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Cristalleria con elefante

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La situazione di incertezza che si sta determinando tra i 27 stati della UE alimenta uno scontro esasperato che non ha seri motivi di esistere se non affermare supremazie figurative.

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Non mi sarei mai aspettato tanta povertà di idee, a cominciare dai tentativi cui assistiamo quotidianamente nelle vicende che riguardano il problema dei migranti.

Cominciamo dall’obiettivo della riunione programmata per domenica 24 giugno scorso: un incontro informale organizzato, su forte insistenza della cancelliera Merkel, non dal legittimo titolare della funzione, Donald Tusk, attuale Presidente del Consiglio Europeo, ma dal Presidente della Commissione Jean-Claude Juncker.

Ci sarà pure qualche motivo per cui abbiamo dovuto assistere a questo scambio di ruoli!

Secondo alcuni si tratterebbe della delicatezza del ruolo ricoperto dal polacco Tusk, a suo tempo indicato per quella funzione presumibilmente dalla Polonia. Con certezza lo scopriremo: intanto possiamo affermare che, probabilmente, l’ex premier polacco si trova in condizioni di difficoltà: gli formuliamo, comunque, i nostri più vivi ringraziamenti per la sua attività in seno alla UE.

Ma non si tratta dell’unico superfunzionario a trovarsi in difficoltà.

Le cronache ci raccontano che nella crisi che ha investito i paesi dell’Unione Europea sulla gestione delle migrazioni esisterebbe al momento un solo punto sul quale si potrebbe registrare una convergenza unanime, o quasi: quello sul rafforzamento delle frontiere esterne, altrimenti detto anche superamento delle regole di Dublino.

Per comprendere qualcosa in più sarà necessario aspettare lo svolgimento del vertice del Consiglio Europeo previsto per il 28 e 29 giugno con all’ordine del giorno due importanti temi: migrazione, sicurezza e difesa, nonché economia e finanza.

Lo stato di confusione in cui versa la babilonia ampiamente alimentata dagli avvenimenti degli ultimi giorni non fa sperare bene.

A titolo di esempio basta riprendere il documento presentato dal Presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte che al primo punto del documento presentato nel vertice informale del 24 scorso recita: . “Intensificare accordi e rapporti tra Unione europea e Paesi terzi da cui partono o transitano i migranti e investire in progetti. Ad esempio la Libia e il Niger, col cui aiuto abbiamo ridotto dell’80% le partenze nel 2018”.

Ebbene se ci rifacciamo a tali investimenti non avremmo potuto scegliere due esempi peggiori.

Per quanto riguarda la Libia, possiamo riferirci a investimenti in progetti senza un minimo di stabilità, in costante squilibrio grazie anche al ruolo che gioca la Francia sostenendo, d’accordo con l’Egitto, le truppe del generale Khalifa Haftar. La preoccupazione del leader leghista Matteo Salvini invece, emersa anche negli ultimi giorni, è stata spesa nella dialettica corrosiva con il presidente francese Macron, conscio, a differenza del suo interlocutore, del proprio potere.

Ma non basta. Ancora peggiore è la situazione degli investimenti in progetti col Niger, un Paese presso il quale l’Italia aveva ampiamente investito prima con l’apertura di una nostra ambasciata, poi con la stipula di un accordo, ma successivamente arenatasi nelle secche della politica estera francese.

Se si dipende dalle decisioni altrui, non è una buona politica urlargli contro. Sarebbe come per un elefante muoversi in un negozio di cristalleria.

 

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::autore_::di Giorgio Castore::/autore_:: ::cck::2702::/cck::

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