::2547::/cck::

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