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La parola di questa settimana è Ponte, dopo la tragedia di Genova acquisisce un’accezione particolare, oltre ai consueti significati pratici e politici.
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Un termine cruciale, per il nostro paese,in questi mesi dopo la tragedia di Genova, ma che sottende un’infinità di significati e valori sia concreti che traslati. In linea di principio il termine è di derivazione latina dal simile pons. Con esso si indica un manufatto di legno, di ferro, di muratura o di cemento armato che serve per assicurare la continuità del corpo stradale o ferroviario nell’attraversamento di un corso d’acqua, di un braccio di mare, o di un profondo avvallamento del terreno. Le espressioni son le più varie, come fare o gettare un ponte, costruirlo in forma stabile o provvisoria come nel caso di emergenze.
Esistono poi locuzioni figurate e modi di dire proverbiali, quali ad esempio tagliare i ponti, bruciare i ponti, ovvero interrompere bruscamente i rapporti, troncare ogni possibilità di accordo o trattativa; ancora bruciare i ponti dietro di sé, quindi precludersi ogni possibilità di ritorno a una situazione precedente; anticamente con rimanere o stare in ponte indicava l’essere in dubbio, non sapersi risolvere; o nel caso fosse rivolto ad altro tenere nell’incertezza, nel dubbio.
Di ponti si parla in termini pratici nel campo delle costruzioni di infrastrutture, nell’edilizia, in fisica, in campo elettrico, nella meccanica e via dicendo. Non esiste campo scientifico o pratico dove la figura del ponte non abbia un preciso riferimento a qualche fattispecie. Il che lo rende un vocabolo di ampio spettro di significati. Per analogia, ad esempio, si definisce ponte qualsiasi struttura o mezzo, anche assai semplice e primitivo, che abbia funzioni simili a quelle dei ponti e consenta l’attraversamento di un luogo e che, se ha una buona consistenza, ne permette il passaggio.
Anche in geologia, si parla di ponti naturali in caso di arcate di roccia che sovrastano in genere corsi d’acqua fluenti o disseccati e che si sono originate per l’azione erosiva o dilavante delle acque stesse su rocce di diversa resistenza; anche, arcate originatesi per il franamento della volta di una caverna, frequenti in regioni calcaree. Ancora si parla di ponti continentali riferendosi a ipotetici collegamenti, emersi e successivamente sprofondati, fra le masse continentali, che spiegherebbero certe diffusioni di faune terrestri.
In funzione attributiva, si usa in alcune locuz. del linguaggio politico e giornalistico: governo ponte, nei regimi di democrazia parlamentare, governo programmaticamente di breve durata, privo di solida base politica, che nasce talora da situazioni di confusione e lacerazione politica, proprio per favorire, attraverso un chiarimento del dibattito e dei rapporti tra i partiti, la ricostituzione di una solidale maggioranza governativa;oppure legge ponte, provvedimento legislativo che disciplina alcuni aspetti parziali di una materia (per esempio tecnici o finanziarî), emanato al fine di consentire il passaggio a una più ampia e organica legge di riforma; soluzione ponte, intesa temporanea, politica, sindacale o anche parlamentare e di governo, realizzata in attesa che si crei la condizione favorevole per un accordo definitivo.
Avvicinatisi alla quotidianità nazionale, non vi è dubbio che l’esecutivo gialloverde sembri più intenzionato a rompere, abbattere o eliminare ponti piuttosto che costruirli, restaurarli o mantenerli in efficienza. Discorso che ovviamente non riguarda la ricostruzione del ponte autostradale crollato nel capoluogo ligure, ma che proprio in questo caso evidenzia non tanto la volontà di cambiamento che può essere graduale o immediato del governo, quanto l’intento di spezzare la continuità con il passato e con la realtà fattuale del paese in nome di un rinnovamento presunto che tuttavia ha sempre avuto nei ponti concettuali un elemento di valore. Pensiamo alla ricostruzione del ponte Morandi, soltanto un atteggiamento costruttivo può portare ad una soluzione che tuttora tarda a venire e che costituisce un elemento di unione e di vita per la città e per l’intero quadrante che su di essa insiste.
Contraddittoria poi appare questa posizione nel momento in cui si intendono costruire “ponti” politici con realtà esterne alla storia del paese e legate ad altre vicende, comune nel caso dei paesi dell’est Europa a dimostrazione che la necessità di mantenere aperti ponti sia una necessità pressoché ontologica per l’uomo. Solo che i ponti devono favorire un idem sentire, esserne espressione e non essere costruiti per dividere, mentre si cerca di abbatterne altri o li si rende meno efficienti, minandone la funzione.
Appare anche logico che la funzione del ponte sia quella di unire aree omogenee oppure di unire realtà diverse tra loro e che proprio in questo senso abbia funzionato per secoli l’esistenza di questi manufatti mentali o materiali. E che la sua funzione principe sia quella di favorire condivisione e unità di intenti per un bene superiore alle sole esigenze particolari. Il ponte identifica la capacità dell’uomo di essere in relazione con i suoi simili e abbatterne è sempre sintomo di sconfitta. Gli eserciti che hanno distrutto ponti per fermare il nemico, in tempo di pace sono stati spesso gli artefici dei nuovi ponti tra le genti. Quindi il ponte è un po’ come la mitica araba fenice che risorgeva dalle sue stesse ceneri. E’ il senso di appartenenza al genere umano che crea le premesse per costruire e immaginare ponti. Ogni volontà contraria appare divisiva e contro la stessa nostra comune umanità!
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::autore_::di Roberto Mostarda::/autore_:: ::cck::2842::/cck::