I dati Istat annunciano una stagnazione da tre anni e per questo motivo il premier Conte punta su una manovra in crescita, che sarà sottoposta al Parlamento nei prossimi giorni.
Nelle prossime ore e nei prossimi giorni, finalmente, si conoscerà la manovra del governo e sarà sottoposta alla valutazione del Parlamento. Si conoscerà dunque quel testo immodificabile per il quale l’esecutivo si dice disposto a dialogare con l’Europa ma senza modificare un termine, una cifra e dunque senza realmente dialogare. Un atto di sfida che non dovrebbe tanto preoccupare gli italiani per i risvolti europei o internazionali – che pure in termini macroeconomici potrebbero danneggiarci e non poco in termini di fiducia – , ma in primo luogo per quelli interni.
Non vi è dubbio, infatti, che la vera partita per i cinquestelle e per la Lega, si gioca nei rapporti di forza nazionali e nella capacità di prevalere dell’uno sull’altro. I gemelli diversi di Palazzo Chigi infatti stanno vivendo un braccio di ferro continuo ed estenuante, con un gioco della parti di non facile gestione per nessuno dei due. Attualmente sembra prevalere la visione del leader leghista e le previsioni di consenso lo mostrano chiaramente, domani chissà! Perché è proprio la spasmodica ricerca di qualcosa che metta in difficoltà Salvini a caratterizzare l’operato, le dichiarazioni, le scelte di posizione dei pentastellati. Di Maio si trova per la prima volta dall’inizio dell’esecutivo, a fronteggiare la crescente marea di sfiducia verso la versione governativa del movimento. Cresciuti, abituati, foraggiati, da una lettura contro, da una narrazione fatta di vaffa, di no, di far saltare tutti gli equilibri precedenti, ora alle prese con la concretezza del governare, dello scegliere e conseguenza diretta del non poter accontentare tutti e tutti insieme, i militanti si trovano ad attaccare i governanti a cinquestelle. Tutti i cavalli di battaglia di Grillo e di Di Maio – ma anche di Fico, Di Battista e compagnia – si stanno letteralmente infrangendo non contro un’opposizione capace e alternativa, ma contro loro stessi.
Il paese che li ha votati si sta infatti risvegliando dal torpore della ragione e se da un lato chiede il rispetto delle promesse, dall’altro inizia a chiedersi se la scelta sia stata lungimirante. Ascoltare ogni giorno Di Maio e gli altri esponenti grillini del governo, non sembra molto differente dalla solita litania dei decenni passati: si parla di soldi, di soldi che devono riuscire a coprire le promesse, di soldi che mancano, di colpe altrui per la loro carenza. Il risultato è la litania anch’essa quotidiana che sembra riportarci indietro nel tempo: i poteri forti ci attaccano, abbiamo contro tutti perché ci temono, non vogliono favorire il cambiamento, fanno di tutto per bloccarci e via dicendo. Strano però che nessuno di loro abbia ascoltato attentamente che cosa ha detto il cancelliere austriaco Kurz nei confronti dello sforamento dei parametri di bilancio e il rischio di infrazione per deficit eccessivo e non calibrato sulle risorse in campo. Nessuno ha replicato ad uno dei campioni sovranisti che tanto si vogliono avere come alleati in Europa, perché ci si potrebbe chiedere? Semplice, perché ha detto una dura, severa e inconfutabile verità: non si fanno le nozze con i fichi secchi, siamo tutti per una nuova Europa ma i conti si fanno bene e non si può sfidare l’intera Europa per consentire misure assistenziali e non di crescita e sviluppo. In pratica il messaggio è che così come si vede, la manovra viene giudicata non molto dissimile da quelle del passato (tranne la stagione rigorista di Monti).
A questo si è aggiunta anche l’ultima trovata: attaccare il presidente della Bce accusandolo di spargere veleno sull’azione del governo. Attacco che muove dalla considerazione fallace che la nuova Europa sarà senza Draghi a fine mandato e dunque più vicina alle istanze gialloverdi. Colossale abbaglio! In primo luogo se non vi fosse stato l’italiano presidente della banca centrale le nostre sorti sarebbero peggiorate senza speranza. Draghi non ha favorito il nostro paese ma ha esercitato una forte moral suasion continentale unita alle misure poste in atto per rimettere in moto l’intera Europa in una fase epocale di transizione sociale oltreché economica e alle prese con il dilemma migranti. Il suo successore sarà quasi certamente un tedesco rigorista e certamente molto meno sensibile al nostro paese. Ogni commento, dunque, appare superfluo.
Riassumendo: nessuno deve criticare la manovra, i dati Istat annunciano una stagnazione da tre anni e il premier Conte dice lo sappiamo e per questo facciamo una manovra in crescita (rectius, in deficit?), il vecchio regime di Bruxelles sta finendo e il domani sarà radiosamente sovranista, la Tap si deve fare ma si baratta con la Tav (in sostanza si fa arrivare il gas per alleggerire la contabilità energetica, ma si blocca l’intermodalità ferroviaria tagliandoci fuori dai corridoi europei).
Dov’è duqnue la visione strategica, la spinta allo sviluppo e alla crescita?
Nessuno lo sa e se se lo chiede non sa trovare risposte. Il governo fibrilla e la Lega “scintilla”potremmo dire. Il messaggio, però, è quello di sempre: lasciateci lavorare, vedrete che abbiamo ragione, dateci tempo, non si fa tutto insieme! Cosa? Ma non doveva accadere tutto insieme? Il leit motiv è “non disturbate il manovratore”!
Se il cambiamento epocale, se il nuovo che avanza è quello che si vede tra pressappochismo ed incompetenza, non potendo rimpiangere il passato per evidenti ragioni, dovremo come italiani porci qualche domanda e darci qualche risposta, come sottolineava il lapalissiano conduttore notturno della Rai! E, soprattutto, disturbare invece il manovratore per il bene di tutti!
di Roberto Mostarda