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«Non fingere di governare la Francia o di presiederla se non sei pronto ad affrontarne i frangenti e gli ostacoli»
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«Non fingere di governare la Francia o di presiederla se non sei pronto ad affrontarne i frangenti e gli ostacoli», ha detto, rivoltosi a se stesso, il Presidente francese Emmanuel Macron, nel corso delle celebrazioni per il 60mo anniversario della Quinta Repubblica, svoltesi a Parigi nella sede del Consiglio di Stato lo scorso 5 ottobre.
Per meglio comprendere il senso di quella frase, andiamo indietro nel tempo a poco più di un mese fa, quando Macron ha dovuto fare fronte ad una situazione almeno “irrituale”, nella forma, ma ancora più singolare, nella sostanza: la partenza, (non siamo sicuri si tratti del termine più appropriato), di un membro non secondario del suo gabinetto, Nicolas Hulot, ministro per la transizione ecologica.
La forma scelta dal ministro Hulot per lasciare il Governo Macron, quella del rilascio di una dichiarazione alla stampa senza neanche un preavviso al Presidente, è apparsa decisamente singolare, considerando quanto il Presidente avesse puntato sul ruolo della Francia disegnato dopo l’abbandono strategico di Trump nella Assemblea generale delle Nazioni Unite (New York, 19 settembre 2017).
Molto più formale e ancora più pesante, non nella forma, ma nella sostanza, a distanza di poco più di un mese, l’abbandono del ministro dell’interno Gérard Collomb, che si è visto rifiutare le dimissioni da lui rassegnate nelle mani di Macron, ma da questi respinte, e subito dopo, rassegnate nelle mani del Premier Edward Philippe, che rimane, al momento, ad interim anche nel ruolo di ministro dell’interno.
Uno shock, per Macron, più duro del previsto, al punto da dover rinunciare alla visita protocollare di due giorni in Sud Africa, lui, appena rientrato dalla visita a Saint-Martin, l’isola franco olandese delle Antille, sconvolta l’anno scorso dall’uragano Irma.
Al riguardo alcuni osservatori attribuivano al Presidente la consapevolezza di un calo della propria popolarità ed iscrivevano la visita a Saint-Martin come la prima delle misure dirette ad invertire la tendenza al declino paventata dai curatori dell’immagine presidenziale, sempre più scollegata dai suoi elettori ed arrogante.
Niente paura! Le occasioni per sviluppare una strategia comunicativa non mancano né ai francesi né ai loro leader ed in ballo vi sono non soltanto questioni formali, bensì fatti sostanziali, a cominciare dalla minaccia terroristica.
E poi ci sono gli equilibri politici! La stampa francese ha voluto sottolineare la presenza, alla commemorazione, dei Padri della Patria, da Nicolas Sarkozy a Valery Giscard d’Estaing, e ricordare che la partita è ancora tutta da giocare, perché manca ancora almeno un accordo robusto, ad esempio, sull’abolizione della Corte di giustizia, quella che ha competenza nel giudicare i ministri.
Ma si tratta solo di strategia comunicazionale, per palati raffinati. Lo avranno capito i nostri leader?
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::autore_::di Giorgio Castore::/autore_:: ::cck::2845::/cck::